martedì, 7 Maggio, 2024
Esteri

Scandalo Unrwa: finanziamenti sospesi. Houthi. Yemen, a Usa e Arabia: aiutateci

Liliana Segre: "Giorno della Memoria tutto l'anno". Cortei pro Palestina illegali

È una logica poco comprensibile quella sottostante lo scandalo che ha colpito l’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi che avrebbe tra le sue fila personale legato all’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso. Un’altra organizzazione no profit, UN Watch, infatti, pubblica da novembre 2023 report dettagliati, comprese fotografie, di “insegnanti” dell’Agenzia dell’Onu ritenuti miliziani palestinesi senza che queste notizie, finora, abbiano suscitato alcunché. Venerdì, invece, è scoppiato uno scandalo internazionale tanto che sono stati congelati i finanziamenti all’agenzia Onu, il Segretario generale Guterres si è detto scandalizzato e ora è stata aperta un’indagine.

Lo scandalo Unrwa

Israele ha subito reagito tanto che il ministro degli Esteri, Israel Katz, ha chiesto che l’Unrwa non faccia parte “del dopoguerra di Gaza.” L’Olp, invece, ha criticato i paesi che hanno deciso di congelare i finanziamenti all’agenzia dell’Onu e ha chiesto di rivedere la decisione perché la scelta “comporta un rischio politico e per gli aiuti.” Poche ore prima il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, aveva annunciato di aver sospeso i finanziamenti all’Unrwa. “Paesi Alleati – spiegato il ministro – hanno recentemente preso la stessa decisione. Siamo impegnati nell’assistenza umanitaria alla popolazione palestinese, tutelando la sicurezza di Israele”. Lo stesso hanno fatto Stati Uniti, Canada e Australia come pure Finlandia e Gran Bretagna. Si attendono ulteriori indagini da parte dell’Onu, ma intanto l’agenzia non può rischiare di restare paralizzata perché ha circa 13.000 dipendenti palestinesi. Mentre Hamas in una nota ha sottolineato “l’importanza del ruolo di queste agenzie nel fornire soccorso al nostro popolo e nel documentare i crimini dell’occupazione”.

Stanchi delle guerre

“Il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco, la revisione dell’Autorità Palestinese e la normalizzazione dei rapporti fra Arabia Saudita con Israele in cambio della creazione di uno Stato palestinese”. Sono le “tre condizioni a cui stanno lavorando alti funzionari di almeno 10 diverse amministrazioni, guidati dagli Stati Uniti e che comprendono Israele e alcuni Paesi arabi”, lo rivela il New York Times precisando che la maggiore preoccupazione è quella di trovare soluzioni per il dopo guerra. Intanto a Cesarea, vicino Tel Aviv, decine di persone hanno manifestato davanti l’abitazione del premier Netanyahu. Chiedono, per gli ostaggi, che “li riporti a casa subito”. Problemi gravi anche per Hamas contro il quale protestano i palestinesi della Striscia. Il Cogat ha mostrato un video dove molta gente in corteo canta: “il popolo vuole rovesciare Hamas”. Le immagini si feriscono a venerdì e che sono state riprese lungo il corridoio umanitario aperto dall’esercito e messo in sicurezza in questi giorni nella parte occidentale di Khan Yunis.

Usa contro Houthi

Ovunque acque agitate e neppure nel mar Rosso si placano: il Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom) ha confermato di aver distrutto un missile che gli Houthi erano pronti a lanciare contro le navi mercantili. “Il 27 gennaio, intorno alle 3.45 ora di Sana’a, le Forze del Comando centrale Usa hanno condotto un raid contro un missile antinave degli Houthi puntato verso il Mar Rosso e pronto al lancio,” si legge nel comunicato di Centcom, e quindi “le forze Usa hanno colpito e distrutto il missile”. Centcom ha poi riferito che ore prima i ribelli yemeniti avevano lanciato un missile balistico contro la petroliera “Marlin Luanda,” battente bandiera delle Isole Marshall, in navigazione nel golfo di Adenì. L’attacco ha causato danni e a bordo è divampato un incendio, ma non ci sono stati feriti. Ieri i ribelli hanno anche aggiornato le statistiche: hanno fatto sapere che dal 19 novembre scorso hanno lanciato oltre 200 droni e 50 missili.

Tensioni a Milano

Ieri a Milano, a piazzale Loreto, centinaia di manifestanti hanno cercato di sfondare il blocco della Polizia per avviare comunque un corteo pro Palestina, ma l’Associazione “Palestinesi in Italia” – che ha rispettato la Giornata della Memoria – ha tenuto una conferenza stampa per spiegare le motivazioni del rinvio a oggi della manifestazione. Alcuni gruppi hanno comunque dato il via a un corteo, ma l’intervento della Polizia ha sbarrato la strada e bloccato la manifestazione non autorizzata. A Roma si è tenuto un sit-in statico, così come in a Trento e a Cagliari. Ieri sulla guerra è intervenuta anche la segretaria del Pd, Elly Schlein, che vede nella opzione “due popoli, due stati” l’unica soluzione possibile. Per raggiungere l’obiettivo “l’Europa deve moltiplicare gli sforzi diplomatici”, ha detto Schlein.

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