martedì, 7 Maggio, 2024
Società

Il problema della riforma della giustizia

Della riforma della giustizia, in generale, si parla da sempre e, per quanto riguarda il settore civile, le riforme si sono succedute nel tempo con un ritmo  forse eccessivo. Basta pensare alle riforme che negli ultimi anni hanno avuto ad oggetto il codice di rito, per rendersi conto che in questo caso la classe politica ha potuto dare libero sfogo all’ansia riformatrice, che, però, non sempre ha consentito l’acquisizione di buoni risultati. Le norme si sono sovrapposte nel tempo e, sovente, gli operatori giuridici trovano difficoltà ad individuare la norma applicabile.

Considerazioni diverse merita il problema della  riforma del settore penalistico; l’esigenza di riforma di questo settore si è posto con urgenza da quando è stato riformato il codice di procedura penale ed è stato abbandonato il vecchio sistema inquisitorio ed al suo posto è stato adottato un sistema accusatorio. L’adozione di quest’ultimo sistema ha chiaramente comportato un’amplificazione del ruolo del pubblico ministero. Prima a quest’ultimo sostanzialmente spettava solo la conduzione dell’istruttoria sommaria, che, peraltro, il più delle volte veniva trasformata in istruttoria formale, la quale veniva condotta dal giudice istruttore, che, per l’appunto,  era un giudice. Adesso le cose  stanno diversamente, poiché la competenza ad effettuare l’istruttoria è del solo pubblico ministero sia pure con il controllo di determinati atti da parte del giudice delle indagini preliminari.

Il problema della riforma della giustizia penale, ovviamente, si è posto anche per il Governo in carica, il cui Ministro di Grazia e Giustizia non a caso è un ex magistrato di sicuro prestigio. Ma volontà di riformare questo settore sembra essere andata scemando, poiché pare la il premier ritenga più urgente l’adozione della riforma costituzionale.

Ma il Ministro Nordio sembra avere idee molto chiare al riguardo: in un’intervista apparsa sul Corriere della Sera del 29 settembre 2023 egli ha giustamente dichiarato, ad esempio, di non essere contrario ai test psicoattitudinali. Ed, infatti, tenuto conto delle delicate funzioni che sono assegnate ai magistrati è essenziale acclarare la loro condizione psicoattitudinale.

Vi è, poi, il tema delle intercettazioni, che probabilmente deve essere rivalutato, non dimenticando che è  assolutamente da evitare che esse siano pubblicate dalla stampa, in particolar modo quando esse contengono vicende personali dell’indagato.

Vi è, poi, il problema della separazione delle carriere tra magistrati e pubblici ministeri. Orbene, non vi è dubbio che tale separazione debba essere realizzata, se si considera che, con l’adozione del sistema accusatorio, le differenze di funzioni tra queste due figure si sono del tutto accentuate. L’ipotesi più accreditata, giustamente, vuole che questa riforma si debba realizzare, prevedendo un organo di autogoverno anche per i pubblici ministeri (scongiurando così che essi vengano controllati dall’Esecutivo). E’ evidente che, per realizzare quest’ultimo progetto, sarà necessaria l’adozione di una legge costituzionale, ma tale circostanza non può costituire un ostacolo all’adozione di una riforma, che oramai appare indifferibile.

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