martedì, 30 Aprile, 2024
Ambiente

Cop28 rischia il flop, comincia con polemiche sui conflitti di interessi

Polemiche sul Paese organizzatore della Conferenza. Mancano Usa e Cina

E’ la Cop di svolta per alcuni. Per altri è la Cop dei paradossi. Per altri ancora è la Cop dell’ultima possibilità. E’ la Cop28 che si apre oggi e dura fino al 12 dicembre. E’ la ventottesima conferenza sui cambiamenti climatici; vertice annuale delle Nazioni Unite, a Dubai.

Paradossi e contraddizioni

Proprio la sede scelta è la prima questione che ha fatto discutere: si tiene negli Emirati Arabi, uno dei paesi produttore di petrolio e tra i principali esportatori di idrocarburi. In un anno in cui, nel mondo, i gas serra hanno raggiunto livelli record e quando appare chiaro che gli obiettivi degli Accordi di Parigi, soprattutto mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi, è completamente sfumato. Anzi molti scienziati ritengono che stiamo correndo verso un aumento delle temperature di quasi tre gradi entro il 2100. Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, ha detto che Cop28 dove essere l’occasione per i leader del mondo di “interrompere questo ciclo, anche perché le soluzioni sono ben note a tutti.” Insomma tanti paradossi e contraddizioni tutte insieme difficili da districare.

Non c’è il Papa, c’è il Re Carlo III

Difficoltà amplificate anche dalla quantità di partecipanti: oltre 70.000 delegati, 140 capi di Stato e funzionari di 193 paesi. C’è anche Re Carlo III, molto sensibile alle questione ambientali. Purtroppo sarà assente Papa Francesco, per motivi di salute, ma il Pontefice ha appena pubblicato l’enciclica “Laudate Deum” che contiene esortazioni di ampio respiro a chi di buona volontà volesse, con forza, intervenire nella salvaguardia del Creato a favore dell’Ecologia integrale. Non è prevista la partecipazione dei due grandi paesi come Stati Uniti e Cina che potrebbero fare molto per un cambio di rotta anche perché sono le economie più grandi del mondo e, di conseguenza, le più inquinanti. E’ anche vero che i massimi “inviati” per il clima di Cina e Stati Uniti si sono appena incontrati a San Francisco.

Loss & Damage

Quest’anno andrebbe presa una decisione anche sul Fondo “loss & damage”, il fondo che prevede finanziamenti di compensazione per i paesi poveri per i danni che subiscono dagli impatti climatici provocati dai paesi più avanzati. Il Fondo dovrebbe rimanere per 4 anni presso la Banca Mondiale, ma anche questa soluzione è tutta da concordare. Secondo quanto riferito dalla tv inglese Bbc, gli Emirati Arabi vorrebbero anche arrivare ad accordi su petrolio e gas proprio durante la Cop28. Secondo queste fonti giornalistiche il paese ospitante la Conferenza avrebbe organizzato discussioni sulle opportunità commerciali per la società statale di energie rinnovabili, Masdar, in vista degli incontri con 20 paesi, tra cui Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania, Paesi Bassi, Brasile, Cina, Arabia Saudita, Egitto e Kenia. Come dire, organizziamo con lo scopo di ridurre emissioni, ma nel frattempo, visto che ci siamo, facciamo affari.

Conflitti di interesse?

Infine c’è la polemica sul ruolo di Sultan Al Jaber, capo della compagnia petrolifera nazionale del paese, la Abu Dhabi National oil Corp (Adnoc) e ministro per le tecnologie avanzate, che è, di fatto, l’organizzatore di Cop28. Una scelta che ha fatto scattare gli attivisti internazionali ed esperti del clima perché Al Jaber ha ruoli di responsabilità in una delle principali società di combustibili fossili al mondo. Una posizione che, secondo gli ambientalisti, sarebbe in conflitto di interesse. Greta Thunberg ha definito “completamente ridicolo” che Al Jaber abbia interpretato il ruolo. Eric Njuguna della “giustizia climatica”, dal Kenya, ha definito “una pugnalata alle spalle per i paesi poveri avere un amministratore delegato per i combustibili fossili oltre agli sforzi per limitare la crisi climatica”. Fiona Harvey del Guardian, in una lunghissima intervista proprio a Al Jaber ha insistito sul conflitto di interessi. La risposta è stata: “se i combustibili fossili sono al centro del problema, allora forse un uomo al centro di quell’industria e che ne conosce i meccanismi è la persona giusta per rompere l’impasse globale”. Del resto è anche vero quanto diceva il Presidente Mohamed bin Zayed: che faremo tra 50 anni quando il petrolio sarà finito e avremo venduto l’ultimo barile? “Se investiamo oggi nei settori giusti, posso dirvi che allora festeggeremo.” Dunque conviene a tutti lavorare perché la Terra sopravviva a se stessa. Uomini e donne compresi. Ricchi e poveri che siano.

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