lunedì, 6 Maggio, 2024
Economia e non solo

Un autunno di stabilizzazione e rilancio del sistema Italia

Il recupero della competitività deve essere la stella polare della politica economica del Governo che deve evitare il surriscaldamento delle tensioni sociali. Imprenditori e sindacati possono ritrovare un clima di collaborazione e non di conflittualità. Ma la politica eviti populismo e demagogia, riprenda il suo primato e l’autorevolezza  con visioni coraggiose e proposte concrete

Come sarà l’autunno per l’economia italiana e, in generale, per quella europea? Non è mai facile fare previsioni, neanche per gli esperti. L’economia non è un insieme di dati statici che si possano analizzare con freddezza statistica o matematica. Eʼ un insieme e di fenomeni in continua evoluzione che mescolano la logica delle dinamiche – che si presumono neutre – dei numeri a un groviglio di comportamenti individuali e collettivi di attori sociali multipli (aziende e consumatori) cui si aggiungono gli interventi dei Governi e delle istituzioni sovranazionali. E’ per questo motivo che raramente le previsioni riescono a cogliere nel segno.

Partiamo dai dati certi. In autunno il rialzo dei tassi continuerà, anche se con ritmo più rallentato. Dovrebbe finalmente fermarsi prima della fine dell’anno. Questo significa che i costi dei mutui, dei prestiti e dei finanziamenti del sistema produttivo aumenteranno ancora. Non è una buona notizia. In compenso dovrebbe calare ancora l’inflazione, la bestia feroce che sta divorando il potere di acquisto delle famiglie. E’ una buona notizia, ma non entusiasmante. È noto che l’inflazione fa presto a partire al galoppo, ma per ritornare al punto di partenza se la prende comoda.

In particolare, il carrello della spesa difficilmente tornerà a livelli ragionevoli, un po’ perché alcune aziende cercano di recuperare anche il calo dei consumi mantenendo i prezzi più alti del dovuto, un po’ perché ci sono sempre i furbi che speculano cinicamente. Il Governo può intervenire con un monitoraggio occhiuto dei prezzi leader, quelli che condizionano la vita quotidiana, facendo calare la scure dei controlli severi per punire chi se ne approfitta.

Rimane comunque il problema strutturale italiano: le retribuzioni sono basse, da 20 anni non crescono e questo è un freno drammatico per la domanda interna e un indicatore del progressivo impoverimento del Paese. Nel complesso, l’occupazione non va male. Il numero di chi lavora è ai massimi da oltre 15 anni. Ci sono ancora molte richieste delle aziende che non riescono a trovare persone da assumere e il tasso di occupazione rimane ancora basso. Finito il reddito di cittadinanza, molti giovani saranno costretti a inserirsi nei percorsi di formazione previsti che devono ancora andare a regime. Se funzionerà questo potrebbe essere un punto di svolta per ridurre il numero dei Neet e incidere sull’elevato tasso di disoccupazione giovanile.

La sfida cruciale per governo e imprese rimane quella della produttività ed efficienza complessiva del sistema Italia. E qui c’è moltissimo da fare. Tocca al Governo intervenire su tutti quegli snodi, soprattutto nel settore dei servizi, che pesano fortemente sulla competitività delle imprese, a cominciare dai costi impropri della burocrazia, per continuare con le gravi lacune nelle reti di comunicazione, di trasporto e nelle strozzature che fanno aumentare i costi dell’energia. Le imprese devono investire di più in ricerca e sviluppo, guardare non solo al conto economico, ma anche all’innovazione e alla modernizzazione dei modelli di produzione.

Di questi temi vorremmo che si occupasse la prossima Legge di Bilancio che dovrebbe essere coraggiosa e non solo un’operazione contabile gravata da mance da distribuire alle diverse clientele.

Collegata alla Legge di Bilancio dovrebbe essere una legge sulla concorrenza degna di questo nome, capace di eliminare una volta per tutte le repubbliche autonome di categorie che rifiutano le regole mercato e chiedono protezione politica per i loro privilegi. Si tratta di consorterie che paralizzano attività produttive e impongono costi sproporzionati alla società nel suo complesso.

Il Governo può e deve predisporre una manovra di bilancio seriamente espansiva puntando ad aumentare il Pil per ridurre il peso che il debito. Si può fare anche provando a forzare un po’ sul deficit a condizione che si spenda di più per infrastrutture e per efficientare il sistema Italia e non per ampliare la pletora delle spese correnti. Ė un’operazione delicata che va concordata con l’Europa e non fatta in polemica con Bruxelles. Dei margini ci sono, tenendo conto anche degli effetti positivi che dovrebbero derivare dall’attuazione del Pnrr.

Occorre un clima politico e sociale sereno e senza tensioni esasperate.

Tocca al Governo tenere un occhio aperto sulle aree di disagio ed intervenire con sostegni mirati per evitare il surriscaldamento di fasce sociali in sofferenza grave. Le opposizioni dovrebbero evitare di soffiare sul fuoco ricorrendo alla sloganistica demagogica e populista che innesca sempre meccanismi incontrollabili. Si deve dare atto ai sindacati di aver finora mantenuto un atteggiamento responsabile. Male farebbero a voler ricoprire un ruolo politico trasformandosi in forze di opposizione al Governo. I sindacati devono esigere di essere trattati da interlocutori abituali dell’Esecutivo e devono concorrere alla soluzione dei problemi con proposte serie e praticabili.

Il prossimo autunno può quindi essere una fase costruttiva della politica di sviluppo del nostro Paese. A differenza di Francia e Germania, l’ Italia gode ancora di una relativa pace sociale e di un discreto andamento della crescita. Si tratta di consolidare questo scenario e di  intervenire con riforme strutturali per accelerare il recupero di competitività complessiva del nostro Paese. Il compito principale spetta al Presidente del Consiglio che deve indicare la rotta ed evitare che qualcuno dell’equipaggio si metta a remare contro. Si può fare.

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