sabato, 27 Aprile, 2024
Agroalimentare

Coldiretti: carne sintetica rischi per salute e ambiente. La produzione aumenterà il riscaldamento globale

Nuovo fronte per la Coldiretti per mettere in evidenza i limiti e rischi della produzione planetaria della carne sintetica (o meglio a base cellulare come suggerito dall’Oms). Per la Confederazione il potenziale di riscaldamento globale che innescherebbe la produzione di carne a base cellulare sarebbe per ogni chilogrammo prodotto da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale. Il dato emerge dai risultati della ricerca realizzata da Derrick Risner ed i suoi colleghi dell’Università della California a Davis. La Coldiretti inoltre evidenzia che lo studio è stato appena pubblicato sul sito www.biorxiv.org come contributo alla chiarezza in un campo d’indagine molto recente sul quale crescono le ombre.

L’impatto ambientale

“I ricercatori”, riferisce la Coldiretti, “hanno condotto una valutazione del ciclo produttivo della carne a base cellulare stimando l’energia utilizzata in ogni fase con gli attuali metodi di produzione, un parametro che è grosso modo indipendente dal tipo di carne prodotta. In particolare”, continua la Coldiretti, “è stata focalizzata l’attenzione sulle sostanze nelle quali vengono fatte crescere in laboratorio le cellule staminali che sembrano avere un forte impatto sull’ambiente, in particolare a causa dei processi di trattamento necessari per evitare la formazione di tossine o batteri. Il risultato”, fa presente la Coldiretti, “è che la produzione della carne in laboratorio è più impattante dal punto di vista ambientale della zootecnia tradizionale”.

Potenziali rischi per la salute

Le preoccupazioni ambientali che arrivano dal mondo della ricerca, prosegue la nota della Confederazione, “fanno seguito ai rischi per la salute censiti dal recente Rapporto pubblicato dalla Fao e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che hanno individuato ben 53 pericoli potenziali per la salute, dalle allergie ai tumori, per i cibi a base cellulare (carne, pesce e latte) definizione considerata più chiara rispetto al termine “coltivato” preferito invece dalle industrie produttrici ma ritenuto essere fuorviante dalle due Autorità mondiali”.

Le fasi della produzione

I rischi stando alle ricerche rese note dalla Coldiretti, interessano le quattro fasi della produzione di cibo a base cellulare: “la selezione delle cellule, la produzione, la raccolta e la trasformazione. In particolare”, precisa la Confederazione, “i rischi secondo gli esperti consultati da Fao e Oms riguardano la trasmissione di malattie, le infezioni animali e la contaminazione microbica oltre alla necessità di una particolare attenzione sull’uso di componenti come fattori della crescita e ormoni usati nei bioreattori e su come queste molecole attive possono interferire con il metabolismo o essere associate allo sviluppo di alcuni tipi di cancro. In questo contesto”, osserva la Coldiretti, “va peraltro ricordato che l’Unione Europea ha vietato dal 1996 l’uso di ormoni nell’attività di allevamento e produzione della carne ed è quindi improbabile che l’Efsa lo possa approvare nell’ambito della produzioni a base cellulare”.

La sfida della Coldiretti

“Dal mondo scientifico cominciano ad arrivare conferme sulla necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte ad una nuova tecnologia con molte incognite che rischia di cambiare la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare “proprio per questo la sfida che la Coldiretti lancia alle istituzioni europee è che i prodotti in laboratorio nei processi di autorizzazione non vengano equiparati a cibo ma bensì a prodotti a carattere farmaceutico”.

Parlamento e Comuni uniti

Una esigenza che ha portato alla presentazione in Italia del disegno di legge che vieta la produzione, la commercializzazione e l’uso di cibo artificiale che dovrà ora essere discusso e poi approvato dal Parlamento, con la raccolta da parte della Coldiretti di mezzo milione di firme di cittadini, oltre 2mila comuni che hanno deliberato spesso all’unanimità, tutte le regioni di ogni colore politico e di esponenti di ogni schieramento che hanno sostenuto la proposta in modo bipartisan. “Una mobilitazione che”, conclude la Coldiretti, “ha il merito di aver acceso i riflettori su un business in mano a pochi ricchi e influenti nel mondo sul quale si comincia ora a fare luce”.

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