venerdì, 26 Aprile, 2024
Agroalimentare

Il “maiale pecora” tutto italiano. Solobrado, da una fattoria del FAI un modello di rispetto per l’ambiente e di esaltazione del gusto

Un allevamento all'avanguardia, eccellenza del Made in Italy. Intervista a Fabrizio Nocci

Un’oasi di pace vicino al Lago di Bolsena da dieci anni è anche un centro di eccellenza nell’allevamento di una specie rara di maialini. Villa Caviciana era nata nel 1989 come azienda agricola di prodotti biologici voluta dai coniugi Wilhelm e Monika Metzeler. Donata al FAI (Fondo per l’Ambiente Italia) è oggi il primo Bene agricolo produttivo del FAI.
Fabrizio Nocci è stato l’artefice dl salto di qualità di un allevamento di suini che è oggi all’avanguardia. Un vanto per il Made in Italy.

Nel panorama delle eccellenze italiane è nato un nuovo marchio. Si chiama Solobrado, di che cosa si tratta?
Parliamo di un allevamento di maiali Mangalica situato in località Tojena, nel territorio di Grotte di Castro come sede principale dove avviene la gestazione degli animali. Poi ci sono altri due allevamenti: uno in Toscana l’altro a Castel Giorgio. Abbiamo distribuito così i nostri maialini pelosi (il cosiddetto “maiale pecora”). In questo momento alleviamo 1500 capi. Il marchio porta con sé un evidente significato: “Solobrado – Sapore Autentico”, nulla di industriale tutto naturale. Prima si chiamava Villa Caviciana.

Quali sono le prospettive di sviluppo di queste attività?
Innanzitutto la crescita è aumentata già dall’anno scorso e speriamo di incremetarla ancora di più nel corso degli anni. Il progetto chiaramente è incentrato sul benessere dell’animale, per noi è una priorità assoluta e deve essere sempre garantito, perché è il benessere degli animali che ci permette di avere un prodotto di eccellenza.

Questo prodotto viene riconosciuto come eccellenza dalle autorità?
Ci è stato riconosciuto nel 2013 il Certificato d’Eccellenza. E siamo stati anche nella copertina della guida del Gambero Rosso. In seguito le Università di Roma, La Sapienza e la LUISS, ci hanno dato il premio per le proprietà organolettiche del prodotto e quindi ci è stato conferito un autorevole riconoscimento sulla qualità dei nostri prodotti.

Avete possibilità di accedere a qualche sostegno o contributo da parte della Regione Lazio?
Non abbiamo nessun contributo. Nel Lazio non è previsto un sostegno per chi lavora per il benessere degli animali, come invece accade altrove. Speriamo che con il tempo anche la Regione Lazio comprenda l’importanza di questo genere di attività e possa sostenere un allevamento così grande, all’avanguardia e così rispettoso dell’ambiente e della qualità della vita dei nostri maialini.

In questo momento Solobrado è l’allevamento di Mangalica più grosso in Italia?
Si, è il più grande. Poi ce ne sono altri con 50, 60, massimo 100 capi di bestiame. Abbiamo nove linee di sangue che si susseguono. Nell’allevamento, che ho creato io nel 2005, per ogni otto femmine c’è un maschio. È un tipo di allevamento in cui le linee di sangue si incrociano ma non con fratelli e sorelle e sono destinate a non morire mai. Chiaramente se, al contrario, hai pochi maiali finisci col provocare riproduzioni tra consanguinei e quindi l’allevamento è destinato a cessare.

Il Mangalica è una specie che voi avete recuperato prima che potesse rischiare la decadenza e forse l’estinzione. Insomma l’avete messa in sicurezza?
Sì. Questa razza proveniente dall’Ungheria era davvero a rischio di estinzione. I proprietari di Villa Caviciana la portarono in Italia nel inizialmente per gioco, per avere questi maialini-pecora come animale domestico in giardino.
Quando io li ho conosciuti abbiamo deciso che bisognava invece puntar a valorizzare questa specie. È stato un lavoro duro, complesso. Ma ora con 1500 Maialini Mangalica possiamo dire che abbiamo definitivamente voltato pagina.

Solobrado punta a sbarcare sui mercati internazionali?
Ce lo auguriamo. Abbiamo già delle proposte dal Belgio e dalla Germania e speriamo che tutto vada in porto.

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