martedì, 19 Marzo, 2024
Lavoro

2023, Pil e occupazione in forte calo. Coesione sociale a rischio. Crisi dura

Previsione Cgia: lavoro autonomo e piccole imprese, senza tutele e sostegni in grandi difficoltà

Un 2023 a rischio economico, con Pil e consumi in picchiata. Effetto domino su una possibile rottura della coesione sociale. Si addensano le previsioni negative sulla crescita del Pil e dei consumi delle famiglie, destinati in questa visione “ad azzerarsi”. Mentre la disoccupazione nel centro sud supererà i livelli di guardia. Sono le prospettive da brivido annunciate dalla Cgia, la società di analisi che settimanalmente valuta lo stato dei settori produttivi e socio economici del Paese.

Il 2023 tra aspettative e timori

Che il nuovo anno sarà difficile pare scontato, – anche se poco si ragiona sul fatto che nel 2023 ci sarà l’impatto positivo della messa in opera dei progetti del Piano nazionale di ripresa uniti a ulteriori a fondi Europei -, tuttavia le analisi della Cgia, (una elaborazione dei dati Istat e delle previsioni Prometeia), raccontano di prossimo futuro che riserva un clima di incertezze e di timori sulla tenuta dell’economia per le fasce sociali più deboli, il lavoro autonomo e le piccole imprese. Un dato in particolare allarma l’Ufficio studi della Cgia, ossia la risalita della disoccupazione. In termini numerici ci saranno 63 mila unità in meno e concentrate nel centro sud. Il numero complessivo dei senza lavoro nel 2023 sfiorerà la quota di 2 milioni 18 mila persone.

Certo-Sud crisi più dura

“Le situazioni più critiche si verificheranno nel Centro-Sud: situazione che già oggi presenta un livello di fragilità occupazionale molto preoccupante”, evidenzia la Cgia, “Napoli, Roma, Caserta, Latina, Frosinone, Bari, Messina, Catania e Siracusa saranno le province che registreranno gli incrementi maggiori”. L’analisi arriva a sintetizzare un dato: la disoccupazione salirà all’8,4 per cento. Una doccia fredda perché i recenti dati dell’Istituto nazionale di statistica, segnalano per lo scorso mese di ottobre una occupazione che ha toccato il record storico. Una svolta positiva, dunque, influenzata dai rientri nel posto di lavoro dei cassaintegrati e dalla stabilizzazione dei contratti a termine. “Un grande risultato che, comunque, potrebbe invertirsi nel giro di qualche mese”, puntualizza la Cgia.

Disoccupazione atteso il picco

“Nel 2023”, secondo le previsioni aggiornate, “il tasso di disoccupazione è destinato a salire all’8,4 per cento. Un livello, comunque, che torna ad allinearsi con il dato del 2011; anno che ha anticipato la crisi del debito sovrano del 2012-2013. Il Centro-Sud sarà la ripartizione geografica più “colpita”: l’incidenza della sommatoria dei nuovi disoccupati di Sicilia (+12.735), Lazio (+12.665) e Campania (+11.054) sarà pari al 58 per cento del totale nazionale. Napoli, Roma e Caserta le province più colpite.
A livello territoriale le 10 province più interessate dall’aumento della disoccupazione saranno: Napoli (+5.327 unità), Roma (+5.299), Caserta (+3.687), Latina (+3.160), Frosinone (+2.805), Bari (+2.554), Messina (+2.346), Catania (+2.266), Siracusa (+2.045) e Torino (+1.993). Poche le realtà territoriali che, invece, vedranno diminuire il numero dei senza lavoro. Si segnala, in particolare, Perugia (-741), Lucca (-864) e Milano (-1.098).

I settori in difficoltà

Sebbene non sia per nulla facile stabilire in questo momento i settori che nel 2023 saranno maggiormente interessati dalle riduzioni lavorative, pare comunque di capire, avverte la Cgia, che i comparti manifatturieri, specie quelli energivori e più legati alla domanda interna, potrebbero subire dei contraccolpi occupazionali. “Mentre le imprese più attive nei mercati globali”, riferisce il Centro studi della società mestrina, “tra cui quelle che operano nella metalmeccanica, nei macchinari, nell’alimentare-bevande e nell’alta moda, saranno meno esposte”.

Trasporto ed edilizia in perdita

Non solo, avverte la Cgia “stando al sentiment di molti esperti e di altrettanti imprenditori, altre difficoltà interesseranno i trasporti, la filiera automobilistica e l’edilizia, quest’ultima penalizzata dalla modifica legislativa relativa al superbonus, potrebbero registrare le perdite di posti di lavoro più significative”.

Autonomi, ancora crisi

La Cgia prende in esame anche il grande bacino del lavoro autonomo che scende giù mentre i contratti per i dipendenti a tempo indeterminato e determinato, sono cresciuti in modo significativo. “Secondo gli ultimi dati presentati giovedì scorso dall’Istat, dal febbraio 2020 (mese pre Covid) fino a ottobre 2022 (ultimo dato disponibile), i lavoratori indipendenti (sono inclusi anche i soci di cooperative, i collaboratori familiari) sono scesi di 205 mila unità, mentre i lavoratori dipendenti sono aumentati di 377 mila. Certo”, fa presenta l’Ufficio studi, “tra questi ultimi, registriamo, in particolar modo, l’incremento del numero degli occupati con un contratto a tempo determinato, tuttavia questa comparazione ci evidenzia che la crisi pandemica e quella energetica ha colpito soprattutto le partite Iva che, a differenza dei lavoratori subordinati, sono sicuramente più fragili”.

Poche tutele per gli autonomi

“Ricordiamo”, fa presente la Cgia, “che hanno pochissime tutele: rispetto ai dipendenti, ad esempio, non dispongono di malattia, ferie, permessi, Tfr e tredicesime/quattordicesime. In caso di difficoltà momentanea non hanno né Cig né, in caso di chiusura dell’attività, di alcuna forma di Naspi1”

Redditi e il rischio povertà

Inoltre, come ricorda sempre l’Istat, “il rischio povertà nelle famiglie dove il reddito principale è riconducibile a un autonomo è superiore a quelle dei dipendenti. Rischiamo di mettere a repentaglio la coesione sociale”.

Saracinesche abbassate

L’analisi della Cgia non è solo fatta di numeri. “La chiusura di tantissime piccole attività economiche”, commenta la società mestrina, “è riscontrabile anche a occhio nudo; basta girare a piedi per accorgersi che sono sempre più numerosi i negozi e le botteghe con le saracinesche abbassate 24 ore su 24. Il rischio di mettere a repentaglio la coesione sociale del Paese è molto forte. Le chiusure stanno interessando sia i centri storici sia le periferie delle nostre città, gettando nell’abbandono interi isolati, provocando un senso di vuoto e un pericoloso peggioramento della qualità della vita per chi abita in queste realtà”.

Professionisti che lasciano

Meno visibile, ma altrettanto preoccupante, per l’Ufficio studi è la crisi delle attività professionali. “Sono le chiusure che hanno interessato anche i liberi professionisti, gli avvocati, i commercialisti e i consulenti che svolgevano la propria attività in uffici/studi ubicati all’interno di un condominio. Insomma, le città stanno cambiando volto”, osserva ancora la società di analisi socio economiche, “con meno negozi e uffici sono meno frequentate, più insicure e con livelli di degrado in aumento”.

Colpita la grande distribuzione

La moria di attività sta colpendo anche coloro che storicamente sono sempre stati in concorrenza con i negozi di vicinato; ovvero i centri commerciali. “Anche la Grande distribuzione organizzata è in difficoltà e non sono poche le aree commerciali al chiuso che presentano intere sezioni dell’immobile precluse al pubblico”, conclude con in osservazione preoccupata, la Cgia, “perché le attività presenti precedentemente hanno abbassato definitivamente le saracinesche”.

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