giovedì, 25 Aprile, 2024
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Mobilitazione alla Sfattoria per impedire l’uccisione di animali

Una preoccupazione e una cura che non si interrompono mai, neppure la notte, eppure, nonostante il terrore che vela lo sguardo dei volontari, La Sfattoria degli Ultimi resta un luogo che trasmette una profonda pace: si ha la sensazione di essere dentro la parte giusta del mondo. Uso il termine “giusta” non a caso, perché racchiude in sé ciò che è necessario perché la giustizia si realizzi: la tutela di un’armonia tra cose, persone, animali, natura, ossia, tutto quello che sotto ai nostri occhi possiamo osservare come realtà creata. Nessuno che vive a spese di altrui dolore: questa è la giustizia.

C’è un’operosità incessante, nell’area adiacente la Sfattoria, minacciata nel corpo e nello spirito da un ordine di abbattimento per le 130 creature, per lo più cinghiali e suini, salvati da condizioni di violenza e chippati come pet, animali da affezione, non destinati alla filiera alimentare, curati amorevolmente dai volontari di questo santuario per gli animali. La loro colpa: appartenere a una specie che in questo periodo sta affrontando il problema sanitario della peste suina. Nonostante lo stato di perfetta e documentata salute degli animali, nonostante vivano in totale isolamento rispetto ai selvatici, e in rigorosa osservanza di tutte le norme di biosicurezza imposte dall’Asl, negli scorsi giorni la stessa Asl ha emesso una scellerata ordinanza di abbattimento immediato degli animali, mamme e cuccioli inclusi, attraverso corrente elettrica. L’inaccettabile barbarie ha determinato una movimentazione nazionale: da ogni parte d’Italia non solo attivisti, ma anche e soprattutto persone comuni hanno lasciato il loro quotidiano per difendere le creature ospiti della Sfattoria degli Ultimi.

Stanotte un’anziana signora è arrivata da Bologna, da sola, in camper, perché “questa decisione è un oltraggio alla sensibilità della gente, oltre che un crimine versi creature inermi, colpevoli di nulla e che non costituiscono rischio alcuno per l’uomo e per gli altri animali”. Mentre i responsabili della Sfattoria hanno presentato ricorso al Tar, di cui si attende risposta, in previsione dei tempi, per domani, tutte le maggiori associazioni ambientaliste hanno condannato apertamente l’ordinanza, che, lo ricordiamo, non ha fondamenti né scientifici né sanitari, mentre i cittadini italiani si sono raccolti intorno a questi animali per difenderli con la loro presenza, e la petizione lanciata per stracciare l’ordinanza ha raggiunto oltre 100.000 firme in un solo giorno.

Due cittadini, Lidio Maresca e Maria Teresa De Carolis, per altro in uno stato di salute gravato da seri problemi, hanno scelto di lottare con i loro stessi corpi, iniziando un prostrante sciopero della fame, poiché profondamente scossi nella coscienza da questa promessa di violenza nelle Istituzioni, che si profila come violenza verso la vita e verso il diritto. Gli italiani vogliono salvi e intoccabili gli animali da affezione. Lo ha compreso chiaramente anche il Commissario Straordinario alla peste suina africana Angelo Ferrari, che dopo aver ricevuto centinaia di mail di dissenso e condanna ha dichiarato di star prendendo tempo per meglio comprendere la situazione.

Cercando di fare altrettanto, pur avendo chiari e imprescindibili dentro di me i sentimenti di umana compassione e rispetto dei diritti di tutte le creature, ho osservato a lungo l’operato dei volontari in questo luogo e mi sono interrogata su quale sia la questione protagonista di questa vicenda. Per comprendere davvero è necessario, per me per prima, un cambio di sguardo, non suggestivo in una direzione o nell’altra, ma attinente al vero, che si pone come fine e dovere per l’uomo, anche al prezzo di cedere parte di quell’autarchica supremazia sulla natura, che si sta ritorcendo contro noi stessi e che ci chiederà conto del dolore e del male inflitto. Poiché è impensabile che il calpestamento dei diritti, la violazione dell’appartenenza e dei legami, non renderà noi stessi, a nostra volta, “cosa nuda” senza più appartenenza, né proprietà, sola.

Se persiste la logica dell’utilizzo, del fare di creature vile strumento, ignorando la loro acclarata natura senziente, questa logica, come abbiamo modo di osservare in modo sempre più dilagante tra gli esseri umani, si rimangerà i suoi stessi attuatori, perché è così che si addestra l’uomo al male: eradicare la compassione, distruggere la bellezza significa abituare lo sguardo e l’animo al male e la normalizzazione dell’orrore è e resta alla base della rassegnazione e della validazione di ogni crimine. Queste creature, maiali e cinghiali, che sono i veri protagonisti di questa vicenda, hanno mostrato al mio sguardo la loro vera natura: mitezza, docilità, tenerezza, capacità di affezione e fiducia verso l’uomo. Abbiamo soltanto da imparare da loro, come ben spiegano le parole di Emanuele Marciano, un volontario, uno dei capisaldi della Sfattoria degli Ultimi:” Questi animali hanno insegnato a me ad essere un uomo.

Che cos’è un uomo, perché te ne curi? Per quello che dovrebbe essere la natura umana, ossia la capacità di creare legami, di armonizzarsi con gli altri per creare comunità funzionali alla sopravvivenza e all’accudimento, nonché al soccorso degli altri quando sono in difficoltà. Per questo la nostra civiltà è malata, perché non più capace di assolvere a questo ruolo primario. In questi animali ho visto e riscoperto una fede nella dolcezza e nell’innocenza. Cos’è l’innocenza? La capacità di attraversare il male senza esserne contagiati, restando puri e incapaci di male. Anche per questo, in queste creature ho trovato i miei veri maestri”.

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