sabato, 20 Aprile, 2024
Cultura

Eventualismo e psicologia dell’arte. Molto con poco

A distanza di qualche settimana dalla precedente intervista, ci troviamo nuovamente nella casa di Sergio Lombardo, una fucina da cui nascono tantissime idee tra cui il rapporto tra arte e psicologia.

Con noi il padre e il figlio della psicologia dell’arte (e non è una metafora). Giuliano, che è qui con noi, è il figlio di Sergio, anche lui uno psicologo, oltre che artista.

Partiamo dal padre per capire da dove nasce il connubio tra arte e psicologia. E poi passiamo a Giuliano che ci spiegherà l’evolversi, dal suo concepimento ai giorni nostri, anche da un punto di vista accademico, considerato che entrambi sono docenti universitari.

Sergio introducici la genesi di questo connubio per poi arrivare alla nascita della Rivista di Psicologia dell’Arte.
L’arte e la psicologia nascono nelle avanguardie del Novecento: Sigmund Freud è stato un grande pioniere per poi evolversi nella Gestalt con tutta una serie di interessi rivolti all’arte che sono avanzati fino al libro di Rudolf Arnheim all’inizio degli anni 60 verso una psicologia dell’arte. Questa è la parte, più istituzionale, scientifica e riconosciuta da tutti. Si va verso la psicologia dell’arte, in cui c’è l’arte come una cosa da studiare e lo studioso è distaccato. Con la provetta studia questo oggetto, con un distacco critico più che scientifico. È stato rotto da una tendenza diversa, cioè la tendenza a fare una ricerca di arte, cioè di produrre arte e di volerla produrre con mezzi scientifici. L’artista quindi diventa scienziato in quanto studia il meccanismo che rende un oggetto arte: si tratta di un meccanismo sociale, politico, teorico e sperimentale.

La parte centrale della psicologia dell’arte come disciplina scientifica è una sfida con la storia, per creare dei prodotti che la storia confermerà come opere d’arte e il protagonista diventa lo psicologo dell’arte scientifica.

La differenza con un artista normale sta nel metodo, lui in modo intuitivo, quindi non ha il background e i mezzi scientifici da accumulare in quanto, come diceva Kant, la scienza va avanti per accumulo. Il progresso scientifico aumenta sempre ed è questo il cavallo di Troia che serve a fare una psicologia dell’arte altrimenti o si fa la psicologia dell’artista e quindi si fa psicoanalisi ecc. La psicologia dell’arte nasce da un problema psicologico degli anni 50, la psicologia della creatività, ovvero l’intelligenza artificiale. Negli anni 50 sono stati inventati dei metodi scientifici per misurare l’intelligenza. Poi si è visto che chi era più intelligente aveva meno successo nella vita, o comunque non era quello che aveva più successo. E alcuni invece che avevano un grande successo, pur non essendo intelligenti in quel senso in cui veniva misurata l’intelligenza all’inizio. E allora inventarono l’intelligenza divergente, cioè il pensiero divergente, che successivamente fu aggiunto come parametro all’intelligenza. Quindi adesso l’intelligenza comprende anche la creatività. E questa intelligenza divergente è la radice del concetto di creatività. Da qui noi, abbiamo creato la teoria dell’eventualismo. E su questa base poi abbiamo sviluppato tutti gli studi sperimentali.

Giuliano, tu sei testimone della nascita di questa disciplina. Come vedi oggi l’evolversi? Come approcciano i grandi accademici e psicologi?
La Rivista nasce in un momento molto interessante dello studio della psicologia dell’arte perché nasce più o meno insieme alla psicologia di Daniel E. Berlyne, che in qualche modo potrebbe essere, se consideriamo da Gustav Theodor Fechner a Daniel E. Berlyne, l’ultimo capitolo della psicologia dell’arte intesa come studio dell’oggetto, cioè come una disciplina scientifica che studia l’essere artistico dell’oggetto, cioè oggettivo. Si considera come se la Gioconda avesse dentro di sé delle caratteristiche particolari che la rendono un’opera d’arte. Se noi guardiamo oggi quello che è il campo della psicologia dell’arte, nessuno più studia e considera l’arte come proprietà di un oggetto. È nelle relazioni e nella società che si dà un certo valore all’opera d’arte, l’esperienza estetica è soggettiva. Si studia all’interno del soggetto che succede nel momento in cui incontra quello che diventa un’opera d’arte e come la fa diventare, cosa considera importante, come il cervello attivo non si attiva e via dicendo. Ognuno ha il suo sguardo specifico, il suo interesse specifico. Ma tutti quanti, ormai hanno interiorizzato la lezione delle avanguardie, che è l’interazione, il centro dell’estetica: siamo noi che diamo valore all’oggetto. Quindi l’oggetto non ha una proprietà da sola che lo rende essere adatto a essere arte, ma sono le persone che lo fanno e la sensazione o l’esperienza o la partecipazione estetica è qualcosa di soggettivo, cioè che avviene all’interno del soggetto nella sua relazione con l’opera d’arte: l’eventualismo e l la Rivista di psicologia dell’arte sono il punto di svolta perché dicono se c’è una proprietà nell’opera d’arte se c’è una proprietà nell’oggetto, questa è che tutte le persone la vedano ognuno, in un modo diverso.

La psicologia dell’arte strizza l’occhio più all’artista o allo psicologo? C’è più sensibilità da parte dello psicologo o dell’artista?
Dal nostro punto di vista, più dell’artista perché è un approccio per produrre opere che ancora non esistono. Nel resto del mondo la maggior parte sono psicologi che tentano di spiegare quello che avviene nel pubblico nel momento in cui incontrano un’opera d’arte. Quindi, hai notato bene che c’è questa differenza e in qualche modo siamo tra i pochi ad avere questo sguardo più dal punto di vista della produzione che non dal punto di vista dell’osservazione.

Sergio negli anni 70 hai pubblicato la Rivista di Psicologia dell’Arte, è un’opera storica, composta da una trentina di volumi circa. La peculiarità che colpisce prima del contenuto, sono le accattivanti copertina: su ognuna hai dato lustro a un tuo collaboratore, raffigurandolo.
Le copertine della Rivista di Psicologia dell’Arte da un po’ di anni si stanno orientando a metter in luce le persone all’interno di un gruppo. Prese da soie sono persone importanti, inserite all’interno del gruppo diventano molto più famose in quanto diventano pionieri di un modo di pensare. Pionieri di un paradigma, un paradigma scientifico e artistico. Oggi non c’è più questa distinzione, come dice anche Giuliano, fra arte, artista e psicologo.

L’artista deve diventare psicologo, altrimenti rimane stregone; se l’artista continua a creare per aggiunta, come fa lo stregone, il quale all’interno della pozione magica mette la coda di rospo, dopo aggiunge un pezzetto di carota, poi una farfalla perché potrebbe far bene e compone la pozione; probabilmente lo stregone crede che più roba  mette e più effetto fa. E finora l’artista ha un po’ agito così. I più grandi artisti sono minimalisti, cioè usano il minimo di mezzi per avere il massimo del risultato, così come gli scienziati, altrimenti non ci capirebbero più nulla neppure lui.

Così come è l’arte ispirata, l’arte che deriva dal Fedro di Platone: lui sosteneva che l’ubriaco era più bravo poeta del professore di letteratura, del professore di poesia che fa delle poesie formalmente belle ma l’ubriaco è più affascinante. Su questa scia si è andati verso un artista ispirato che non sa perché lo fa, ci mette un sacco di roba dentro e viene fuori una pozione magica; poi viene interpretata da un altro che non ci capisce nulla neppure lui che diventa il critico e si genera un vero caos.

Le avanguardie storiche hanno cercato di mettere fine a questa stregoneria dell’arte e a portare l’arte nel campo della scienza. Questo è il grande merito che va dal divisionismo al futurismo; hanno una specie di epistemologia dell’arte, specie con Marcel Duchamp. E quindi tutta l’arte è stata sfrondata dall’ispirazione, la quale non è misurabile e non si sa da cosa dipende; per misurare l’ispirazione ci vuole un esperto in ispirazione.

Esiste un indirizzo di Psicologia dell’arte nella Facoltà di Psicologia? A partir da Giuliano che insegna all’Accademia di Firenze, quali altri tuoi allievi sono docenti?
È un indirizzo presente a oggi solo nelle Accademie.

Dei nostri adepti, che hanno lavorato alla rivista e sono diventati professori ci sono Miriam Mirolla che ha ereditato la mia cattedra all’Accademia delle Belle Arti di Roma; Stefano Mastandrea, che ha insegnato alla Sapienza e Roma Tre; Roberto Galeotti, che insegna all’Accademia di Brera a Milano; Luigi Pagliarini, che insegna all’Accademia Macerata. Sono tutte persone che sono nate all’interno delle nostre ricerche e hanno avuto un ruolo fondamentale nell’eventualismo.

La Rivista di Psicologia dell’Arte è a disposizione dei nostri lettori sia per la consultazione che per studi e approfondimenti.

 

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