sabato, 20 Aprile, 2024
Società

Professioni, De Lise (Ungdcec): i commercialisti non si sentono adeguatamente rappresentati

I risultati del sondaggio: su duemila professionisti, il 96 per cento è insoddisfatto di come viene percepito oggi il ruolo del Dottore Commercialista.

“I dottori commercialisti in Italia, nell’ultimo anno, non si sono sentiti adeguatamente rappresentati. È il risultato di un sondaggio dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti, al quale hanno risposto finora oltre duemila professionisti. Un campione significativo, che ha espresso il suo disappunto per quanto accaduto negli ultimi dodici mesi. Emergono risultati attesi ma non con queste dimensioni: soltanto l’8 per cento dei colleghi, ad esempio, si è sentito adeguatamente rappresentato dal Cn. Il sondaggio evidenzia anche come il 78 per cento dei dottori commercialisti sia poco o per niente soddisfatto dell’operato del Consiglio Nazionale, e alla domanda su come si può superare l’attuale conflittualità interna della categoria, l’84 per cento chiede di mettere da parte gli interessi di parte e come sia necessario un cambio di governance”.

Lo afferma Matteo De Lise, presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili, commentando i risultati del sondaggio lanciato dall’Unione sui propri canali.

“Il sondaggio, che abbiamo intitolato “La professione che vorrei”, mira a dare un’idea di quanto avvenuto in Italia nel pianeta commercialisti”, spiega De Lise. “I risultati sono evidenti: i colleghi non sono soddisfatti di come viene percepito il ruolo del dottore commercialista, imputano il mancato raggiungimento di risultati tangibili a un difetto di interlocuzione con la politica e alla troppa conflittualità interna. Per il rilancio chiedono di intervenire sulle specializzazioni e sulla esclusività nella professione”.

Il rilancio della categoria richiede discontinuità nella governance, maggior efficacia comunicativa e superamento degli interessi di parte, concentrandosi su aspetti chiave quali la lotta all’abusivismo, tariffario, equo compenso, specializzazioni ed esclusive e intervenendo sul decreto legislativo 139/2005, ritenuto da riformare per il 90 per cento dei duemila professionisti che hanno aderito al sondaggio. “Oltre a questi dati emerge anche una critica all’attività dei sindacati di categoria a cui molti colleghi chiedono maggiore rappresentanza e incisività. È questo un dato che ci fa riflettere e che non può che spingerci a migliorare ulteriormente il nostro lavoro e il nostro impegno per continuare a tutelare la nostra professione sui vari tavoli di interesse.”

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