venerdì, 26 Aprile, 2024
Società

Il teatro deconfiscato distrugge la cultura mafiosa

Produrre cultura nei luoghi in cui le mafie hanno proliferato per riappropriarsi dello spazio sia materialmente che spiritualmente. È questa l’idea di fondo di “Teatro deconfiscato”, format ideato da Giovanni Meola, drammaturgo, sceneggiatore e regista, teatrale e cinematografico, vincitore di numerosi riconoscimenti tra cui il Premio Martucci 2006 (miglior testo originale), il Premio Girulà 2007 (miglior progetto con i giovani per i giovani), premio Enriquez 2008 (miglior testo di drammaturgia civile) ed il premio Landieri 2012 (miglior testo originale)

Giovanni Meola

Come è nata l’idea del teatro deconfiscato?
“L’idea mi è nata sulla base di due constatazioni basilari. Esiste un dibattito ormai ventennale sull’importanza di riutilizzo dei beni confiscati, importanza troppo spesso frustrata da difficoltà e impossibilità pratiche e burocratiche che hanno reso, nel tempo, questo istituto abbastanza statico, ahinoi, laddove è l’immediata reimmissione nel circolo virtuoso della società civile che darebbe impulso reale e profondo alla pratica del sequestro e del riutilizzo stesso. La seconda constatazione riguardava, e riguarda, la mia curiosità onnivora nei confronti del teatro, che vedo in tutte le salse possibili. Una tendenza degli ultimi tempi è di cercare di portare il teatro in luoghi non necessariamente deputati al teatro stesso. Ecco quindi che nasce nella mia mente questo naturale accostamento, ecco che nasce Teatro Deconfiscato, format da me ideato, depositato e diretto”.

Che genere di risposta ottenete dal pubblico dei vostri spettacoli?
“La risposta è notevole. Riaprire al contatto col pubblico un bene che si riteneva chiuso ed inaccessibile determina il generarsi di energie positive. C’è la curiosità di entrare in un bene troppo a lungo appartenuto alle forze del male, se mi si permette la semplificazione, e di sentirlo nuovamente nella disponibilità della comunità. E poi c’è il richiamo del teatro in sé che, in qualità di direttore artistico, decido di programmare in queste occasioni. In Italia, da una quindicina d’anni, è fiorito un filone di teatro cosiddetto civile di spessore notevolissimo. Ho avuto sempre finora, e sono sicuro che continuerò ad avere, l’imbarazzo della scelta su quali spettacoli invitare nelle diverse location dove si è tenuto (e dove si terrà nei  prossimi anni) teatro deconfiscato. E poi, c’è il fascino stesso delle location ad attirare, come in occasione dell’ultima edizione tenutasi presso il Castello Mediceo di Ottaviano, l’ex-tenuta del temutissimo boss Cutolo, ora sede, tra gli altri, dell’Ente Parco Nazionale Vesuvio”.

Quanto e in che misura la promozione della cultura aiuta a combattere le mafie?
“La promozione della cultura è l’arma più potente in assoluto contro le mafie. Certo, una politica nazionale del lavoro sarebbe ed è indispensabile, soprattutto in tempi di capitalismo globalizzante come quelli che stiamo attraversando, ma solo la cultura può emancipare ed elevare. Fin quando questo concetto non sarà chiaro, sarà abbastanza complicato invertire la rotta. Detto ciò, nel suo piccolo, il teatro (e anche format come teatro deconfiscato, che organizzo con la produzione esecutiva della mia compagnia, Virus Teatrali) può compiere piccoli miracoli. A costo zero e senza limiti di età, sesso, condizione sociale, razza e religione. Ogni persona acquisita alla causa del teatro è una persona civile in più, una persona in grado di empatizzare, di creare connessioni di scambio e di crescita, una persona in grado di pensare e di analizzare, una persona capace di saper dire dei ‘sì’ e dei ‘no’ motivati. Ecco, il teatro è un’arma potente contro l’ignoranza che genera a sua volta dipendenza e schiavitù”.

Progetti futuri?
“A parte Teatro deconfiscato, che tornerà presto a vivere in ancora altre location (siamo in trattative con tre beni in diverse location della regione e poi di nuovo col Castello Mediceo di Ottaviano, per una nuova edizione primaverile ed estiva), Virus Teatrali sta per far debuttare con la mia regia Frat’ ‘e Sanghe, un lavoro in qualche modo anticipatorio sui tempi, quando debuttò una prima volta nel 2004, e ora ancora, purtroppo, non ancora in ritardo. Lo spettacolo debutta a inizio ottobre con un cast tutto rinnovato (Vincenzo Coppola, Mariano Di Palo, Marco Schiattarella). Poi ci sono i due progetti legati a classici (“Tre Sorelle” di Cechov e “Amleto” di Shakespeare) con una compagnia in questo caso tutta al femminile (Roberta Astuti, Sara Missaglia, Chiara Vitiello), classici smontati e rimontati fino a farli essere fedelissimi all’originale ma anche totalmente diversi (basti pensare al solo fatto che entrambi gli spettacoli vedono in scena solo tre attrici). E poi, ancora, un fortunato spettacolo sulle banche e sulle nefandezze da loro compiute in questi ultimi due decenni, “Io So e Ho Le Prove” (liberamente tratto dall’omonimo memoriale di Vincenzo Imperatore, caso editoriale di qualche anno fa), con me anche in qualità di interprete, che continua a viaggiare per l’Italia e presto supererà le 40 repliche. E, ancora, un laboratorio con i detenuti presso il carcere di Poggioreale che a breve arriverà a conclusione e un documentario lungometraggio per il quale siamo in fase di montaggio”.

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