venerdì, 18 Luglio, 2025
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Cultura

L’incertezza del futuro del Mediterraneo Orientale. Ricco di gas, ma crocevia di troppi interessi globali

Tensioni geopolitiche e interessi contrastanti definiscono il panorama energetico del Mediterraneo orientale. Le vaste riserve di gas naturale offrono un grande potenziale economico, ma le rivendicazioni marittime sovrapposte e i conflitti in corso, in particolare tra Israele e Libano e la crisi di Gaza, minacciano gli accordi esistenti e i progetti futuri. E il Mediterraneo è sempre meno sicuro

Gli sforzi dell’Unione Europea per ridurre la dipendenza dal gas russo hanno inizialmente visto il Mediterraneo orientale come possibile fornitore chiave, ma la crescente instabilità di questi giorni mette a rischio tale ipotesi. Tra i fattori chiave figurano l’impatto dei conflitti sull’esplorazione e le esportazioni di gas, il ruolo di Turchia, Egitto e Qatar, l’influenza delle potenze globali e delle multinazionali e le incerte prospettive di cooperazione energetica regionale. La regione, seppur crocevia tra energia e conflitti, resta comunque un punto focale per la politica energetica globale, con le vaste riserve di gas naturale nelle zone economiche esclusive (ZEE), che comportano, però, sia rischi economici sia geopolitici.

Israele chiede di rivedere le esplorazioni offshore del Libano

Come indicato l’area che comprende Israele, Libano, Egitto, Cipro e Turchia continua a essere interessata da rivendicazioni marittime sovrapposte, conflitti in corso e mutevoli alleanze energetiche. All’inizio del 2025 gli importanti conflitti tra Israele e Libano e la crisi di Gaza hanno aggiunto un nuovo livello di complessità al panorama energetico della regione, che ha messo a dura prova le alleanze regionali e i calcoli di sicurezza. Questi conflitti minacciano gli accordi energetici esistenti e generano incertezza sui futuri piani di esplorazione ed esportazione. Gli sforzi dell’Unione Europea per sganciarsi dal gas russo, in risposta all’aggressione dell’Ucraina, hanno inizialmente posizionato il Mediterraneo orientale come importante fornitore alternativo. Tuttavia, il peggioramento della situazione della sicurezza ha creato instabilità che potrebbe far deragliare queste ambizioni. Quanto avvenuto tra Israele e Libano (guerra con profonde implicazioni energetiche) mette in forse l’accordo marittimo tra i due Paesi del 2022, mediato dagli Stati Uniti, che ha consentito al Libano di avviare l’esplorazione di gas nel giacimento di Qana, mentre Israele ha mantenuto il controllo su quello di Karish. Il conflitto tra Israele e Hezbollah, scoppiata alla fine del 2024 nell’ambito della più ampia escalation a Gaza, ha trasformato questo accordo, precedentemente fragile, in un importante punto di rottura. Il ministro dell’Energia israeliano ha chiesto nel dicembre 2024 una rinegoziazione dell’accordo marittimo, sostenendo correttamente che gli attacchi terroristici di Hezbollah al nord di Israele giustificano una rivalutazione dei diritti del Libano all’esplorazione di gas offshore.

Total Energies (Qatar Energy ed Eni) ci ripensa e il Libano perde le speranze di una ripresa economica
Conseguentemente, per il Libano il conflitto rappresenta una minaccia economica esistenziale. Il consorzio guidato da Total Energies, che comprende Qatar Energy ed Eni, ha avviato trivellazioni esplorative nelle acque libanesi nel 2023, ma i risultati sono stati limitati. Le ostilità in corso hanno scoraggiato ulteriori investimenti, con Total Energies che ha annunciato a inizio 2025 di voler riconsiderare le proprie operazioni in Libano a causa del deterioramento della situazione sul piano della sicurezza. Il conflitto ha anche messo in crisi la già fragile economia libanese, con il Paese alle prese con gravi carenze energetiche e una valuta in caduta libera. L’esplorazione del gas offriva un barlume di speranza per la ripresa economica, ma il conflitto, che i terroristi di Hezbollah hanno provocato sotto la spinta dell’Iran, avrebbe infranto tali speranze, almeno nel breve termine.

Aumentano le ambizioni sull’area della Turchia

Inoltre, bisogna ricordare le gravi scorrettezze della Turchia contro Grecia e Cipro. Siamo purtroppo di fronte a una lunga rivalità marittima in cui Ankara continua inopinatamente a portare unilaterali rivendicazioni su parti del Mediterraneo orientale, contestando sia Grecia sia Cipro per i diritti sulla ZEE (Zone economiche esclusive). Le illegittime pattuglie navali turche nelle acque contese sono aumentate e Ankara ha ampliato la cooperazione energetica con la Libia nell’ambito di un accordo marittimo firmato alla fine del 2024. Nel frattempo, Grecia e Cipro hanno rinforzato i loro legami con Israele ed Egitto, confermando il loro impegno nell’Eastern Mediterranean Gas Forum (EMGF) quale contrappeso alle ambizioni turche.

Le tensioni tra Turchia, Grecia e Cipro minano gli accordi energetici regionali

L’illegittima posizione assertiva della Turchia (aggravata dal fatto che si tratta di un Paese membro della NATO) ha portato a un aumento delle tensioni sia con Grecia sia con Cipro e con altri attori regionali. Il Governo turco ha rivendicato apertamente le sue pretese sulle risorse energetiche della regione e le sue azioni sono state spesso e correttamente considerate provocatorie dai suoi vicini. La situazione è ulteriormente complicata dagli stretti legami della Turchia con la Russia, che nutre interessi propri nella regione. Le continue tensioni tra la Turchia e i suoi vicini hanno creato un ambiente instabile che minaccia di minare la cooperazione energetica regionale.

Dall’Egitto può dipendere il futuro del gas del Mediterraneo orientale

L’Egitto, che è un attore chiave, rimane un hub centrale per le esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL) dalla regione, con i suoi impianti GNL di Damietta e Idku che trattano gas proveniente da giacimenti egiziani e israeliani. Tuttavia, l’aggravarsi della crisi economica egiziana, caratterizzata da svalutazione della moneta, aumento del debito e limitati disordini sociali, ha sollevato preoccupazioni sulla sostenibilità del suo settore del gas. Sebbene inizialmente l’Egitto abbia beneficiato delle importazioni di gas israeliano, il conflitto con Hezbollah e l’instabilità attorno alle infrastrutture israeliane hanno interrotto i flussi, portando a una riduzione delle riesportazioni di gas.

Il calo della produzione di gas dell’Egitto ha inoltre costretto il Paese a ridurre le esportazioni di GNL, aumentando ulteriormente i rischi economici. Le difficoltà economiche del Paese hanno inoltre reso difficile per il Governo attrarre gli investimenti necessari per sviluppare lo sfruttamento di nuovi giacimenti di gas. Nonostante queste problematiche l’Egitto, come indicato, rimane un attore chiave nella politica energetica della regione e la sua capacità di gestire la crisi avrà implicazioni significative per il futuro del gas del Mediterraneo orientale.

Il Qatar, attore chiave negli equilibri regionali

Infine, è necessario esaminare il ruolo degli attori esterni: Qatar, Russia e Stati Uniti. Il Qatar ha ultimamente rafforzato il suo ruolo di attore finanziario e strategico nel Mediterraneo orientale. Qatar Energy, di proprietà statale, detiene partecipazioni nell’esplorazione offshore libanese e ha cercato di rafforzare i legami con Egitto e Turchia. Allo stesso tempo, il Qatar continuerebbe a mantenere i legami con i terroristi di Hamas, posizionandosi come mediatore chiave nella crisi di Gaza, sfruttando principalmente i suoi investimenti energetici per espandere l’influenza regionale. Il coinvolgimento del Qatar nella politica energetica della regione è multiforme e la sua capacità di orientarsi nel complesso panorama geopolitico lo ha reso un attore chiave nella regione.

L’asse Russia-Turchia che complica le cose

Non va poi dimenticato che la posizione della Russia nel Mediterraneo orientale rimane complessa. Gazprom ha mostrato interesse per i mercati del gas della regione, mentre va tenuto in considerazione che la cooperazione militare di Mosca con la Siria di Assad è ormai un ricordo del passato e le incerte dinamiche di alleanze in Libia rappresentano una sfida strategica per mantenere la propria influenza. Mosca considera la Turchia (incredibile ma reale per un paese NATO) un partner chiave nel transito energetico regionale, in particolare attraverso il gasdotto TurkStream. Il coinvolgimento della Russia nella regione è motivato da considerazioni sia energetiche sia geopolitiche, e le sue azioni sono state spesso considerate destabilizzanti dagli altri attori regionali. Di queste ore la notizia che la Grecia, per difendere Creta da possibili azioni avversarie, sta comprando sistemi missilistici da Israele e in accordo con gli USA sono stati fatti sbarcare sull’isola soldati americani per rinforzare la base di Souda. Con un paese come la Turchia governata da Erdogan non ci si può fidare per nulla e l‘iniziativa a Creta appare giustificata, ma non sarebbe un buon segnale per la pace nell’area.

Il sostegno degli Stati Uniti alla sicurezza energetica israeliana

Washington ha fornito sostegno politico e militare ai progetti israeliani nel settore del gas, promuovendo al contempo il gas del Mediterraneo orientale come strategia di diversificazione per l’Europa. Tuttavia, le richieste della ex amministrazione americana, targata Biden, di una de-escalation nella guerra tra Israele e Libano si erano fermate a causa delle richieste israeliane di rinegoziare gli accordi marittimi. Multinazionali americane come Chevron rimangono impegnate nel settore energetico offshore israeliano, sebbene i maggiori rischi per la sicurezza potrebbero rendere necessaria una rivalutazione strategica. Gli Stati Uniti, con la presidenza Trump, sono stati coinvolti anche negli sforzi di mediazione nel conflitto a Gaza. Sebbene la nuova amministrazione abbia adottato una posizione positiva, caratterizzata da maggiore proattività e un impegno più esplicito, la sua capacità di orientare la situazione a favore degli interessi statunitensi senza restrizioni rimane incerta, date le complesse dinamiche della regione.

Il futuro del gas del Mediterraneo orientale resta incerto

Con i conflitti in corso (o sopiti, si spera) tra Israele, Libano e Gaza, le controversie marittime e le alleanze in evoluzione, il futuro del gas del Mediterraneo orientale rimane incerto. Riassumendo, i seguenti fattori determineranno se la regione potrà sfruttare appieno il suo potenziale energetico:

  1. la domanda europea: mentre l’Europa continua a cercare alternative al gas russo, la crescente instabilità potrebbe costringere l’UE a cercare fornitori, non si sa stimare quanto più affidabili, altrove;
  2. la stabilità economica dell’Egitto: la capacità dell’Egitto di mantenere il suo status di hub per l’esportazione di GNL dipenderà dalla risoluzione della sua apparente crisi economica interna;
  3. i rischi per la sicurezza: nell’improbabile ma possibile scenario di una ripresa degli attacchi terroristici di Hezbollah alle infrastrutture energetiche israeliane, gli investitori stranieri potrebbero ritirarsi, con ripercussioni sulla produzione di gas regionale;
  4. le ambizioni turche: la crescente assertività della Turchia nelle controversie marittime potrebbe compromettere la cooperazione energetica regionale. Dato l’attuale stato delle tensioni geopolitiche, ci sono alcuni scenari plausibili per il futuro del gas del Mediterraneo orientale.

Rallentano gli investimenti esteri nei progetti regionali del gas

Affermarsi dello status quo, cioè che l’instabilità continua a minare lo sviluppo energetico. In questo scenario il conflitto rimane la caratteristica distintiva della regione, con le risorse energetiche che continuano a essere fonte di controversie piuttosto che di cooperazione. La crisi tra Israele e Libano rimane irrisolta, le tensioni create dalla Turchia nei confronti della Grecia persistono e l’Egitto faticherebbe a mantenere la stabilità economica. Di conseguenza, gli investimenti esteri nei progetti regionali del gas rallentano, i piani di esportazione di GNL vacillano e la regione non riesce a sfruttare appieno il suo potenziale energetico. Persisterebbe forse lo stato di instabilità economica dell’Egitto, che minerebbe la capacità di mantenere il suo status di hub per l’esportazione di GNL, che dipenderà dalla risoluzione della sua crisi economica interna.

L’ipotesi migliore per riportare

Un secondo scenario potrebbe prevedere un riallineamento geopolitico, in cui gli attori regionali riconoscano gli imperativi economici della cooperazione e raggiungano nuovi accordi energetici. La continuità del cessate il fuoco tra Israele e Libano potrebbe ripristinare la stabilità nell’esplorazione offshore, mentre Egitto, Cipro e Grecia approfondiscono la cooperazione energetica per creare un corridoio del gas stabile verso l’Europa. Il Forum del gas del Mediterraneo orientale potrebbe essere rilanciato come piattaforma multilaterale credibile, garantendo la sicurezza energetica e la risoluzione delle controversie.

La chance delle rinnovabili

Una ulteriore possibilità è che i paesi del Mediterraneo orientale si orientino verso partnership per le energie rinnovabili, riconoscendo che la finestra di opportunità per lo sviluppo del gas naturale su larga scala si sta restringendo. Se l’UE accelera il suo percorso di decarbonizzazione e nazioni del Golfo come il Qatar consolidano il loro predominio sui mercati del GNL, i paesi del Mediterraneo orientale potrebbero reindirizzare gli investimenti verso progetti solari, eolici e a idrogeno invece di raddoppiare gli investimenti sul gas.

Energia, sicurezza e geopolitica le tre leve strategiche

In conclusione, si parla di una regione a un bivio. Il Mediterraneo orientale si trova a un punto critico in cui energia, sicurezza e geopolitica si intersecano. Le vaste riserve di gas della regione rappresentano un’opportunità irripetibile per la trasformazione economica, ma conflitti persistenti, controversie marittime irrisolte e mutevoli dinamiche energetiche globali minacciano di sprecare questo potenziale. Per andare avanti, i leader regionali devono riconoscere che la sicurezza energetica e la prosperità economica sono fondamentalmente legate alla stabilità politica e alla cooperazione. Senza seri sforzi diplomatici per risolvere le controversie e garantire gli investimenti, la ricchezza di gas del Mediterraneo orientale rimarrà un miraggio visibile, ma in definitiva irraggiungibile. La posta in gioco è alta, ma lo sono anche le opportunità. La domanda che gli esperti della regione si pongono rimane sempre la stessa e cioè quale futuro avrà il Mediterraneo orientale quando ci sarà da decidere se creare un futuro energetico cooperativo o continuare a essere intrappolato nei conflitti che ne hanno caratterizzato il passato.

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