La tragedia continua a consumarsi nella Striscia di Gaza, dove la popolazione, già stremata da mesi di guerra, fame e assenza di cure mediche, affronta quotidianamente nuove devastazioni. Tra le immagini più strazianti emerse ieri, quella che arriva da Khan Yunis: un attacco aereo israeliano ha colpito la casa della dottoressa Alaa al-Najjar, uccidendo nove dei suoi dieci figli. Il figlio sopravvissuto, un bambino di 11 anni, è stato operato d’urgenza da un chirurgo britannico presente sul posto. La madre e il marito sono rimasti feriti ma vivi. Un video, verificato dalla Bbc, mostra i corpi bruciati di bambini estratti dalle macerie. Nel frattempo, l’esercito israeliano ha dichiarato di aver colpito oltre 100 obiettivi nella Striscia, tra cui postazioni di lancio, tunnel, edifici armati di trappole esplosive e presunti militanti. Secondo l’Idf si tratta di risposte a lanci di razzi avvenuti nelle ultime ore contro il sud di Israele.
Fame e saccheggi
Il Coordinamento israeliano delle attività nei Territori (Cogat) ha annunciato ieri l’ingresso a Gaza di 83 camion carichi di aiuti umanitari, tra cui farina, cibo, medicinali e attrezzature sanitarie. È la prima ripresa stabile delle consegne da inizio marzo. Tuttavia, l’emergenza resta gravissima. Il Programma Alimentare Mondiale ha denunciato che quindici camion sono stati assaltati e saccheggiati nella notte da gruppi di civili affamati. Gli aiuti erano destinati ai forni e a punti di distribuzione cruciali. “La fame, la privazione e l’ansia per l’incertezza stanno peggiorando l’instabilità”, ha dichiarato l’organizzazione, chiedendo a Israele rotte sicure e costanti, simili a quelle garantite durante le tregue precedenti.
Ostaggi e guerra psicologica
Dall’altra parte, numerosi cittadini israeliani hanno segnalato di aver ricevuto chiamate anonime con voci preregistrate che implorano aiuto: si tratterebbe di registrazioni di ostaggi nelle mani di Hamas, accompagnate da suoni di sirene e bombardamenti. Le autorità israeliane hanno avviato un’indagine e definito l’episodio un “tentativo di seminare il panico”. Le voci sarebbero state estratte da video di propaganda diffusi nei mesi scorsi. Il Forum delle famiglie degli ostaggi ha precisato che non ha alcun collegamento con queste telefonate. La Direzione per la Sicurezza Informatica ha raccomandato alla popolazione di bloccare i numeri e di non diffondere ulteriormente i contenuti.
Appello per l’evacuazione reporter francesi
Intanto una ventina di associazioni giornalistiche francesi, tra cui quelle legate a Le Monde, France 24, BFMTV e Mediapart, hanno chiesto con forza l’evacuazione immediata dei colleghi e collaboratori locali impiegati a Gaza. “Le loro vite sono oggi a rischio estremo”, si legge nel documento pubblicato online, che ricorda come più di 200 giornalisti siano stati uccisi a Gaza dal 7 ottobre 2023, secondo i dati dell’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani. L’intenzione dichiarata da Israele di assumere il pieno controllo della Striscia ha intensificato le preoccupazioni per l’incolumità degli operatori dell’informazione.
Idf usa palestinesi come scudi umani
L’agenzia Associated Press ha pubblicato un’inchiesta scioccante: secondo fonti sia palestinesi che israeliane, l’Idf avrebbe sistematicamente costretto prigionieri palestinesi a entrare negli edifici prima dei soldati, per verificare la presenza di esplosivi o combattenti. Ayman Abu Hamadan, 36 anni, ha raccontato di essere stato costretto a lavorare per diverse unità militari in questa funzione. “Mi passavano da una squadra all’altra. Mi picchiavano e dicevano che se non collaboravo, mi avrebbero ucciso”, ha dichiarato.
Araghchi incontra Parolin
Dal punto di vista diplomatico, a Roma, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha incontrato il Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin e l’arcivescovo Gallagher, chiedendo un’azione immediata contro “il genocidio in atto a Gaza”. Araghchi ha definito “illegittimo” lo Stato israeliano, accusandolo di perseguire una “cancellazione coloniale” del popolo palestinese e ha invitato tutti i Paesi del mondo a opporsi pubblicamente ai crimini in corso.
Washington revoca sanzioni sulla Siria
Sul fronte siriano, un inatteso sviluppo: gli Stati Uniti hanno ufficialmente revocato le sanzioni contro la Siria, imponendo una deroga temporanea al Caesar Act, la legge che dal 2020 puniva ogni forma di cooperazione con il regime di Assad. L’annuncio è arrivato venerdì, durante la visita del presidente Trump in Arabia Saudita. Secondo quanto dichiarato dal Dipartimento del Tesoro americano, l’obiettivo è “favorire nuovi investimenti” e supportare la ricostruzione postbellica. Il segretario di Stato Marco Rubio ha precisato che la sospensione delle sanzioni sarà valida per 180 giorni. Damasco ha accolto la notizia con entusiasmo, definendola “un passo positivo per alleviare le sofferenze del popolo siriano”.