L’Associazione culturale Omnia Nos ha voluto affrontare il problema della sicurezza nel Mediterraneo da tutti i punti di vista: dalla gestione dei flussi migratori alla salvezza ambientale ed alle possibili minacce anche terroristiche. Abbiamo chiesto un parere su questo argomento al Generale di Corpo d’Armata. ris. Carmine De Pascale presidente dell’Associazione.
Generale, io comincerei con il definire cosa si intende per Mediterraneo oggi, perché proprio dalla Marina Militare viene il suggerimento di cominciare a chiamarlo “Mediterraneo allargato”, oltre cioè i confini tra Gibilterra e Suez come eravamo abituati. Perché?
Questo è un concetto molto importante, perché se ci limitiamo a pensare al bacino fisico del Mediterraneo notiamo che è piuttosto piccolo. Invece, il suo valore strategico è molto elevato se noi teniamo conto delle aree contigue. In sostanza, il Mediterraneo allargato è uno spazio geopolitico che comprende Paesi, culture e società differenti, ma strettamente interconnessi sotto il profilo economico e delle dinamiche della sicurezza. Quindi, per un’analisi completa dobbiamo considerare anche il Medio Oriente, il Golfo arabico, l’area del Maghreb e le aree subsahariane, senza trascurare l’area orientale che va dalla Turchia fino ad arrivare al Mar Nero e poi, oltre Gibilterra, fino all’Oceano Atlantico. Tutte le tensioni possono convergere nel Mediterraneo insieme alle tante opportunità che si possono rilevare, soprattutto energetiche. In questo senso il Mediterraneo è oggi – come nel corso del suo passato – un importante crocevia di commerci, scambi culturali e tensioni conflittuali la cui influenza va ben oltre l’area mediterranea.
Dunque, non è più solo il “Mare Nostrum”, dell’Italia e dell’Europa, ma è oggetto di interessi di molti più Stati rispetto a prima, a cominciare, per fare solo degli esempi, dalla Russia nel Nordafrica o persino dagli stessi Houthi yemeniti filoiraniani che vogliono costituire un serio ostacolo sia al traffico marittimo sul Mar Rosso che all’utilizzo dell’East-West Crude Oil Pipeline per espandere la influenza di Hamas e Hezbollah verso il Mediterraneo. Che ruolo potrebbe avere l’Italia in questa necessaria mediazione?
L’Italia, per la sua posizione geografica e per la sua storia, ha un ruolo centrale nelle dinamiche di sicurezza nel Mediterraneo e deve saper giocare questo ruolo. Si pensi agli 8.000 km di costa e agli oltre 20 milioni di italiani che vivono sulla fascia costiera. Pertanto, tutto ciò che accade in questo mare incide sulla politica, l’economia e la vita degli italiani. In termini di strategia è importante far valere la nostra attitudine alla diplomazia e al dialogo, unitamente a una capacità di difesa credibile. Ciò significa rendersi disponibili alla cooperazione, per la nostra competenza nella formazione e nell’addestramento a favore delle forze armate locali, cui si affiancano le nostre capacità industriali di settore. A questo aspetto si dovrebbe aggiungere la capacità di promuovere un approccio europeo della gestione delle frontiere del fianco sud, con la creazione di una politica europea di difesa capace di affrontare con efficacia le sfide globali come il terrorismo, l’immigrazione illegale e il traffico di armi. Sarebbe utile chiedersi se si è soddisfatti del coinvolgimento dell’Unione europea e della NATO nel fianco sud e della relativa risoluzione dei problemi di sicurezza o se fosse possibile fare di più per una maggiore stabilità e pacificazione dell’area mediterranea.
Ed è vero che questo accresciuto interesse da parte di più soggetti ha portato anche una maggiore presenza di navi da guerra nel nostro Mediterraneo?
La presenza di navi da guerra nel Mediterraneo dimostra che è un mare fortemente attenzionato per la sua valenza strategica. È una presenza silente, ma comunque c’è e si fa sentire. Nei primi mesi del conflitto Russia-Ucraina è stata rilevata la presenza di 18 navi da guerra russe, più 2 sottomarini. Uno spiegamento che non era mai stato così numeroso. Ad affollare il Mediterraneo ci sono anche i turchi, che stanno potenziando la loro flotta, e i francesi, mentre gli americani potrebbero diminuire la loro presenza per concentrarsi nel teatro indo-pacifico. Credo che tocchi a noi riempire il vuoto, il Mediterraneo è casa nostra da secoli. La nostra Marina Militare ha impiegato le sue migliori forze per arginare e tenere sotto controllo la massiccia presenza di navi da guerra nel Mediterraneo, disponendo anche di “Pattugliatori” polivalenti e della Nave Trieste, la prima nave d’assalto anfibio con gli F35.
Nel Mediterraneo abbiamo detto che ci sono molti interessi legati a gasdotti, oleodotti, cavi sottomarini delle telecomunicazioni, gestione dei flussi migratori, traffici mercantili. L’Italia nella difesa di quali di questi fronti è impegnata particolarmente?
La nostra Marina Militare, che include la componente Capitaneria di Porto, è la forza armata preposta alla difesa e alla sicurezza dello spazio marittimo, delle linee di comunicazione, delle infrastrutture portuali e del naviglio mercantile. Le attività operative mirano anche a contrastare attività illegali o con finalità illecite. Si pensi al traffico di esseri umani, ma anche alla proliferazione di armi trasportate via mare con l’intendimento di alimentare il terrorismo anche sul territorio europeo e al contrasto al traffico di droga, svolto unitamente ai reparti aeronavali della Guardia di Finanza.
L’Italia è stata anche impegnata nella prima missione militare di sicurezza marittima europea EUNAVFOR MED SOPHIA, con l’obiettivo di combattere il traffico di essere umani e di smantellare la rete di trafficanti nel Mediterraneo centrale, inquadrata nel più ampio impegno dell’Unione Europea per assicurare il ritorno della stabilità in Libia. Tale operazione è stata poi sospesa e le funzioni sono state assorbite dall’operazione IRINI, che continua a monitorare il Mediterraneo.
Per quanto riguarda, poi, la sicurezza sottomarina, è ormai evidente che i cavi subacquei per internet e le telecomunicazioni, i gasdotti e gli oleodotti rappresentino un aspetto di vitale importanza per l’economia globale e il benessere delle società occidentali. Si tratta, comunque, di infrastrutture vulnerabili a operazioni subacquee, come dimostra il sabotaggio di Nord Stream. L’ambiente subacqueo è un dominio operativo di rilievo per la Marina Militare italiana, per questo è stato inaugurato a La Spezia il Polo nazionale per la Dimensione Subacquea. Una realtà che permette di coordinare le sinergie delle diverse eccellenze nazionali nel settore.
Abbiamo forze sufficienti per fare fronte a tutte queste situazioni o forse avremo bisogno di chiedere qualcosa di più sia all’Europa che all’Alleanza Atlantica, essendo stati da sempre il fronte sud della Nato?
La questione è estremamente attuale e strategica. Come detto, l’Italia, per posizione geografica e storia, è da sempre uno snodo cruciale nel Mediterraneo e il “fronte sud” della NATO. Ma affrontare da sola tutte le sfide che emergono in quest’area – instabilità in Nord Africa e Medio Oriente, traffico di migranti, terrorismo, tensioni energetiche, rivalità geopolitiche (come la crescente presenza russa e cinese), nonché il controllo delle rotte marittime – è un compito che va ben oltre le capacità di uno Stato, anche se dotato come l’Italia. Dunque sì, è necessario “chiedere qualcosa di più” sia all’Europa che alla NATO, ma in modo strategico. In particolare, all’Unione Europea chiederei una politica estera e di sicurezza comune più coesa e partecipativa nell’affrontare le sfide che incidono sui suoi confini meridionali. Alla NATO ribadirei l’importanza del fronte sud, chiedendo una presenza più stabile, intelligence condivisa e supporto operativo. L’Alleanza tende storicamente a concentrarsi sul fronte est (Russia, Ucraina), ma le minacce da sud sono altrettanto strategiche. In sintesi, sarebbe necessaria una maggiore integrazione con gli alleati, soprattutto europei e NATO, con un investimento più deciso nella difesa e nella diplomazia mediterranea.