lunedì, 5 Maggio, 2025
Esteri

Missile Houthi sull’aeroporto di Tel Aviv, Israele: “Risponderemo”

Sei feriti lievi, scalo riaperto. Idf: "Contraerea ha fallito". Hamas plaude agli alleati sciiti. A Gaza 45 morti

Un attacco senza precedenti ha colpito Israele nella mattinata di ieri, quando un missile balistico, lanciato dallo Yemen e rivendicato dai ribelli Houthi, ha colpito in pieno la zona del Terminal 3 dell’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv. È la prima volta che una delle principali infrastrutture civili israeliane viene colpita in maniera così diretta da una potenza esterna non confinante. Sei persone sono rimaste ferite, tra cui due nella fuga verso i rifugi. Il traffico aereo è stato interrotto per alcune ore, poi riattivato nel pomeriggio. La contraerea israeliana, secondo fonti ufficiali, non è riuscita a intercettare il razzo: “Non l’abbiamo visto arrivare”, hanno dichiarato fonti militari. L’attacco, sebbene non abbia causato vittime, rappresenta un punto di svolta simbolico e operativo nel conflitto in corso in Medio Oriente. Per Tel Aviv, il messaggio è chiaro: la profondità strategica del paese è ora vulnerabile anche da sud, e il fronte yemenita, finora gestito indirettamente attraverso gli Usa, diventa una minaccia diretta e concreta. A rivendicare l’attacco è stato il movimento sciita yemenita Houthi, sostenuto da Teheran. “Abbiamo dimostrato la nostra capacità di colpire anche i siti più fortificati all’interno di Israele”, ha dichiarato Muhammad al-Bahiti all’emittente Al Araby. Un altro dirigente, Hazem al-Asad, ha minacciato la chiusura definitiva dell’aeroporto Ben Gurion: “Così come abbiamo chiuso il porto di Eilat, costringeremo alla chiusura anche l’aeroporto di Tel Aviv finché non cesserà l’aggressione su Gaza”. Un messaggio anche alle compagnie aeree internazionali: “Non mettete a rischio passeggeri e velivoli. L’aeroporto è ora un obiettivo militare”. In seguito a queste minacce, molte compagnie aeree hanno deciso di sospendere i voli da e per Tel Aviv.

Gantz: “Non è lo Yemen, è l’Iran”

Mentre l’esercito israeliano conferma il fallimento dei sistemi di intercettazione, l’opposizione interna punta il dito contro Teheran. “Non è lo Yemen che attacca Israele: è l’Iran”, ha dichiarato Benny Gantz, leader dell’opposizione, accusando direttamente il governo Netanyahu di essere impreparato a un’evoluzione del conflitto che si sta ormai internazionalizzando. “Il governo deve svegliarsi”, ha aggiunto. Il ministro della Difesa Israel Katz ha risposto con un messaggio inequivocabile: “Risponderemo sette volte più forte. Chi colpisce Israele pagherà un prezzo elevato”. Anche il premier Netanyahu ha convocato d’urgenza il gabinetto di sicurezza per discutere la risposta militare. Fonti anonime vicine all’esecutivo hanno anticipato che Israele si prepara a colpire direttamente obiettivi Houthi nello Yemen, ipotesi finora evitata anche per pressioni statunitensi. “Non abbiamo più restrizioni”, affermano fonti della Difesa. “Risponderemo con forza. E senza scusarci”.

Hamas applaude

L’attacco ha subito ricevuto l’appoggio ufficiale di Hamas, che ha definito gli Houthi “fratelli di lotta contro l’oppressore”. In un messaggio diffuso su Telegram, il portavoce delle Brigate Ezzedin al-Qassam, Abu Obeida, ha esortato i ribelli yemeniti a “intensificare gli attacchi contro il cuore dell’entità sionista”. “Dio benedica la vostra lotta”, ha concluso. L’asse tra Hamas, Hezbollah e Houthi si consolida così sotto l’egida iraniana, rendendo sempre più evidente la natura regionale del conflitto e il rischio di un’escalation che travalichi i confini della Striscia di Gaza.

Gaza: 45 morti in 24 ore

Nel frattempo, la guerra continua a infuriare nella Striscia di Gaza. Secondo fonti mediche riportate da Al Jazeera, almeno 45 palestinesi sono stati uccisi nelle ultime 24 ore, portando il bilancio delle vittime a livelli sempre più tragici. L’esercito israeliano ha dichiarato di aver colpito oltre 100 obiettivi in tutta la Striscia, includendo “tunnel, depositi di armi e cellule terroristiche”. A Rafah e Khan Yunis, i raid hanno colpito anche edifici residenziali, causando numerose vittime civili, tra cui bambini. Dal 18 marzo, quando le operazioni militari sono riprese con forza, Israele ha intensificato le incursioni via terra e via aria, giustificando l’azione con il fallimento dei negoziati mediati da Qatar, Egitto e Stati Uniti per il rilascio degli ostaggi. Secondo Tel Aviv, Hamas avrebbe rigettato ogni proposta avanzata. In questo clima teso, si inserisce anche lo scontro diplomatico tra Israele e Qatar. Netanyahu ha accusato Doha di doppiezza nei negoziati con Hamas, ma la risposta è stata netta: “Respingiamo con forza le dichiarazioni incendiarie del Primo Ministro israeliano, che violano ogni principio di responsabilità politica e morale”, ha scritto su X il portavoce del ministero degli Esteri qatarino, Majed al-Ansari.

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