
Una giornata, quella di ieri, che resterà nella storia e che per tanto tempo rimarrà impressa nella memoria di molti. Già, perché tutta Roma (ma anche tutto il mondo) si è fermata per dare l’ultimo abbraccio a Papa Francesco. Oltre 400mila persone, provenienti da ogni angolo del pianeta, si sono radunate tra Piazza San Pietro e la Basilica di Santa Maria Maggiore per rendere omaggio al Pontefice che, con la sua umiltà e il suo coraggio, ha segnato un’epoca. Le esequie, trasmesse in diretta in 15 lingue (comprese quattro forme dei segni), hanno toccato il cuore di un’umanità ancora una volta stretta attorno alla sua guida spirituale. Insomma, una folla immensa, commossa e silenziosa, ha accompagnato ogni istante della cerimonia.
L’omelia

A presiedere la Messa funebre in piazza San Pietro è stato il decano del Collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re. La sua omelia è stata un vero (e doveroso, assolutamente) omaggio alla vita e all’opera di Francesco: “Si è donato fino all’ultimo e ha incessantemente implorato la pace”, ha detto il Cardinale, puntando molto sull’impegno l’impegno di Bergoglio contro l’infuriare delle guerre, l’orrore dei conflitti, la distruzione di case, scuole e ospedali: “La guerra è solo morte, ricordava il Santo Padre, e lascia il mondo sempre peggiore di prima: è sempre una tragica sconfitta”. Il Cardinale Re ha poi richiamato le parole di Francesco contro “la cultura dello scarto”, contrapposta con forza alla “cultura dell’incontro e della solidarietà”. La fraternità è stata la cifra distintiva del suo pontificato, come dimostrano la Lettera Enciclica Fratelli Tutti e il documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale, firmato nel 2019 ad Abu Dhabi, il senso delle parole di Re che nel corso dell’omelia ha anche sottolineato come il Papa avesse fatto della misericordia il centro del suo magistero, testimoniato in modo particolare dal Giubileo Straordinario della Misericordia indetto nel 2015: “Misericordia e gioia del Vangelo sono le due parole chiave del suo Pontificato”, le sue parole.
Una bara semplice
Un lungo applauso ha accompagnato la bara in legno chiaro, sulla quale era posato il Vangelo aperto, mentre il feretro lasciava il sagrato di San Pietro. Accanto, l’icona della Madonna Salus Populi Romani, tanto cara a Francesco, così come le campane di San Pietro che hanno suonato solenni. Alle 12 in punto, il feretro è stato portato verso l’interno della Basilica, poi caricato su una vettura bianca (la oramai famosa papa-mobile) che ha attraversato il centro storico di Roma in direzione di Santa Maria Maggiore. Ad attendere il Papa, i suoi ‘preferiti’: poveri, migranti, detenuti. Questo, in pratica, è stato l’ultimo viaggio di Francesco nella sua amata Roma, tra lacrime, applausi e silenzi colmi di preghiera.

Alle 13, il feretro è stato tumulato sotto la Basilica di Santa Maria Maggiore, accanto alla Madonna tanto venerata dal Pontefice. Una cerimonia sobria e intima, come era nello stile di Francesco, è stata celebrata davanti a un piccolo gruppo di familiari, cardinali e fedeli.
Alla cerimonia erano presenti oltre 160 delegazioni ufficiali. Tra i leader il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Premier Giorgia Meloni, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Emmanuel Macron per la Francia, Javier Milei per l’Argentina, Volodymyr Zelensky per l’Ucraina, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il Premier britannico Keir Starmer e i vertici dell’Unione europea. Tra i sovrani cattolici, Re Felipe VI di Spagna, il Re del Belgio Filippo, il Principe Alberto II di Monaco.
Un gesto simbolico ha emozionato i presenti: durante il segno di pace, Trump e Macron si sono stretti la mano, un’immagine potente di riconciliazione e dialogo in onore del Papa che più di tutti aveva fatto della pace il suo vessillo.
Una vita per gli ultimi
Papa Francesco è stato ricordato dal Cardinale Re come il Pontefice in mezzo alla gente, vicino ai poveri, agli emarginati, agli ultimi. Il suo primo viaggio a Lampedusa, nel 2013, è stato il simbolo di un pontificato nato sotto il segno dell’accoglienza e della denuncia delle ingiustizie globali. Il suo impegno per i migranti, i rifugiati, i senza dimora, ha ispirato l’intera Chiesa a volgere lo sguardo verso le periferie. Re ha ripercorso i viaggi di Francesco in Iraq, in Messico, a Lesbo (“segni concreti di una Chiesa ‘ospedale da campo’”), capace di curare le ferite di un mondo lacerato. Ha citato anche le visite in Africa, Asia, Sud America, ogni volta portando messaggi di pace, speranza, solidarietà. “Il primato dell’evangelizzazione è stato la guida del suo Pontificato”, ha ricordato, ricordando come l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium avesse dato il tono a tutto il cammino pastorale di Francesco.
Nel suo pontificato Bergoglio ha saputo richiamare l’attenzione del mondo sui temi della fraternità, della pace, della tutela dell’ambiente.
Il suo impegno nel dialogo interreligioso è stato testimoniato dalla firma del Documento sulla Fratellanza Umana e dalla visita storica in Iraq, nel 2021, durante la quale incontrò il grande ayatollah Al-Sistani. In questi viaggi, spesso rischiosi, Francesco ha dimostrato un coraggio evangelico, sfidando pericoli per portare la sua parola di pace e riconciliazione.
Ha rifiutato la logica dei muri e delle esclusioni, indicando invece la via dell’accoglienza e della dignità umana. Ha ricordato incessantemente che “nessuno si salva da solo”.
Le ultime parole dell’omelia sono state un toccante congedo: “Papa Francesco soleva concludere i suoi discorsi dicendo: ‘Non dimenticatevi di pregare per me’. Caro Papa Francesco, ora chiediamo a te di pregare per noi e di benedire Roma, la Chiesa, il mondo intero”.