lunedì, 16 Dicembre, 2024
Ambiente

I dissesti idrogeologici non conoscono vacanze

Un Ferragosto con 6 vittime nella sola Regione Lombardia tra montagne, fiumi e laghi e altra tragedia sfiorata per la tradizionale “bomba d’acqua” che ha coinvolto la rinomata località turistica del Piemonte, in Val di Susa.
La matrice è simile a quelle di altre località della nostra Italia, colpite dallo stesso fenomeno denominato “dissesto idrogeologico” di unʼItalia che, forse, sta invecchiando precocemente o, più esattamente, sottoposta a forzature da parte dell’uomo per interventi poco oculati con infrastrutture improprie o inadatte alle situazioni morfologiche dei territori.
Giovani vite spezzate per inesperienza, imperizia e, spesso, imprudenza, sia in montagna e sia al mare, benché a volte, anche il fato vi mette lo zampino.
Bardonecchia, a esempio, famosa località turistica della Val di Susa, viene invasa da un fiume di fango raccolto lungo il percorso dalla esondazione del Rio Merdovine e del Torrente Frejus, due corsi d’acqua dei quali sono ben note l’esistenza e i rischi. Di uno di loro sembra addirittura sia stata fatta una pur lieve deviazione. Il Commissariato di Polizia reso inagibile e fuori uso il parco mezzi: due metri di fango nei “sotterranei”, così come sommersi di fango anche i “locali sotterranei” di un hotel di Bardonecchia.

Stato di emergenza

Così i danni vengono subito stimati e la dichiarazione dello stato di emergenza immediatamente lanciata allo Stato centrale perché dia il suo aiuto, come già promesso per il recente disastro alluvionale dell’Emilia Romagna.
Del torrente Frejus si parla come di un canale artificiale largo circa 14 metri e l’impatto di fango trova come ostacolo alcuni ponti, creati nell’abitato che attraversa, regolarmente sormontati e che avrebbero subito colmato alcuni garage ubicati in “sotterranea” a pochi metri dall’alveo. A monte non vi sarebbero strumentazioni per segnalare eventuali precipitazioni, benché gli esperti affermano che è un tipico fenomeno estivo che accade nelle zone montane ove, all’improvviso i ruscelli diventano fiumi e esondano con una facilità.
In Italia abbiamo miglia di centri abitati ubicati sui “conoidi” e quindi attraversati da torrenti più o meno pericolosi, come sembrerebbe la conca di Bardonecchia molto esposta a questa categoria di processi torrentizi.
È noto come Bardonecchia, già dalla metà degli anni ’50 si espanse in maniera incontrollata, occupando, anno dopo anno, numerosi conoidi alluvionali formati dai 4 torrenti che si uniscono nell’abitato.
Casette singole e edifici di 5-6 piani, edificati con continuità per decenni, avrebbero lasciando sempre meno spazio ai corsi d’acqua. Al torrente Frejus sono state imposte restrizioni incompatibili con le leggi della natura, come è stato dimostrato chiaramente nella decorsa sera di domenica 13 agosto.

Fiumi da rinaturalizzare

Qualche esperto si azzarderebbe ad affermare che: “… bisogna lasciare in pace i fiumi. La situazione peggiora sempre di più. È necessario rinaturalizzarli lasciando loro lo spazio necessario, altrimenti se lo riprendono”. Parole e concetto che non vanno buttate al vento.
Una vera spada di Damocle è forse la diga del Lago di Rochemolles, costruita negli anni trenta dall’allora Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato, dal cui bacino si ricava energia elettrica e che proprio per la sua posizione meriterebbe, forse, più dei semplici monitoraggi e controlli di routine, essendo a monte del centro abitato.
Per assicurare una oculata e previdente difesa del suolo, del risanamento delle acque, la fruizione e gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi, sarebbe necessario rimuovere le cause strutturali che hanno determinato le calamità pregresse, nonché quelle che potrebbero determinarle o favorirle.
> Si inizierebbe a dare piena attuazione al dettato degli articoli 9 e 41 della Costituzione, secondo le integrazioni di cui alla legge costituzionale n. 1 dell’11 febbraio 2022, in materia di tutela dell’ambiente, per attività economiche pubbliche e private, per la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, “…anche nell’interesse delle future generazioni” (art. 9, 3co.).

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