“Il Ssn può e deve fare di più per le persone con cronicità, accelerando con il Pnrr, trasformando in realtà e in tutte le regioni le Case della comunità, gli ospedali di comunità e l’Adi. Per realizzare tutto questo bisogna però rilanciare il distretto sanitario, integrare sanità e sociale, varare gli standard dell’assistenza socio-sanitaria territoriale, gli standard del personale e definire il modello operativo di interazione/collaborazione tra i diversi professionisti sanitari, rispetto ai quali continua a esserci anche il tema delle carenze”. Così Tonino Aceti, presidente di Salutequita’, durante l’audizione presso l’Intergruppo parlamentare sulle cronicità.
“Contestualmente – ha aggiunto – va rilanciato il Piano nazionale della cronicità che deve tornare all’ordine del giorno dei lavori ripresi sul Patto per la salute tra Governo e Regioni, deve essere finanziato con risorse vincolate e attuato realmente in tutte le regioni, riconoscendo la sua implementazione come un vero e proprio adempimento Lea”. Per Aceti “il Piano, infine, dovrebbe essere attualizzato con le innovazioni positive introdotte con i decreti emergenziali e dovrebbe riconoscere e affrontare anche altre patologie”.
Secondo il presidente di Salutequita’, a pesare come un macigno sulla presa in carico delle persone con cronicità c’è la mancata attuazione, in molte regioni, del Piano nazionale della cronicità approvato ormai quasi 5 anni fa. Recepito formalmente da tutte le regioni, solo poche ne hanno messo a terra le attività previste e i sistemi di stratificazione della popolazione sono realtà solo in alcune, nonostante i finanziamenti dell’Ue. Ricordando i dati del rapporto 2021 dell’Istat, Aceti ha quindi sottolineato come nel 2020 le visite specialistiche di controllo o prime visite, finalizzate a impostare un eventuale piano diagnostico terapeutico, si sono ridotte di quasi un terzo.
Tra il 2010 e il 2018 aumenta il numero di persone trattate in assistenza domiciliare integrata, ma si riducono le ore destinate a ciascun caso. Inoltre, i percorsi diagnostico terapeutici assistenziali rimangono spesso ancora sulla carta e le differenze sul territorio nazionale sono rilevanti, perché ad arrancare c’è anche l’informatizzazione del Ssn con un fascicolo sanitario elettronico che viaggia nelle regioni a velocità troppo differente