sabato, 11 Maggio, 2024
Mamma - bambino
Salute

Ragazze madri, una vita difficile

Ragazze madri, una legislazione carente e un fenomeno in crescita. Con un dato, forse il più inquietante di altri: il 90% delle ragazze madri sono figlie di ragazze madri. Il numero complessivo, – oltre 7 mila giovanissime neo mamme ogni anno -, ragazzine che rimangono incinte in modo involontario, decidendo coraggiosamente di portare a compimento la gravidanza.

I dati della Società Italiana Ginecologia ed Ostetricia (Sigo) raccontano che circa il 2,1% delle gravidanze in Italia è portato a termine da ragazze madri di età compresa tra i 14 e i 19 anni. Un fenomeno, secondo le analisi del Sigo,  destinato a crescere. Su 7 mila ragazze madri, mille sono di Napoli mentre la Lombardia ha superato Sicilia e Campania, dove fino a pochi anni fa il fenomeno era più accentuato.

Quindi da nord a sud, le baby gravidanze non accennano a diminuire. La ragazze madri non hanno avuto solo la delusione di vedere il compagno dileguarsi, o la famiglia voltare loro le spalle, ma soprattutto, hanno l’amara sorpresa di confrontarsi con una legislazione carente che stenta a garantire i propri diritti, la possibilità di vita e lavoro. Per le ragazze neo mamme ci sono due possibilità, in caso di particolare disagio economico, c’è l’opportunità di entrare in una Casa famiglia e, per il bimbo, ottenere alcune agevolazioni per inserirlo in un asilo nido.

Fatto significativo, e sconcertate, le ragazze madri non rientrano in nessuna delle “categorie protette”, per le quali sono previsti sostegni economici ed agevolazioni per l’ingresso nel mondo del lavoro. Tutta la legislazione e sostegni ruota a benefici momentanei o un aiuto rivolgendosi in Consultori o Centri sociali. Il tutto sempre dietro una inesorabile trafila burocratica.

C’è poi la parte di disagio psicologico: il 68% dei padri lascia il nucleo familiare, rendendo la situazione economica della giovane mamma più complicata. In questo caso la ragazza madre può portare in giudizio il padre del bimbo per chiederne il mantenimento. Può lottare giuridicamente per il riconoscimento del bambino da parte di un padre che non vuole pagare il mantenimento e riconoscere il proprio figlio. In questo caso si innesca spesso una lunga battaglia legale senza esclusione di colpi.

Nel frattempo la neo mamma di fronte al diniego del padre del bimbo a pagare gli alimenti può far intervenire i carabinieri. In genere si arriva a questo braccio di ferro. Può, tuttavia, fare ricorso al giudice civile per definire la cifra che il padre deve versare per il figlio anche in caso di non riconoscimento del bimbo. Le spese legali possono essere assorbite dal patrocino gratuito a condizione che il reddito annuo non supera 11.369,24 euro. Se non basta la condanna del padre si può chiedere il pignoramento dei suoi beni.

Si tratta comunque di un braccio di ferro in cui la ragazza madre deve sostenere udienze, tensioni, le lungaggini burocratiche. Per il mantenimento, di fronte al drammatico fatto che il compagno non versa nulla e i famigliari non hanno accettato la sua situazione, l’unica possibilità per una neo mamma disoccupata è rivolgersi al Comune di residenza per ottenere un assegno di residenza erogato dall’Inps, un beneficio che va chiesto entro sei mesi della nascita del bambino.

Si tratta di un aiuto totale di 1.694 euro spalmato in cinque mesi. Se, invece, la neo mamma ha versato almeno tre mesi di contribuzione di maternità, dopo aver partorito ed è rimasta poi senza lavoro, può contare su un aiuto di 338 euro al mese per 5 mesi. Ma deve essere cittadina italiana, o Comunitaria residente in Italia, o extracomunitaria con permesso di soggiorno. Può beneficiare dei 338 euro sempre per un massimo di cinque mesi, anche la neo mamma che era lavoratrice con diritto di indennità di maternità, oppure che è stata licenziata o che si è licenziata.

Per alcuni casi, per le neo mamme in gravi difficoltà, ci sono i “Centri di aiuto alla vita”, che possono dare una mano nel risolvere i problemi economici contingenti, dando una assistenza nella ricerca del lavoro e fornendo una assistenza psicologica. È possibile anche accedere ad un assegno di maternità. La ragazza madre che ha un Isee non superiore a 7mila euro ha diritto a 320 euro al mese per il primo figlio ed a 400 euro al mese per il secondo.

Invece, chi ha l’Isee superiore a 7mila euro ma inferiore a 25mila euro ha diritto a 160 euro mensili. Il bonus può essere erogato solo se il bambino non ha più di 5 anni. C’è poi un piccolo bonus per le mamme studentesse con la possibilità di congelare le tasse universitarie, senza pagare gli arretrati e more, dall’anno di nascita del bambino. In alcuni casi possono chiedere delle borse di studio.

Le studentesse che sono al quinto e sesto anno in medicina e odontoiatria iscritte all’Enpam potranno chiedere alla Fondazione Enpam un assegno di 1500 euro per le spese del primo anno di vita del bambino o dell’ingresso del minore in famiglia in caso di adozione o affidamento. Nelle spese sono comprese anche quelle di nido e babysitter. Come si vede e a conti fatti si tratta di aiuti molto limitati nel tempo, con una gestione burocratica dei sostegni economici che non è mai scontata e diretta.

Inoltre dopo il breve lasso di tempo degli incentivi si ritorna nelle difficoltà più totali e con davvero poche vie di uscita. Senza lavoro, senza benefici. Per le ragazze madri il loro futuro e quello del bimbo, in assenza di leggi innovative, di possibilità di inserimento nel lavoro, resta difficile se non impossibile.

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