giovedì, 25 Aprile, 2024
Politica

Governo Draghi, inizio in salita per il nuovo esecutivo con uno Stato tutto da rinnovare

Per un premier pragmatico come Mario Draghi, l’Italia vista da Palazzo Chigi è un Paese non in linea con i parametri internazionali.
Un paese attraversato da evidenti dislivelli geografici, burocratici e amministrativi, con una mentalità giuridica bizantina e un inestricabile labirinto di leggi, decreti attuativi, ordinanze, direttive, circolari e regolamenti.
Uno Stato da rifondare e da equiparare ai tempi e all’efficienza degli standard della globalità.
E’ prevedibile che l’accelerazione della modernizzazione venga avviata attraverso la realizzazione delle infrastrutture essenziali già incardinate. Realizzazione che potrebbe muovere l’intero sistema degli interventi legislativi, amministrativi e burocratici del Governo Draghi.

Dalla fase della formazione l’esecutivo sarebbe stato predisposto con la duplice modalità operativa di intervento esecutivo e politico. Quella esecutiva per dare una scossa innovativa al Paese, dispiegando il più rapidamente possibile le potenzialità finanziarie del recovery plan, attraverso i Ministri Franco, Colao, Cingolani, Giovannini, Cartabia, Giorgetti, Speranza, Bianchi, Messa, Franceschini, Garavaglia e Brunetta.
Mentre la parte per così dire istituzionale e politica del Governo è demandata all’azione dei dicasteri dell’Interno, della Difesa, Esteri, Lavoro, Sud, Politiche agricole, Regioni, Pari Opportunità e Rapporti col Parlamento.

Invece dell’eventuale continua mediazione fra i ministri, il Premier avrà così un compito essenzialmente propulsivo e risolutivo dei nodi da sciogliere e delle decisioni da assumere.
Numerosi comunque gli scogli sommersi che, già prima delle dichiarazioni programmatiche e del dibattito sulla fiducia, si intravedono lungo la rotta del Governo Draghi. Esecutivo che sta avendo un effetto dirompente per gli equilibri interni di tutte le forze politiche. Scogli prevalentemente parlamentari, che riguardano leader e partiti.
Pd: il convulso passaggio dagli ultimatum alle strategie diametralmente opposte, durante la crisi dell’incompiuto Conte ter, nonché l’esclusione dal Governo delle molte donne protagoniste della politica dem, sta destabilizzando la segreteria di Nicola Zingaretti.

Cinque Stelle: la situazione è tanto convulsa che i grillini oscillano fra la scissione e la disintegrazione. La scelta di entrare nel Governo con Lega, Forza Italia e Renziani e non mollare i residui ministeri, ha trasformato il Movimento in una maionese impazzita. Tanto che il fondatore dei 5 Stelle Beppe Grillo, allude ormai apertamente ad una ritirata strategica con l’obiettivo di non scendere sotto il 10% alle prossime elezioni.
L’ipotesi più accreditata è quella di una scissione a sinistra e la formazione di gruppi parlamentari d’opposizione. Sul vuoto di leadership incombe la presenza, non si sa quanto effettivamente gradita, dell’ex Premier Giuseppe Conte.

Italia Viva: unica formazione parlamentare ad essere riuscita ad imporre strategie e scelte per l’apertura e soprattutto la soluzione della crisi, la compagine renziana mantiene un profilo basso per non far trapelare quanti sono in realtà i ministri sui quali può contare. Per Matteo Renzi l’obiettivo da confermare potrebbe essere quello della nomina a Segretario generale della Nato e la creazione di una formazione politica più ampia comprendente frange del Pd, di Forza Italia e della sinistra.

Forza Italia: la ratio dell’esclusione dal Governo dell’ala filo salviniana e schierata sul fronte giudiziario berlusconiano ha creato una frattura difficilmente risolvibile in tempi brevi fra gli azzurri. Con Berlusconi apertamente schierato con Draghi, ma contemporaneamente impegnato a “consolare ” le presunte escluse Annamaria Bernini e Licia Ronzulli e il moderato Antonio Tajani.

Lega: convertitosi all’europeismo tanto velocemente da spiazzare tutti, per Matteo Salvini c’è il rischio in progress riguardante la leadership che potrebbe essergli insidiata dall’alleanza fra Giorgetti e i governatori leghisti delle regioni del Nord.

Fratelli d’Italia: rimasta monopolista dell’opposizione Giorgia Meloni sta affinando la strategia per la lunga marcia verso l’orizzonte delle politiche e quel che resta del centrodestra. Una lunga marcia prevedibilmente costellata dagli arrivi di parlamentari fuoriusciti da Forza Italia e dai 5 Stelle e alla ricerca di difficili conferme di candidature elettorali.

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