“Sono rimasta molto stupita dall’interpretazione data alla mia intervista al ‘Financial Times’. Hanno detto che è scandaloso che Meloni dichiara di stare con Trump e contro l’Europa. Io ho detto una cosa molto diversa: sto sempre con l’Italia, che sta in Europa. L’Italia deve lavorare per rafforzare o difendere l’unità dell’Occidente, che è un bene troppo prezioso per essere archiviato con leggerezza”.

Con queste parole il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuto ieri al Congresso nazionale di Azione, rispondendo alle polemiche seguite alle sue dichiarazioni alla stampa internazionale. Un chiarimento netto, che punta a smentire ogni lettura particolare e a rilanciare un messaggio di responsabilità istituzionale in un tempo segnato da tensioni geopolitiche, guerre ai confini dell’Europa, e un clima internazionale che la stessa Meloni definisce “così complesso e imprevedibile da far tremare le vene ai polsi”.
Nel suo discorso il Premier ha toccato diversi temi chiave del presente scenario politico internazionale, ribadendo che “ci sono temi divisivi e divergenze sul tavolo, a partire dai dazi. Ma proprio per questo ritengo che non bisogna agire d’impulso, ma in modo ragionato cercando ogni possibile punto di equilibrio”. Un approccio pragmatico, che punta a rafforzare il ruolo dell’Italia nel contesto euro-atlantico senza rinunciare a una linea di autonomia strategica.
La centralità dell’Italia
Meloni non ha negato le difficoltà del momento, ma ha rivendicato l’esigenza di una visione a lungo termine: “Penso che dobbiamo essere preparati a molti scenari diversi. Credo che le priorità individuate siano giuste, e che avevamo ragione quando dicevamo che l’Italia ha bisogno di un governo con una strategia di medio-lungo periodo”. Un messaggio rivolto sia al pubblico interno che ai partner europei e internazionali, nel tentativo di superare l’immagine di un’Italia schiacciata su posizioni anti-europeiste o legate esclusivamente ad alleanze personali.
L’intervento di Meloni al Congresso di Azione ha generato nei giorni precedenti una serie di letture speculative, che il Primo Ministro ha liquidato con ironia: “Ho letto cose bizzarre sulla mia presenza qui, come la teoria che volevo concedermi una scorribanda tra i moderati, ma dopo l’intervento di Calenda porto io la moderazione”. E ancora: “Un’altra ricostruzione surreale è che io sia qui per dare segnali ai miei alleati, pronta a sostituirli”. Parole, insomma, che mirano a smontare ogni tentazione dietrologica e a ribadire un metodo politico fondato sul confronto tra visioni differenti, ma accomunate dalla volontà di contribuire al bene comune: “Vengo da una storia politica e da una comunità che ha fatto del confronto con idee anche distanti la cifra della propria identità. Senza che questo mettesse mai in discussione chi eravamo”.
Un gesto politico o un’operazione di dialogo democratico?

Se da parte di alcuni ambienti politici e mediatici l’invito a Meloni è stato letto come una mossa ambigua o incoerente da parte di Carlo Calenda, il leader di Azione ha risposto con parole chiare e dirette: “Non c’è nessuna apertura a Destra, ma l’invito alla Meloni è segno di democrazia, nella quale si parla con l’avversario”. Un richiamo alla sostanza della politica democratica, che per Calenda non può ridursi a una contrapposizione sterile: “Come funziona questa democrazia? Funziona senza parlare con l’avversario perché è un nemico? Se la democrazia funziona così, allora l’abbiamo già persa”. Parole che suonano come un monito sia alla sua area politica sia alla polarizzazione crescente che spesso impedisce un confronto costruttivo.
Il leader di Azione ha rivendicato una linea di opposizione ferma, ma basata sul merito: “Da noi hanno un’opposizione intransigente, ma di merito. Perché io non credo che l’opposizione possa essere continuamente solo ed esclusivamente nutrita da attacchi personali”.