Un’emergenza sociale di vasta portata sta travolgendo il sistema abitativo italiano. Sono oltre 319.000 le famiglie che, secondo un report del Centro studi di Unimpresa, sono attualmente in lista d’attesa per un alloggio popolare. Un numero impressionante, che si traduce in una media di 12,6 richieste inevase ogni 1.000 nuclei familiari. A pesare su questa situazione è la gestione da parte dei comuni, che detengono la maggioranza del patrimonio di edilizia residenziale pubblica. La Lombardia guida la triste classifica con 67.176 domande giacenti, seguita dalla Sicilia (37.278) e dall’Emilia-Romagna (29.462). Tuttavia, è Bolzano a registrare l’incidenza più alta rispetto alla popolazione, con 22,4 domande inevase ogni 1.000 famiglie, un dato che evidenzia un disagio trasversale e diffuso. Al contrario, Valle d’Aosta e Molise si attestano sui livelli più bassi, rispettivamente con 2,7 e 4,3 richieste inevase. Il report mette in luce un netto divario tra Nord e Sud. Le regioni meridionali, pur beneficiando di una significativa spinta edilizia negli anni Ottanta, soffrono ancora di un accumulo storico di richieste non soddisfatte. Questo squilibrio si riflette anche nella vetustà del patrimonio abitativo: gran parte delle case popolari italiane, circa 752.217 unità, è stata costruita prima del 1980, con un picco tra gli anni Ottanta e un crollo drastico nella costruzione di nuovi alloggi dopo il 2010.
Comuni al centro della crisi
Il 53,4% del patrimonio di edilizia residenziale pubblica è gestito dai comuni, che si trovano spesso senza risorse adeguate per manutenzione e gestione. Gli enti territoriali per l’edilizia residenziale pubblica possiedono il 42,4% degli immobili, mentre altri enti pubblici, come ministeri e enti previdenziali, giocano un ruolo marginale. Secondo Unimpresa, questa concentrazione nelle mani delle amministrazioni cittadine fa ricadere su di esse gran parte della responsabilità del deficit abitativo. “La crisi è il risultato di decenni di mancanza di investimenti pubblici”, afferma Giovanna Ferrara, Presidente di Unimpresa. “La gestione comunale evidenzia la necessità di una riorganizzazione della governance per bilanciare le responsabilità e migliorare l’efficienza del sistema. Il degrado degli immobili, soprattutto nelle periferie urbane e nelle zone rurali, aggrava ulteriormente il problema”. L’analisi di Unimpresa sottolinea la vetustà del patrimonio abitativo pubblico: quasi la metà degli alloggi risale a prima del 1980, e solo il 2,2% è stato costruito dopo il 2010. Questo non solo riflette una drastica riduzione degli investimenti pubblici, ma pone anche seri problemi di sicurezza, efficienza energetica e qualità della vita per gli inquilini.