venerdì, 25 Ottobre, 2024
Attualità

“Nel 2023 dai Cpr rimpatriato solo il 10% delle persone con ordine di espulsione”

Il rapporto 'Trattenuti 2024' di Action Aid e del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari

Nel 2023 solo il 10% delle persone detenute nei Centri di permanenza per il rimpatrio italiani e colpite da un provvedimento di espulsione è stato effettivamente rimpatriato, rivelando poca efficacia di un sistema detentivo costoso e dai gravi risvolti umanitari. Il nuovo rapporto ‘Trattenuti 2024’, stilato da ActionAid e dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari, getta luce sulla gestione caotica e spesso disumana di 11 centri attivi in Italia nel 2023, descrivendoli come luoghi di sofferenza e spreco economico. I Cpr italiani sono strutture dal forte impatto psicologico sui detenuti, dove privazioni e condizioni malsane portano frequentemente ad atti di autolesionismo e rivolte. Nel 2023 i centri operavano solo al 53% della loro capienza, con strutture inadeguate e parzialmente danneggiate, mentre il numero dei rimpatri restava irrisorio: su 28.347 persone sottoposte a ordini di espulsione, solo 2.987 sono state effettivamente rimpatriate dai Cpr. A detta di Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni per ActionAid, “una politica che ottiene solo il 10% dei risultati attesi non è accettabile, a meno di riconoscere un obiettivo nascosto: erodere il diritto d’asilo assimilando i migranti a criminali”.

I Cpr, secondo lo studio, si sono rivelati anche un grave onere finanziario. Il centro di Roma a Ponte Galeria ha richiesto quasi 6 milioni di euro tra 2022 e 2023, mentre il Cpr di Brindisi, con solo 14 posti, ha un costo medio per detenuto di oltre 71.500 euro all’anno. Il sistema, in continua manutenzione straordinaria per far fronte ai danni, ha visto crescere i costi complessivi per riparazioni dai 1,3 milioni di euro del 2018 a 9,6 milioni nel 2022. Tra il 2018 e il 2023, la spesa complessiva ha superato i 93 milioni di euro, spesso in assenza di controlli trasparenti.

Un modello di detenzione disumano

A Torino, il Cpr è stato chiuso nel 2023, dopo che era costato oltre 3 milioni di euro per l’affitto della struttura e la gestione straordinaria. A Milano, scandali per frodi e condizioni di detenzione disumane hanno portato a una gestione commissariata. In diverse strutture, come quelle di Macomer e Palazzo San Gervasio, i costi del solo vitto e alloggio per le forze dell’ordine superano i costi di gestione dei detenuti stessi. Nel 2023, con l’entrata in vigore del Decreto Cutro, il Governo Meloni ha attivato un nuovo sistema di detenzione, prevedendo centri di frontiera per la gestione dei richiedenti asilo e introducendo un accordo con l’Albania per la detenzione dei migranti. La Sicilia è divenuta il principale hub del “trattenimento leggero”, come definito dal Ministro Piantedosi, accogliendo quasi la metà dei rimpatri nazionali, l’85% dei quali di cittadini tunisini, malgrado questi rappresentassero nel 2023 solo l’11% degli arrivi totali.

Con i costi detentivi già fuori controllo in Italia, l’accordo con l’Albania solleva ulteriori dubbi sull’efficacia di un modello di contenimento che, come evidenziato da Giuseppe Campesi dell’Università di Bari, ha già dimostrato di essere economicamente e umanamente insostenibile.

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