Crimea, vigilia di Natale 1914: i soldati vivono un tempo di terrore, morte, freddo che si spende in quelle fortificazioni di terra e sassi chiamate “trincee”, che attraversano le terre divenute campo di battaglia. È la prima vigilia di Natale di una guerra che non ha precedenti nella storia: la prima guerra mondiale. Dopo il mondo non sarà più lo stesso, anche soltanto per il numero di vittime che costerà la prima guerra a coinvolgimento mondiale: circa 26 milioni di morti tra militari e civili, secondo le più recenti stime.
Solo in Italia i morti furono centinaia di migliaia, come indica il Prof. Alessio Fornasin, appartiene al Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università degli Studi di Udine, che spiega che esistono molteplici fonti che indicano i caduti italiani della Grande guerra. Ad esempio lo “Scenario classico” detto “Mainstream del 1925 (Mortara) tiene conto di 651.000 caduti. La fonte “High counters” del 2014 (Scolè) conta 709.000 morti e infine è presente la “Visione Eretica” del 2017 (Fornasin) con 558.000 caduti. La prima guerra mondiale, la grande guerra, resta un giro di boa da cui non si tornerà più indietro, anche per le modalità di combattimento; si passa da guerre relativamente brevi a guerre di posizione e logoramento, in cui la trincea diventa il luogo in cui i soldati spenderanno la loro vita.
Le trincee, solchi scavati nel terreno per riparare dal nemico, potevano essere costituite da più livelli e da bunker e collegamenti sotterranei e la tipologia cambiava a seconda dei diversi fronti di guerra, delle esigenze dei militari e del terreno: potevano essere dei fossati oppure muretti a secco, ammassi di rocce o muri di cemento. Quel che è certo è che sarà talmente dominante il suo utilizzo che la prima guerra mondiale sarà detta anche “guerra di trincea”. La guerra sarà lunga e lascerà dietro di sé altrettanto lunghe linee di distruzione e morte “nonostante che da una parte e dall’altra ogni uomo desideri che cessi” come scrisse il maggiore Valentine Fleming al suo amico Winston Churchill.
Fleming era stato quasi tre anni in Francia, come capo squadriglia o secondo in comando, ed era stato menzionato due volte nei dispacci, prima che la bomba che pose fine alla sua vita lo trovasse nel 1917. Fin dall’inizio le sue lettere rivelarono le profonde emozioni che la devastazione e la carneficina della lotta suscitavano nel suo cuore. Anche Churchill, a cui le parole valsero più tardi un Nobel per la letteratura, scrisse lettere in cui si domandava quel che tutti ci domandiamo e che nessuno riuscì più a porre in atto: cosa accadrebbe se gli eserciti incrociassero le braccia e si rifiutassero di combattere? Sarà un soldato inglese, Tom, di cui non conosciamo il cognome, a farsi la stessa domanda in una lettera indirizzata alla sorella “…cosa accadrebbe se lo spirito del Natale fosse colto dai capi delle nazioni del mondo, se i nostri governanti si scambiassero auguri invece di ultimatum, doni al posto di rappresaglie? Non finirebbero tutte le guerre?”. Tom scriverà queste parole alla sorella in qualità di testimone di un meraviglioso quanto unico evento, la tregua di Natale del 1914, quando soldati tedeschi ed inglesi, stretti e intirizziti dentro le trincee stabilirono una pace temporanea per celebrare insieme la vigilia di Natale.
Ecco un altro passo della lettera che racconta la meraviglia dell’evento :”Durante la giornata ci sono stati scambi di fucileria. Ma quando la sera è scesa sulla vigilia, la sparatoria ha smesso interamente. Il nostro primo silenzio totale da mesi! Speravamo che promettesse una festa tranquilla, ma non ci contavamo. Di colpo un camerata mi scuote e mi grida: “Vieni a vedere! Vieni a vedere cosa fanno i tedeschi!” Ho preso il fucile, sono andato alla trincea e, con cautela, ho alzato la testa sopra i sacchetti di sabbia.
Non ho mai creduto di poter vedere una cosa più strana e più commovente. Grappoli di piccole luci brillavano lungo tutta la linea tedesca, a destra e a sinistra, a perdita d’occhio.” Che cos’è?” ho chiesto al compagno, e John ha risposto: “alberi di Natale!” Era vero. I tedeschi avevano disposto degli alberi di Natale di fronte alla loro trincea, illuminati con candele e lumini. E poi abbiamo sentito le loro voci che si levavano in una canzone: ‘ stille nacht, heilige nacht…’. Il canto in Inghilterra non lo conosciamo, ma John lo conosce e l’ha tradotto: ‘notte silente, notte santa’. Non ho mai sentito un canto più bello e più significativo in quella notte chiara e silenziosa. Quando il canto è finito, gli uomini nella nostra trincea hanno applaudito.
Sì, soldati inglesi che applaudivano i tedeschi!”. Da quel momento si spenderà l’evento più santo, umano, commovente ed esemplare della storia delle guerre da lì a venire: i soldati usciranno dalle trincee, si incontreranno a mezza strada dopo aver deposto le armi, si scambieranno parole, strette di mano e doni, ceneranno insieme davanti al falò e il giorno dopo giocheranno a pallone. All’inizio l’evento sarà tenuto nascosto e represso per ordini superiori e perché quella piccola pace avrebbe potuto essere una minaccia per la crescita dell’odio in ogni animo, senza il quale non si può uccidere un altro essere umano. Sarebbe stato bello se l’amore avesse vinto. Ma se il bene è una forza potente, capace di germogliare tra le macerie di tutto, è altrettanto potente il male che continua a proliferare di uomo in uomo.
Nulla è cambiato e anche in questo Natale, dopo oltre cento anni, l’umanità non è riuscita a realizzare una pace in cui abitare tutti. Niente, non abbiamo imparato niente. Oggi la domanda è: quando saremo stanchi di bambini morti? Quale è il numero che non possiamo accettare? Un segnale di protesta si è levato da Betlemme, in Cisgiordania, dove le autorità hanno deciso di sospendere i festeggiamenti pubblici del Natale, assolvendo soltanto le funzioni religiose, come gesto di solidarietà per la popolazione palestinese a Gaza.
Credo che tutti, in ogni parte del mondo, dovremmo sentire che il bambino Gesù muore e non nasce ogni volta che un bambino, in ogni parte del mondo muore. Stanca di strage di innocenti, la terra aspetta ancora che si compia il vero senso del Natale. Quando un bambino muore l’umanità ha fallito. Abbiamo fallito.