sabato, 27 Aprile, 2024
Politica

Meloni-Conte. Al Gran Giurì l’ardua sentenza

È durata circa un’ora e dieci l’audizione di Giorgia Meloni nella biblioteca del presidente della Camera al cospetto del Gran Giurì d’onore per rispondere dell’accusa di “lesa onorabilità” mossa dal leader del M5s, Giuseppe Conte, che ha richiesto la convocazione della commissione speciale per “ristabilire la verità dei fatti e ripristinare l’onore minato”.

Secondo Conte, il Presidente del Consiglio, il 12 dicembre, nel corso delle comunicazioni al Senato in vista del Consiglio europeo, è ricorsa a “menzogne denigratorie” relativamente alla firma di autorizzazione alle modifiche del Mes nel 2020, alla fine del governo Conte 2. In quell’occasione Meloni ha mostrato il fax inviato da Luigi Di Maio all’allora rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione Europea ambasciatore Massari, in cui lo autorizzava a siglare la modifica del trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità. “Questa firma – ha dichiarato la Premier – è stata fatta un giorno dopo le dimissioni del Governo Conte, quando il Governo Conte era dimissionato, in carica solamente per gli affari correnti, contro il parere del Parlamento, senza dirlo agli italiani e con il favore delle tenebre. Capisco il vostro imbarazzo: dalla storia non si esce. La propaganda si può fare, ma poi rimangono i fogli a dimostrare la serietà e questi fogli dimostrano la serietà di un Governo che in silenzio prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al Governo successivo”.

Una foto dell’Ansa, però, ha svelato che il fax “sventolato” in Senato è datato 20 gennaio 2020, sei giorni prima delle dimissioni di Conte. È Massari che firma il trattato il 27 gennaio, ma l’autorizzazione è arrivata prima. Per quanto riguarda, poi, il mandato parlamentare, le Camere autorizzarono la firma l’11 dicembre del 2019, con una risoluzione che impegnava Conte a “coinvolgere le Camere in ogni passaggio” come richiesto dalla ratifica di un trattato. Solo su un punto Meloni ha ragione, cioè che la riforma del Mes è stata firmata dal Governo un giorno dopo la sua caduta.

Ma cos’è il gran Giurì?

È una commissione bicamerale che rispecchia la composizione del Parlamento. Ha il compito di ascoltare le testimonianze dei deputati coinvolti, raccogliere la documentazione sul caso in esame e, in base a questi elementi, decide se l’onorabilità di chi lo ha convocato sia stata lesa o meno, per poi presentare le sue conclusioni alla Camera o al Senato, a seconda di dove sia stato richiesto. Praticamente non ha alcun potere, né sanzionatorio né punitivo, e ha solo un valore prettamente simbolico. Spesso addirittura le indagini si concludono nel nulla, senza nemmeno arrivare all’esposizione dei risultati alle Camere, ma con semplici scuse tra le parti. Per questo viene convocata molto di rado. Lo fece 2005 Silvio Berlusconi contro Franceschini e in questa legislatura Debora Serracchiani, Silvio Lai e Andrea Orlando contro Giovanni Donzelli.

La commissione di indagine convocata da Conte è presieduta da Giorgio Mulè, di Forza Italia, affiancato dai deputati Fabrizio Cecchetti della Lega, Filiberto Zaratti di Alleanza Verdi e Sinistra, Alessandro Colucci di Noi Moderati e Stefano Vaccari del Partito democratico. Per chiari motivi di imparzialità, non sono presenti membri né del M5s né di Fratelli d’Italia. Dopo le audizioni di entrambe le parti, Mulè ha dichiarato: “Non sono emerse circostanze tali che hanno spinto i commissari a chiedere una nuova audizione” e il prossimo passo sarà quello di “studiare e approfondire mettendo a confronto le dichiarazioni” e “successivamente redigere la redazione” entro il 9 febbraio, senza nessuna discussione o votazione successiva e senza nessuna ipotetica sanzione secondo l’articolo 58 del regolamento della Camera. Ma per Conte si è andati “ben oltre la normale dialettica parlamentare” e la questione è “di particolare gravità”, “suscettibile di produrre un’alterazione della fisiologica dialettica dei rapporti tra Governo e Parlamento”.

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