mercoledì, 8 Maggio, 2024
Società

La “Lectio Magistralis” di Mattarella

Autorevolezza, equilibrio, saggezza, rispetto e fedeltà alla Costituzione sono alcune delle sue doti del Presidente che hanno contribuito alla sua rielezione nel febbraio del 2022.

Una parte rilevante del discorso l’ha dedicata all’assillante pensiero sulle cause spesso futile e sugli effetti purtroppo duraturi delle guerre, di quelle in corso e di quelle evocate e minacciate, che si traducono in devastazioni, orribile ferocia contro persone inerme di ogni età e con atti di disumanità, tra Stati a noi vicini, nella società, nelle strade e nelle scene di vita quotidiana.

Il Presidente Mattarella mette in luce che ogni guerra genera odio e l’odio durerà moltiplicato per molto tempo dopo la fine dei conflitti; che le guerre violano la pari dignità come giustificazione a comportamenti sempre avvenuti nella storia, rifiutando il progresso della civiltà umana. Ne vanno vite spezzate, famiglie distrutte, generazioni perdute, peraltro tutto questo vicino a noi, nel cuore dell’Europa. Afferma, in particolare, che la guerra non nasce da sola e che non basterebbe neppure la spinta di tante armi che ne sono lo strumento di morte così diffuse e sempre più letali, fonte di enormi guadagni. Ribadisce che essa nasce da quel che c’è nell’animo degli uomini, dalla mentalità che si coltiva, dagli atteggiamenti di violenza di sopraffazione che si manifestano.

Afferma, altresì, che “per porre fine alle guerre in corso non basta invocare la pace, occorre che venga perseguita dalla volontà dei Governi, anzitutto di quelli che hanno scatenato i conflitti, ma anche respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati che mette a rischio le sorti dei rispettivi popoli e mina alle basi una società fondata sul rispetto delle persone. Conseguire la pace non è sufficiente far tacere le armi; costruirla significa prima di tutto educare alla pace, coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni, linguaggio compreso, rispettandosi riconoscendo le ragioni dell’altro, consapevole che la libertà degli altri completa la nostra libertà.

Parla della violenza che vediamo e incontriamo anche nella vita quotidiana, nel nostro paese e si sofferma sulla violenza che definisce più odiosa, quella sulle donne e si rivolge ai più giovani in modo accorato: “Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici, l’amore non è egoismo, dominio, malinteso orgoglio; l’amore, quello vero, è ben più che rispetto, è dono, gratuità, sensibilità”.

Elenca le altre forme di violenza, tra cui quella che si presenta sovente nella rete, ovvero quella coltivata talvolta come espressione di rabbia e al risentimento che cresce nelle periferie frutto spesso delle indifferenze e del senso di abbandono.

Ma c’è anche la pessima tendenza di identificare avversari o addirittura nemici verso i quali praticare forme di aggressività anche attraverso le accuse più gravi e infondate spesso travolgendo il confine che separa il vero dal falso.

Sentenzia dicendo che queste modalità aggravano la difficoltà di occuparsi efficacemente dei problemi e delle emergenze che cittadini e famiglie devono affrontare giorno per giorno; il lavoro che manca pur in presenza di un significativo aumento dell’occupazione, quello sottopagato, quello sovente non in linea con le proprie aspettative o con gli studi seguiti, il lavoro a condizioni inique e di scarsa sicurezza con tante inammissibili vittime; le immani differenze di retribuzione tra i poco super privilegiati e tanti che vivono nel disagio, le difficoltà che si incontrano nel diritto alle cure sanitarie per tutti con liste di attesa per visite ed esami in tempi inaccettabilmente lunghi; la sicurezza della convivenza che lo Stato deve garantire anche contro il rischio di diffusione delle armi rispetto allo scenario in cui ci muoviamo.  I giovani si sentono fuori posto disorientati se non estraneo a un mondo che non possono comprendere e di cui non condividono andamento e comportamenti. Un disorientamento che nasce dal vedere un mondo che disconosce le loro attese, debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa, incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale in una società così dinamica come quella di oggi.

Una saggia elencazione di problematiche e disfunzioni di cui tutte le Istituzioni, ai vari livelli, politica compresa, non potranno d’ora in poi non approfondire.

Non manca, oltretutto, lo specifico richiamo alla nostra Costituzione, della quale il Presidente della Repubblica è garante e custode, con un occhio particolarmente vigile alla “parte prima” sottratta almeno nei “Principi Fondamentali” a qualsiasi forma di revisione e ancora, purtroppo, non interamente e adeguatamente applicata.

E per i bisogni dei giovani, delle speranze che coltivano, della loro capacità di cogliere il nuovo, il Presidente Mattarella dichiara che: “dipende da tutti noi far prevalere sui motivi di allarme delle opportunità di progresso scientifico di conoscenza di dimensione umana”.

Evoca, in modo chiaro, affermando che: “Quando la nostra Costituzione parla dei diritti usa il verbo riconoscere.  Significa che i diritti umani sono nati prima dello Stato e che una democrazia si nutre prima di tutto della capacità di ascoltare e vedere senza filtri situazioni spesso ignorate che ci pongono di fronte a una realtà a volte difficile da accettare e affrontare come quella di tante persone che vivono una condizione di estrema vulnerabilità e fragilità rimasti isolati in una società pervasa da quella cultura dello scarto così efficacemente definita da Papa Francesco.”

Parole di apprezzamento e di rispetto per gli anziani, per la loro saggezza e esperienza, che hanno contribuito alla crescita dell’Italia, per cui è doveroso ascoltare quelli preoccupati di pesare sulla loro famiglia, mentre proprio il sistema assistenziale fatica a dar loro aiuto.

L’elegante e puntigliosa analisi dei diritti da parte del Presidente Mattarella, come un fiume in piena, prosegue nel ricordare che: “Affermare i diritti significa prestare attenzione alle esigenze degli studenti che vanno aiutati a realizzarsi, il cui diritto allo studio incontra nei fatti ostacoli a cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie improponibili per la maggior parte delle famiglie; significa rendere effettiva la parità tra donne e uomini nella società nel lavoro nel carico delle responsabilità familiari; significa non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti ma ascoltare; significa anche saper leggere la direzione e la rapidità dei mutamenti che stiamo vivendo. Adesso l’intelligenza artificiale che si autoalimenta sta generando un progresso inarrestabile destinato a modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali; ci troviamo nel mezzo di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio; dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana.

Non poteva non mancare la principale contemplazione del principio di libertà e democrazia che i nostri padri costituenti hanno individuato nell’esercizio del diritto di voto, incoraggiando l’esercizio di tale diritto. In merito il Presidente Mattarella, sensibilizza tutti alla partecipazione attiva alla vita civile a partire dall’esercizio del diritto di voto per definire la strada da percorrere; è il voto libero che decide non rispondere a un sondaggio o stare sui social perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà, libertà che quanti esercitano pubbliche funzioni a tutti i livelli sono chiamati a garantire; libertà indipendente da abusivi controlli di chi gestori di intelligenza artificiale o di potere possa pretendere di orientare il pubblico sentimento non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione o dalla indifferenza; non dobbiamo chiuderci in noi stessi per timore che le impetuose novità che andiamo davanti portino soltanto pericoli. Prima che un dovere partecipare alla vita e alle scelte della comunità è un diritto di libertà, anche un diritto al futuro, alla costruzione del futuro.  Partecipare significa farsi carico della propria comunità, ciascuno per la sua parte.

E fra le varie forme di partecipazione, il Presidente Mattarella indica il dovere di “contribuire anche fiscalmente”, rimarcando che  “l’evasione riduce in grande misura le risorse per la comune sicurezza sociale e ritarda la rimozione del debito pubblico che ostacola il nostro sviluppo; contribuire alla vita e al progresso della Repubblica, della patria non può che suscitare orgoglio negli italiani”; ascoltare quindi partecipare, cercare con determinazione e pazienza quel che unisce perché la forza della Repubblica è la sua unità; unità non come risultato di un potere che si impone; l’unità della Repubblica è un modo di essere, di intendere la comunità nazionale uno stato d’animo, un atteggiamento che accomuna perché si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà, solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace. I valori che la Costituzione pone a base della nostra convivenza e che appartengono alla identità stessa dell’Italia.

Nella conclusione del suo discorso il Presidente Mattarella non esita ad esaltare comportamenti meritevoli di apprezzamento e di rafforzamento della identità stessa dell’Italia dicendo che: “questi valori, nel corso dell’anno che si conclude, li ho visti testimoniati da tanti nostri concittadini; li ho incontrati nella composta metà della gente di Cutro; li ho riconosciuti nella operosa solidarietà dei ragazzi di tutta Italia che sui luoghi devastati dall’alluvione sparavano il fango e cantavano “Romagna mia”; li ho letti negli occhi e nei sorrisi dei ragazzi con autismo che lavorano con entusiasmo a pizzaut promossa da un gruppo di sognatori che cambiano la realtà o di quelli che lo fanno a Casal di Principe, laddove i beni confiscati alla camorra sono diventati strumenti di riscatto civile di impresa sociale di diffusione della cultura, tenendo viva la lezione di legalità di don Diana; l’ho visto nel radunarsi spontaneo di tante ragazze dopo i terribili episodi di brutalità sulle donne con l’intento di dire basta alla violenza e di ribellarsi a una mentalità di sopraffazione; li vedo nell’impegno e nella determinazione di donne e uomini in divisa che operano per la nostra sicurezza in Italia e all’estero; nella passione civile di persone che lontano dai riflettori della notorietà lavorano per dare speranza e dignità a chi è in carcere o di chi ha lasciato il proprio lavoro come è avvenuto per dedicarsi a bambini, ragazzi e mamme in grave difficoltà. A tutti loro esprimo la riconoscenza della Repubblica perché le loro storie raccontano già il nostro futuro: ci dicono che “”Uniti siamo forti””.

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