mercoledì, 1 Maggio, 2024
Esteri

Qatar in campo per la liberazione di 13 ostaggi e 7 stranieri

Una scarica di emozioni contrastanti, di ansia e di speranza arriva da Israele, dove padri, figli, madri, mogli, nonne, si riabbracciano dopo oltre un mese di “inferno” e altri stanno sulle spine attendendo. Ieri, per tutto il giorno è stato rimandato il secondo rilascio di ostaggi. Non è finita, ma la speranza che finisca si è fatta concreta. Sono state autorizzate alla divulgazione foto e video e l’abbraccio tra il piccolo Ohad Munder e il padre ha fatto il giro del mondo. Ohad, 9 anni compiuti durante il sequestro, 49 giorni nei tunnel di Hamas, ha riabbracciato il genitore nell’ospedale pediatrico Schneider a Petah Tikva dopo essere stato rilasciato nel primo gruppo dello scambio tra Israele e i terroristi. Un abbraccio simbolo della ritrovata libertà per innocenti trascinati in un dramma mortifero al quale la comunità internazionale sta cercando di porre fine. Ohad, magro con una maglietta grigia e gli occhiali da vista, scorge il padre e corre verso di lui che lo raccoglie in un abbraccio liberatorio. Un buon segno anche per coloro che sono ancora prigionieri. Ieri altro giorno di tregua, ma con tanta ansia perché i tempi del rilascio degli ostaggi sono stati rallentati “per motivi tecnici”; a sera Hamas ha accusato Israele di aver modificato le liste, mentre Israele ha smentito la versione dei miliziani e ha dato un ultimatum a mezzanotte, ora oltre la quale sarebbe ripreso il fuoco.

Hamas ha ancora 230 ostaggi

Decine di sfollati dal Kibbutz Beeri si erano riuniti nella hall di un hotel del Mar Morto, di fronte a un grande schermo, aspettando con impazienza la notizia degli altri 13 ostaggi nel giorno della ritrovata libertà. Anche ieri sera, a Tel Aviv, il Forum delle famiglie degli ostaggi ha indetto una manifestazione per “marcare i 50 giorni di inferno”. Lotan Alon, il coordinatore della comunità del kibbutz, ha detto: “finalmente abbiamo un momento di gioia dopo 50 giorni di tristezza, dolore e perdita. Possiamo finalmente sorridere e ricordare che abbiamo ancora più famiglie che hanno bisogno di tornare, e il Paese ha bisogno di garantire il loro ritorno. È una grande gioia venata di grande speranza”. Gli ostaggi israeliani, come l’altro ieri, sono stati consegnati da Hamas alla Croce Rossa. Mentre secondo il portavoce delle Forze di difesa israeliane restano ancora 230 ostaggi nelle mani di Hamas.

Halevi: torneranno tutti

Da una parte le organizzazioni umanitarie, ma soprattutto le diplomazie di Qatar, Egitto e Stati Uniti, dall’altro i combattenti. Il capo di Stato maggiore dell’Idf, generale Halevi, ha dichiarato che “il cessate il fuoco non è avvenuto in questo accordo se non per la pressione esercitata dall’esercito. Non abbiamo intenzione, desiderio o disponibilità a fermare questo sforzo prima di riportare indietro tutti gli ostaggi. Torneremo – ha aggiunto Halevi – per creare un’enorme pressione per riportare indietro il maggior numero di prigionieri il più rapidamente possibile, fino all’ultimo. Abbiamo il dovere di combattere e mettere in pericolo le nostre vite in modo che possano tornare e vivere in sicurezza nelle loro case.” Intanto il ministro degli Esteri, Eli Cohen, ha visitato i 10 thailandesi e un filippino liberati, mentre sono ancora sequestrati altri 20. “I cittadini israeliani e stranieri – ha detto – hanno avuto un destino comune di fronte a un nemico crudele”. Cohen ha poi aggiunto che Israele continuerà a lavorare per liberare tutti gli ostaggi, compresi oltre una decina di lavoratori stranieri che rimangono prigionieri. Dalla Casa Bianca si attende anche il rilascio dei cittadini americani: “il Presidente ha assicurato il rilascio di due cittadini americani come apripista per questo più ampio rilascio. Non commenteremo i singoli casi poiché il processo è in corso.” “Ci aspettiamo che altre decine, compresi gli americani, verranno restituiti alle loro famiglie”, è scritto su X del Presidente americano, Joe Biden.

Esperti del Qatar in Israele

Hamas ha reso noto di aver localizzato altri ostaggi, tra 10 e 20 persone, che potrebbero entrare a far parte della lista di coloro che possono essere rilasciati. Un modo per chiedere ancora giorni di tregua e per arrivare dai 50 ostaggi, sui quali si è chiusa la prima fase della trattativa, almeno fino a 80 persone. A fronte dei 13 previsti ieri, Israele scarcera altri 42 palestinesi. L’Egitto che si è prodigato perché tutto andasse liscio, riferisce che sono in corso negoziati per prolungare il cessate il fuoco di un giorno o due, al fine di liberare più ostaggi. A questo proposito l’Egitto ha ricevuto “indicazioni positive da entrambe le parti”. E ieri, fatto “inusuale”, un aereo del Qatar (Paese che non ha relazioni diplomatiche con Israele) è stato fatto atterrare a Tel Aviv per portare una delegazione specializzata nelle trattative che continuerà anche “sul campo” a fare in modo che tutto quanto concordato venga rispettato e vada a buon fine.

Aiuti anche a nord

Duecento camion carichi di aiuti umanitari sono entratinella Striscia di Gaza, parte dei rifornimenti sono stati indirizzati anche nella zona nord per la prima volta dall’inizio della guerra, ma sempre sotto il controllo di Israele. Il capo politico di Hamas, Taher al-Nunu, ha dichiarato che “ci sono molte violazioni dell’accordo da parte di Israele”, puntualmente smentite, riferendosi anche al ritardo del rilascio, pare dovuto a difficoltà di coordinamento per scarcerare i palestinesi detenuti, sottolineando in ogni caso che i miliziani sono “aperti alle proposte dei mediatori e siamo pronti per esaminare proposte di nuovi accordi”. “Se Israele non si impegna a fornire aiuti al nord di Gaza, mette a rischio l’intero accordo”, ha affermato al-Nunu, aggiungendo che “Israele ha anche violato l’accordo facendo aprire il fuoco ai soldati in diverse località, provocando la morte di due persone”. Hamas ha anche dichiarato che dei camion previsti dall’accordo ne sono arrivati soltanto la metà.

Israele attacca UN Women

In Israele, ieri, nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è stata lanciata una campagna social con slogan come: “lo stupro non è mai un mezzo per ottenere la libertà”, “immagina se il tuo stupratore venisse chiamato combattente per la libertà”, “lo stupro non dovrebbe mai essere usato come arma di guerra” e “il tuo silenzio è assordante”. La campagna è “Believe Israeli Women” e condanna gli stupri avvenuti su donne, anche anziane e adolescenti nelle comunità israeliane intorno a Gaza assaltate il 7 ottobre. L’iniziativa è stata rilanciata con gli hashtag “BelieveIsraeliWomen” e “MeToo_Unless_UR_a_Jew” e denuncia anche  la mancata condanna da parte degli organismi internazionali e delle organizzazioni per i diritti delle donne. Il Ministero degli Esteri israeliano si è scagliato contro l’ufficio delle Nazioni Unite per le questioni femminili per aver impiegato 50 giorni per commentare le prove della violenza sessuale perpetrata durante il massacro di Hamas del 7 ottobre; hanno “solo rilasciato” una breve dichiarazione in cui esprime “allarme” sulla questione. “Per quasi 50 giorni UN Women ha taciuto sugli stupri, gli omicidi e i rapimenti di centinaia di donne e ragazze israeliane. Sette settimane dopo, tutto ciò che riescono a dire è ‘allarme’. Vergognoso”, scrive il Ministero.

L’Iran provoca

Una provocazione in mare sarebbe avvenuta dall’Iran: una nave porta container di proprietà di un imprenditore israeliano è stata attaccata da un drone nell’Oceano indiano. Lo ha riferito un funzionario della difesa Usa ai media internazionali. L’attacco, avvenuto nel primo giorno della tregua tra Hamas e Israele, ha coinvolto la “CMA CGM Symi”, che batte bandiera maltese, presa di mira, in acque interazionali, da un drone Shahed-136.

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