martedì, 30 Aprile, 2024
Economia

Tasse, a giugno record versati 63.9 miliardi

Cgia: meno evasione ma non per le multinazionali

Fisco ricco a giugno. Così il mese trascorso ha fatto felice l’erario tra le ritenute Irpef dei dipendenti, l’Iva, l’Ires, l’Imu, l’Irap, l’Irpef in capo ai lavoratori autonomi, le addizionali, e altro. L’Ufficio studi della società di analisi socio economiche, Cgia di Mestre, ha stimato in 63,9 miliardi di euro l’ammontare complessivo delle tasse versate nelle casse dello Stato. A conti fatti giugno e novembre sono i mesi top per i pagamenti perché si concentrano il maggior numero di scadenze fiscali.
Difficile anche pagare “C’è comunque dell’altro da segnalare”, fa presente la Cgia, “Non solo paghiamo molto – e questo lo possono affermare tutti coloro che sono “conosciuti” dall’Amministrazione finanziaria – ma, come ha ricordato recentemente anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, pure pagare le tasse è estremamente difficile”. Commercialisti in crisi La complessità e la farraginosità del sistema tributario creano grandi difficoltà interpretative persino agli addetti ai lavori, “come i commercialisti, gli esperti fiscali delle associazioni di categoria o dei Caf. Figuriamoci gli imprenditori”, annota la società mestrina, “in particolar modo quelli di piccola dimensione che subiscono 80 scadenze tributarie e contributive ogni anno”.

Liquidità diminuita

“Travolti” da questo dedalo fiscale, con il rallentamento dell’economia è diminuita la liquidità disponibile per onorare questi impegni, “anche alla luce del fatto”, sottolinea la società mestrina, “che i committenti
hanno allungato i tempi di pagamento e le banche sono tornate a erogare il credito con il contagocce”.

Imposte e tasse in miliardi Irpef, Iva e Ires le più salate

Dall’analisi dei risultati emersi da questa elaborazione, l’Ufficio studi della Cgia segnala che nello scorso mese di giugno l’impegno economico più gravoso ha riguardato il pagamento delle ritenute Irpef
dei dipendenti e dei collaboratori che ammontano a 13,9 miliardi di euro. “Per i contribuenti con scadenza mensile (imprese e lavoratori autonomi), il versamento dell’Iva relativo al mese di maggio ha toccato
i 13 miliardi di euro”, calcola l’Ufficio studi, “Altrettanto oneroso è stato il versamento del saldo 2022 e dell’acconto 2023 relativo all’Ires (Imposta sui redditi delle società di capitali). Le imprese hanno dato
all’erario 12,7 miliardi di euro. Il pagamento della prima rata dell’Imu-Tasi sulle seconde/terze case, sui capannoni, gli uffici e i negozi è costato 9,8 miliardi di euro. Il saldo 2022 e l’acconto 2023
dell’Irap, invece, hanno “prelevato” dalle attività produttive 4,9 miliardi”. L’Irpef, prosegue nei suoi calcoli la Cgia, in capo a tutti i lavoratori indipendenti (partite Iva) e agli altri percettori di reddito (da fitti, altri proventi, etc.) è costata 3,7 miliardi, mentre la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti (Tari) ha consentito alle multiutility che gestiscono questo servizio di incassare 2,6 miliardi di euro.
Le modifiche legislative L’Ufficio studi fa notare che il gettito di ciascuna imposta riportata nell’elaborazione è stato stimato sulla base dell’andamento registrato negli ultimi anni. “Oltre a ciò”, osservano gli analisti, “si è tenuto conto anche degli effetti economici dovuti alle modifiche legislative intervenute nell’ultimo periodo”.

Buste paga più pesanti

Grazie al decreto Lavoro approvato definitivamente il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 35 mila euro lordi sale di 4 punti percentuali. “La misura, però, sarà temporanea.
Entra in vigore oggi e terminerà il prossimo 31 dicembre”, puntualizza la Cgia, “Nel dettaglio: per gli stipendi fino a 25 mila euro lordi, il taglio del cuneo passa dal 3 al 7 per cento. Questo comporterà un ipotetico aumento dello stipendio attorno ai 70 euro al mese; per le retribuzioni da 25 a 35 mila euro lordi, invece, la riduzione sale dal 2 al 6 per cento. Si ipotizza un aumento in busta paga di circa 90 euro mensili. Al netto dei lavoratori agricoli e domestici, nel settore privato del nostro Paese sono interessati da questa misura poco più di 13,5 milioni di dipendenti, pari all’86,3 per cento circa del totale dei lavoratori dipendenti occupati nel settore privato”

Evasione alta ma in discesa

Nel 2022 il fisco, nei calcoli fatti dalla Cgia, ha recuperato dalla lotta all’evasione oltre 20 miliardi di euro. “Questo dato, annunciato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze è l’ennesima dimostrazione
che negli ultimi anni la lotta contro l’infedeltà fiscale sta dando i suoi frutti”, osserva ancora la società mestrina. “Sebbene il 2020 sia stato un anno molto particolare a causa della pandemia, il tax gap stimato dal Ministero è sceso a 89,8 miliardi di euro; di cui 78,9 sono ascrivibili al mancato gettito tributario e gli altri 10,8 miliardi sono il “frutto” dell’evasione contributiva”. “Pur non potendo contare su quasi 79 miliardi di euro di tasse ogni anno”, rivela l’Ufficio studi, “un importo che purtroppo rimane ancora straordinariamente elevato, l’Amministrazione finanziaria italiana sembra essere riuscita a imboccare la strada giusta per combattere efficacemente questa piaga sociale ed economica che da sempre caratterizza negativamente il nostro Paese.

Gli evasori intercettati

Molte dono state le iniziative dell’Agenzia delle entrate. Tra la compliance fiscale, lo split payment la fatturazione elettronica e l’invio telematico dei corrispettivi, una serie di contribuenti – tra
cui gli evasori incalliti, chi riceveva i pagamenti dallo Stato per un servizio o una prestazione lavorativa resa e poi non versava l’Iva e, infine, i professionisti delle cosiddette “frodi carosello”, – sono stati indotti a ravvedersi. “Non solo”, spiega la Cgia, “Anche il leggero calo della pressione fiscale registrato in questi ultimi anni ha sicuramente avuto un effetto positivo sul fronte delle entrate. Sebbene sia ancora del tutto insufficiente, la contrazione del carico fiscale ha contribuito, in parte, a ridurre l’evasione, soprattutto quella che in gergo viene chiamata di “sopravvivenza”.

Gli sconosciuti al fisco

Purtroppo, chi è completamente sconosciuto al fisco continua imperterrito a farla franca, osserva la Cgia, “così come le organizzazioni criminali di stampo mafioso che sempre con maggior dedizione seguitano a coltivare i propri traffici illegali”.

Le multinazionali libere

Poco “sensibili” alla fedeltà fiscale lo sono anche quelle multinazionali e i giganti del web che, in Italia, realizzano profitti milionari, ma la stragrande maggioranza delle imposte le versano nei paesi a elevata fiscalità di vantaggio. “Secondo l’Area studi di Mediobanca”, cita la Cgia, “ad esempio, nel 2021 il 30 per cento circa dell’utile ante imposte delle 25 principali big tech presenti nel nostro
Paese è stato tassato in Paesi a fiscalità di vantaggio. Questa forma di elusione ha consentito a queste realtà di risparmiare 12,4 miliardi di euro di tasse; se consideriamo il triennio 2019-20217, tale importo è
salito a 36,3 miliardi di euro”. Francia, Belgio e Italia In UE solo la Francia e il Belgio hanno registrato un peso fiscale superiore al nostro. Se a Parigi la pressione fiscale nel 2022 era al 47,7 per cento del Pil, a Bruxelles si è attestata al 45,1 per cento. “Da noi, invece”, avverte la Cgia, “ha toccato la soglia record del 43,5 per cento. Tra i 27 dell’UE, l’Italia si “colloca” al terzo posto. La Germania, invece, si è posizionata al 9°
posto con una pressione fiscale del 41,9 per cento, mentre la Spagna la scorgiamo al 12° posto con il 38,5 per cento”. La media dei Paesi dell’Area dell’Euro è stata del 41,9 per cento.

L’oppressione fiscale

Oltre ad avere un carico fiscale tra i più elevati d’Europa, l’Italia è il Paese, fa presente l’Ufficio studi, assieme al Portogallo, dove pagare le tasse è più difficile, in particolar modo per le imprese. “Secondo le ultime statistiche elaborate dalla Banca Mondiale (Doing Business 2020), i nostri imprenditori “perdono” 30 giorni all’anno, pari a 238 ore”, calcola la Cgia, “per raccogliere tutte le informazioni necessarie per calcolare le imposte dovute; per completare tutte le dichiarazioni dei redditi e per presentarle all’Amministrazione
finanziaria; per effettuare il pagamento on line o presso le autorità preposte. In Francia per espletare le incombenze burocratiche derivanti dal pagamento delle tasse sono necessari solo 17 giorni (139 ore), in Spagna 18 (143 ore) e in Germania 27 (218 ore), mentre la media dell’Area dell’Euro è di 18 giorni (147 ore)”. I dati, segnala infine la società di Mestre, “si riferiscono a una media impresa (società a responsabilità limitata), al secondo anno di vita e con circa 60 addetti”.

 

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