Un fenomeno che mette in crisi le piccole imprese agricole: prezzi giù per chi produce e prezzi alti per chi acquista. Una filiera che danneggia le attività produttive che già devono tener testa ai cambiamenti climatici e alla richiesta di più cibo.
“Assistiamo ad una discrepanza ormai consolidata tra i prezzi agricoli e quelli dei prodotti ai consumatori. Come dimostrano le recenti rilevazioni dell’indice Fao, mentre questi ultimi continuano a crescere, i primi calano”. La denuncia arriva dal presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti durante un confronto tenuto a Viterbo che ha chiuso il ciclo di appuntamenti preliminari al Food System Summit, in programma a Roma, nella sede della FAO, dal 24 al 26 luglio.
Sale la richiesta di cibo
Un altro tema affrontato da Giansanti è quello della crescita della domanda di cibo e della conseguente necessità di aumentare la produzione agricola. Megatrend che vedono coinvolte tutte le economie mondiali. “Nel prossimo decennio dovremo aumentare la produzione agricola media globale del 28%”, afferma Giansanti, “Ciò comporterà cambiamenti nell’assetto stesso del settore primario. Sarà, infatti, necessario stabilire su dove distribuire questo incremento e con quali strumenti e risorse. Non solo: a tale aumento non corrisponderà una crescita del numero di ettari di terreno coltivabili, anzi, il contrario”.
Clima tra siccità e alluvioni
Tema centrale della riflessione del leader della Confagricoltura è quello dei cambiamenti climatici. “L’anno che stiamo vivendo è stato davvero anomalo”, spiega Giansanti, “passando da siccità ad alluvioni che stanno mettendo in crisi intere produzioni. Basti pensare che, anche se siamo a giugno, nelle campagne italiane non c’è ancora una sola mietitrebbia in azione”.
Emissioni ridotte del 20%
Il sistema primario deve essere parte della soluzione, come lo è stato fino ad oggi. “A livello mondiale, nell’arco di 30 anni il settore agricolo ha ridotto le emissioni pro capite del 20%”, ha detto Giansanti, “Secondo un recente studio dell’Università di Oxford, negli ultimi 10 anni in Italia le attività zootecniche hanno contribuito a raffreddare l’atmosfera con un risparmio di 49 milioni di tonnellate di CO2. Numeri”, aggiunge, “che dimostrano che il modello agricolo italiano è tra i più avanzati”.
La ricerca ci aiuterà
In questo quadro si inseriscono il processo di transizione ecologica e l’applicazione della ricerca di base al miglioramento delle specie vegetali e animali. Riferendosi all’emendamento sulle Tecniche di Evoluzione Assistita recentemente approvato, il presidente di Confagricoltura auspica. “Spero che adesso l’iter di conversione in legge non incontri ostacoli. L’apertura alla ricerca genomica è importante”, puntualizza infine Giansanti, “e trova preparate le università italiane che, nonostante il lungo periodo di oscurantismo che abbiamo vissuto, non hanno smesso di lavorare e trovare soluzioni che miglioreranno quantità e qualità dei nostri prodotti. E per questo dobbiamo ringraziarle”.