giovedì, 18 Aprile, 2024
Manica Larga

Caro affitti: si tenda la mano agli studenti

Che il caro vita stia facendo sentire i suoi effetti anche sull’accesso all’istruzione superiore mi pare sia un tema. Che la questione rappresenti un nervo scoperto, pure. Non è un caso se le manifestazioni degli studenti universitari, accampati in tenda davanti ad alcuni atenei italiani per protestare contro il caro affitti, suscitino reazioni rumorose e prime pagine polemiche. Perché delle due l’una: o la faccenda non rappresenta un problema e quindi non gli dai peso oppure, se ne fai il perno della tua narrazione, stai ammettendo che il problema esiste. Eccome.

Insomma, piaccia o meno, siamo di fronte a una questione delicata e complessa allo stesso tempo, che non solo andrebbe posta come priorità politica, ma per affrontare la quale servirebbe un atteggiamento lucido e pacato, se si vuol stabilire un punto di partenza credibile per un dialogo costruttivo. Ammesso che lo si voglia.

Tante realtà, molte soluzioni

Visti dal campo, ho per esempio scoperto che alcuni atenei permettono di studiare da remoto per aiutare famiglie e studenti a far fronte ai costi della vita sempre crescenti. Altri hanno adattato il proprio modello di business aprendo sedi in diverse città e nazioni. Esistono alloggi dedicati agli studenti cui è possibile accedere senza pagare uno sproposito. Esistono borse di studio, sconti sulle tasse, strumenti privati come i prestiti ripagabili con una cifra mensile irrisoria quanto si è cominciato a lavorare. E via dicendo.

Ovviamente non basta e, infatti, sono molti gli studenti che devono far da sé per integrare questi aiuti con esperienze lavorative collaterali durante il percorso di studi. Cosa che, in linea di principio, ha i suoi vantaggi. Per esempio, acquisire esperienza lavorativa fa ben sperare per un futuro ingresso nel mercato del lavoro. Per converso, anche questa soluzione ha i suoi limiti. Per esempio, studenti poco recettivi in classe magari per un turno notturno. In alcuni casi abbiamo scoperto studenti che seguivano lezioni da remoto mentre si trovavano sul posto di lavoro. Più in generale è facile constatare come tutto questo abbia un impatto negativo non solo sulla frequenza, che va a scemare per ovvie ragioni, ma anche sulla resa finale di studenti esausti e poco focalizzati.

Volere è potere

Insomma, esiste un campo di gioco e sarebbe anche possibile mettersi a tavolino per studiare e implementare  interventi che siano sostenibili per ciascun contesto e di lungo periodo. Si chiama innovazione. Non ci sarebbero limiti all’immaginazione, anche perché, con quell’atteggiamento imprenditoriale che dovrebbe essere il cuore di un certo tipo di pensiero politico, ogni crisi porta con sé un’opportunità.

Tuttavia, in assenza di una narrativa che unisca invece di dividere in un “me contro te” che ha il solo effetto di surriscaldare gli animi per delegittimare una precisa istanza sociale o di finire per essere derubricato a rumore, è difficile pensare a una partecipazione corale e costruttiva di tutti i soggetti che potrebbero essere coinvolti per affontare un problema che riguarda, più in generale, l’inclusione sociale. In fondo, dietro a ogni studente ci sono famiglie e tanti posti di lavoro, presenti e futuri. E si sa che quando il prodotto interno lordo va giù, il voto cambia. È l’ABC della politica, bellezza.

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