giovedì, 18 Aprile, 2024
Attualità

Russia, la feroce repressione per sostenere la guerra

Secondo la rivista Foreign Policy, il Cremlino ha stabilito un vero e proprio record in materia di repressione del dissenso in Russia.

Dieci giorni dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, il 6 marzo 2022, decine di migliaia di russi erano scesi in piazza per protestare. La polizia russa ha arrestato più persone quel giorno che in qualsiasi altro giorno negli oltre due decenni di potere putiniano. L’entità numerica di questi arresti – più di 4600 – indica chiaramente la vera reazione dell’opinione pubblica russa alla guerra.

Un anno dopo l’inizio dell’invasione, il fatto che i russi continuino a protestare contro la guerra, anche se in modi non sempre visibili agli osservatori occidentali, ha importanti implicazioni per il futuro della guerra e della stessa Russia.

Sotto Putin, la repressione è diventata la nuova normalità, ma si è intensificata drammaticamente nel 2020 dopo che le proteste di massa in Bielorussia hanno minacciato il regime dello fidato alleato di Putin, Alexander Lukashenko. Putin ha risposto a queste proteste non solo fornendo intelligence, forze militari e sostegno finanziario al Presidente bielorusso, ma anche intensificando la repressione contro l’opposizione russa, culminata con il tentato assassinio di Alexei Navalny.

L’avvelenamento di Navalny nell’agosto 2020 è stato il primo atto di una campagna statale per distruggere ciò che restava dell’attivismo politico, mediatico e civico indipendente in Russia. Subito dopo il ritorno in Russia nel gennaio 2021, Navalny è stato arrestato, pochi mesi dopo la “Fondazione anticorruzione” è stata dichiarata “organizzazione estremista” ed è stata costretta a chiudere. Molti dei suoi dipendenti hanno dovuto lasciato il Paese a causa della minaccia di subire  procedimenti penali.

Insieme agli attacchi all’opposizione politica, molto prima dell’inizio dell’invasione, iniziò una dura campagna governativa contro i media indipendenti. Nel dicembre 2020, il governo ha modificato la legge sugli “agenti stranieri”, rendendo l’etichetta potenzialmente applicabile a quasi tutti i cittadini russi e definendo le sanzioni per il mancato rispetto della legge. Nel corso del 2021, quasi tutti i principali media indipendenti russi, i loro leader ed i giornalisti che vi lavoravano divennero “agenti stranieri”, il che ne limitò seriamente la capacità di continuare ad operare restando all’interno del Paese.

Un capitolo a parte di questa campagna repressiva ha riguardato la modifica della legge sugli “agenti stranieri”, che è stata immediatamente utilizzata contro gli attivisti russi per i diritti umani e le organizzazioni non governative. La campagna è culminata nel dicembre 2021 con una decisione del tribunale che ha sciolto Memorial, il più antico gruppo russo per i diritti umani e pilastro della società civile russa sin dal crollo dell’Unione Sovietica.

È probabile che l’obiettivo di Putin, fin dall’inizio, fosse quello di sopprimere ogni possibilità di protesta contro l’invasione in Ucraina, per la quale erano già in corso i preparativi. Ma dal febbraio 2022 le restrizioni alle libertà politiche imposte dal governo russo sono diventate ancora più severe.

In sole due settimane, diversi articoli sono stati introdotti contemporaneamente nei codici penale ed amministrativo, punendo la “diffusione di informazioni deliberatamente false” ed il “discredito” delle forze armate russe e delle operazioni militari in Ucraina, con una pena massima prevista di 15 anni.

I principali media indipendenti che ancora operavano in Russia sono stati costretti a chiudere e la censura delle telecomunicazioni ha bloccato i loro siti, così come quelli dei media indipendenti che operavano in esilio, insieme ai siti in lingua russa di pubblicazioni internazionali come la BBC. Anche le piattaforme dei social media internazionali  Twitter e Facebook sono state bloccate.

Le reti virtuali (VPN) ed altre tecnologie consentono ancora ai lettori di accedere ai media russi indipendenti in esilio, ma i metodi di censura sono diventati sempre più invasivi, arrivando a compiere veri e propri attacchi informatici ai fornitori di servizi VPN.

Le leggi sulla censura in tempo di guerra superano, in termini di ampiezza e severità, le precedenti campagne repressive attuate dal regime di Putin. Quasi 20.000 russi sono stati arrestati durante le proteste contro la guerra nel 2022, secondo OVD-Info, con segnalazioni di percosse e torture di detenuti. Almeno 370 persone sono state processate, e questo è più del doppio se comparato con il 2021, quando vi furono le proteste contro l’arresto di Navalny, e 10 volte di più rispetto al famigerato “caso Bolotnaya” del 2012.

Qualsiasi forma di protesta comporta grandi rischi, come nel caso dell’artista di San Pietroburgo Sasha Skochilenko, arrestata nell’aprile 2022 per aver sostituito i cartellini dei prezzi in un supermercato con adesivi sui morti in Ucraina; Skochilenko rischia fino a 10 anni di detenzione, ai sensi della legge sulle “informazioni consapevolmente false”.

Naturalmente, anche i giornalisti indipendenti rimasti in Russia sono soggetti a repressione: a febbraio 2023 un tribunale ha condannato Maria Ponomarenko, giornalista di Barnaul, a sei anni di carcere per aver pubblicato sui social un post relativo all’attacco al teatro di Mariupol, dove centinaia di civili ucraini – che vi si erano rifugiati – trovarono la morte.

Il governo ha usato la guerra per perseguitare i leader dell’opposizione politica rimasti in Russia. Nel dicembre 2022, Ilya Yashin è stato condannato a otto anni e mezzo di carcere per “informazioni consapevolmente false” presumibilmente contenute in un suo video su YouTube. Vladimir Kara-Murza rischia fino a 20 anni di carcere non solo per l’accusa di “diffondere consapevolmente informazioni false”, ma anche per tradimento, a causa dei suoi discorsi all’Assemblea delle Nazioni Unite, al Comitato Helsinki a Oslo e negli Stati Uniti. Anche gli oppositori che erano già in prigione al momento dell’invasione hanno ricevuto lunghe pene detentive: una condanna a quattro anni è stata comminata ad Andrei Pivovarov e una condanna a nove anni ad Alexei Navalny.

Gli sforzi sistematici del governo per privare i russi di informazioni attendibili sulla guerra, insieme alla dura repressione di chiunque osi esprimere pubblicamente il proprio sentimento contro la guerra, rivelano un’importante verità riguardante l’opinione pubblica russa. Il regime di Putin non è sicuro di potersi assicurare il sostegno della popolazione russa, se quest’ultima  conoscesse la verità e fosse in condizione di discuterne apertamente.

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