sabato, 20 Aprile, 2024
Energia

Energia. Monito della Cgia. “35 mld per dimezzare costi a famiglie e imprese”

Nei prossimi tre mesi serviranno “almeno” 35 miliardi per dimezzare la stangata del costo delle bollette. Il problema è servito su un piatto d’argento al prossimo Governo che dovrà affrontare subito l’emergenza
risorse. Confidare nel tesoretto degli extra profitti delle aziende energetiche – come oggi fanno i leader politici in corsa per il voto – appare una bella illusione. Basta rimanere alla realtà. Finora dei 4 miliardi che lo Stato ha previsto di incassare – con una tassazione del 25% sugli ex guadagni – è arrivato meno di 1 miliardo. Pensare alle decine di miliardi delle imprese – con un inasprimento della tassazione al 75 % degli extraprofitti – significa che la politica ha perso il contatto con la realtà. Per la Cgia l’unica via – al di là di quello che
oggi si afferma – sarà uno scostamento di bilancio, se non si vuole perdere un “pezzo importante della nostra economia”.

Carico di aumenti impossibili

Conti, scenari e problemi sono elencati nello studio della società di analisi socio economiche Cgia di Mestre, che osserva. “Se quei 35 miliardi non saranno trovati entro fine anno per arginare i prezzi dell’energia”, arriva il rischio che “moltissime imprese e altrettante famiglie non siano nelle condizioni di pagare le bollette e,
conseguentemente, di vedersi chiudere la fornitura, è molto elevato”. Come è stata calcolata la cifra ? “Se consideriamo che, rispetto l’anno scorso, i rincari energetici del 2022 cubano 127,4 miliardi di euro”,
osserva la Cgia, “a questo importo vanno sottratti i 58,8 miliardi di sostegni fin qui erogati dal Governo Draghi per contrastare il caro bollette. Importo, quest’ultimo, che include anche i 14 miliardi circa
che il Governo Draghi ha approvato”. Il calcolo conclude così: “Rispetto al 2021, pertanto”, illustrano gli analisti, “le famiglie e le imprese, al netto degli aiuti stanziati, dovranno farsi carico di un aumento del
costo dell’energia elettrica e del gas che sfiora i 70 miliardi di euro”.

Impegno da far tremare

Il nuovo Governo dovrà approvare anche la legge di Bilancio 2023. Ritenendo improbabile un azzeramento di questo incremento, secondo l’Ufficio studi della Cgia il nuovo esecutivo che “uscirà” dalle urne il prossimo 25 settembre dovrà, entro la fine dell’anno, recuperarne almeno la metà (35 miliardi) per sostenere chi non ha i soldi per pagarle, altrimenti il rischio che il Paese “collassi” è molto probabile. “Un impegno economico da far tremare le vene ai polsi, visto che entro la fine dell’anno, a meno che non “scivoliamo” verso l’esercizio
provvisorio, il nuovo Parlamento dovrà approvare anche la legge di Bilancio per il 2023 per svariate decine di miliardi di euro”.

Chi non paga chiude

Entro fine anno prevede la società mestrina, “il 30% di utenze domestiche e Pmi non riesca a pagare le bollette”.
Secondo l’indagine campionaria condotta nel febbraio scorso da Arte, il 15,4 per cento delle pmi e degli utenti domestici – molti dei quali sono costituiti da lavoratori autonomi e partite Iva – non era riuscito a onorare il pagamento delle bollette di luce e gas. “Gli insoluti ammontavano a 26 milioni di euro, una cifra che, nel frattempo, è sicuramente aumentata”, segnala l’Ufficio studi, “Sette mesi fa l’ammontare dei debiti si aggirava in media tra i 7-800 euro al mese per gli utenti domestici, di circa 5 mila euro per le piccole imprese e le partite Iva”. Con gli aumenti che in questi ultimi mesi hanno caratterizzato le bollette di luce e gas, evidenzia la Cgia, “corriamo il pericolo che entro la fine dell’anno siano almeno il 30 per cento le utenze domestiche e le Pmi non in grado di pagare le bollette”.

Covid ed energia, conti in rosso

Nel mettere in parallelo le tue emergenze i calcoli che ne vengono fuori sono anche essi reali e da brivido. Sono stati 180 i miliardi per il Covid e finora “solo” 58,8 contro il caro energia Secondo molti esperti, gli effetti economici negativi del caro bollette che si sono abbattuti quest’anno su famiglie e imprese sarebbero
equiparabili a quelli provocati negli ultimi 2 anni dalla pandemia. Si è riusciti a superare l’emergenza grazie ai ristori, ai contributi a fondo perduto e ai crediti di imposta. “Certo, il debito pubblico rispetto al Pil era salito al 155 per cento (anno 2020), tuttavia la crisi sociale è rimasta sotto controllo e il nostro Paese, con una intensità superiore a molti altri, è riuscito a risollevarsi”.

Crisi difficile da fronteggiare

Con la crisi energetica, invece, nel 2022 le misure per mitigare il caro bollette sono state pari a 58,8 miliardi di euro; risorse che, va sottolineato, sono state stanziate senza ricorrere a nessun scostamento di bilancio. “Anche se appare evidente a tutti che appaiono insufficienti per fronteggiare una crisi energetica che ci ha riportati indietro di quasi 50 anni”, sottolinea la Cgia, “Almeno fino a quando l’Unione Europea non imporrà un tetto al prezzo del gas e il disaccoppiamento tra lo stesso e quello dell’energia elettrica prodotta dalle rinnovabili”.

Scostamento di bilancio

La società di studi economici non vede altre soluzioni. “Non c’è alternativa: bisogna fare lo scostamento di bilancio I primi 100 giorni del nuovo esecutivo saranno irti di problemi e di difficoltà. Lo sapevamo. E chiunque vinca le elezioni, in particolar modo all’inizio, avrà poche risorse economiche a disposizione. Cosa
altrettanto nota”, sottolinea la Cgia, “Tuttavia, se queste misure di contenimento degli aumenti dei costi energetici verranno approvate, dovranno essere recuperate attraverso nuovo deficit. Altrimenti, per moltissimi fornitori, i mancati pagamenti/morosità da parte degli utenti, in particolar modo delle bollette di novembre e dicembre che sono tra le più care dell’anno, subiranno un’impennata mai vista prima”.

L’Europa decida sui prezzi

E’ evidente, osserva l’Ufficio studi, almeno sino al momento in cui l’UE non troverà un accordo sull’introduzione di un tetto al prezzo del gas e al disaccoppiamento di quest’ultimo da quello dell’energia elettrica prodotta con le rinnovabili, l’unica cosa da fare è ristorare imprese  famiglie in difficoltà, compensando almeno la metà dell’aumento del costo per l’energia, recuperando le risorse attraverso un aumento del debito pubblico. Ovviamente con l’assenso di Bruxelles che, nel frattempo, dovrebbe allentare i vincoli normativi sugli aiuti di Stato.

“Solo” un terzo del nostro debito pubblico è a rischio Grazie alla poderosa iniezione di liquidità introdotta in questi ultimi 5- 6 anni dalla BCE con il Quantitative easing, un terzo del nostro debito pubblico è ora detenuto da Francoforte”. “Pertanto, oltre 900 miliardi sarebbero praticamente al “riparo” da qualsiasi forma di
speculazione finanziaria internazionale”, fa va presente la Cgia, “Se teniamo conto che della parte rimanente un altro 66 per cento circa è detenuto dai risparmitori italiani (famiglie, banche, assicurazioni, etc.), vuol dire che “solo” un terzo del debito pubblico totale italiano sarebbe in mano a investitori stranieri che, potenzialmente, potrebbero “innescare”, nel caso non ritenessero il nostro Paese solvibile, un forte aumento dello spread e un conseguente tracollo finanziario. Avendo accertato che la situazione è meno critica di quanto potrebbe sembrare, ciò non vuol dire che possiamo aumentare a dismisura la spesa pubblica, infischiandoci di tutto e di tutti. Ci mancherebbe”,

Chiudere o fare debito

Tuttavia, prosegue la sua analisi la Cgia, “se non vogliamo che un pezzo importante della nostra economia sia destinato a chiudere, a nostro avviso è necessario mettere in campo altri 35 miliardi di aiuti entro la
fine dell’anno che potrebbero, come extrema ratio, essere compensati da un corrispondente incremento del debito pubblico”.

Più tasse sugli extraprofitti? Impraticabile

In alternativa allo scostamento di bilancio, fa va presenta la Cgia, “i 35 miliardi di euro necessari per “salvare” molte famiglie e altrettante imprese potrebbero essere recuperati attraverso l’inasprimento della
tassazione degli extraprofitti delle imprese energetiche”, osserva nelle conclusioni la Cgia, “Questa proposta, lanciata nei giorni scorsi da alcuni leader politici italiani, appare praticabile. In linea teorica sì, anche se va segnalato che con l’attuale tassazione fissata per decreto al 25 per cento, l’erario punta a riscuotere poco più di 10 miliardi di euro”. “Pertanto, per incassare i 35 miliardi bisognerebbe portare il livello di tassazione attorno al 75 per cento. Si ricorda che, tuttavia, le imprese energetiche”, conclude l’Ufficio stampa che
pone un interrogativo, “alla scadenza della prima rata prevista verso la fine dello scorso mese di giugno hanno pagato poco meno di 1 miliardo rispetto ai 4 attesi; ‘accetterebbero’ di vedersi triplicare il prelievo”.

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