venerdì, 29 Marzo, 2024
Società

Kevin, i contractors e la legge penale

Chiunque nel territorio dello Stato e senza approvazione del Governo arruola o arma cittadini, perché militino al servizio o a favore dello straniero, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni.

La pena è aumentata se fra gli arruolati sono militari in servizio, o persone tuttora soggette agli obblighi del servizio militare.

L’art 288 del nostro codice penale questo prevede per i cosiddetti “mercenari”, così come si sta ipotizzando in queste ore per l’ennesimo nostro connazionale beccato a combattere in Ucraina.

Ovunque si vada, causa giusta o ingiusta che si ritenga, se non sei arruolato in eserciti regolari e non ti manda il tuo governo, non puoi lottare a favore e contro nessuno a mezzo di armi e in stato di guerra. Ciò vale altresi, mutatis mutandis, per I terroristi.

Non è solo il nostro codice a fissare queste regole,  ma ben più alte fonti convenzionali internazionali.

Il perché è abbastanza semplice da spiegare.

La difesa è compito dello Stato, per noi disciplinata in primis dalla Costituzione. Infatti, se dobbiamo o no andare in guerra – attraverso le nostre forze militari – lo decide il Governo, su mandato del Parlamento attraverso idonea deliberazione. Questa disposizione ci tutela tutti, è il sale delle democrazie evolute. Divisione di ruoli e poteri.

Non ci si può fare giustizia da soli, senza se e senza ma.

Qualcuno rifletta se in questi ultimi 200 giorni si è stati attenti a spiegare bene questi concetti, soprattutto ai nostri giovani.

Credo non a sufficienza e, anzi, il contrario.

Ora i magistrati genovesi dovranno spiegarlo a Kevin.

Mi permetto di anticipare a chiunque altro indulga – anche come Stato sovrano – alla formazione di contractors (termine più carino per indicare i mercenari), che sta commettendo reato. Dura lex, sed lex.

 

*Direttore Centro Ricerca su Sicurezza e terrorismo

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