venerdì, 26 Aprile, 2024
Considerazioni inattuali

Il corpo della città

A giugno guardiamo la pioggia come una sorta di fenomeno paranormale, come fosse sempre la prima volta, soprattutto qui a Roma. Eppure proprio qui la pioggia di giugno arriva quasi sempre prima della metà del mese e sotto forma di diluvio tropicale: con l’umido dell’aria che permane caldo e denso ma sudato, come se l’asfalto fosse pelle, la pelle della città; gli alberi, i pioppi bianchi e i salici, le sue verdi vene con le radici vorticose nel sangue del terriccio, sotto la strada. Ed il fiume le sue lacrime: di gioia e di dolore che versa continuamente e che la pioggia calda del principio d’estate lava, un po’ come fa l’acqua del lavandino che terge il volto dopo aver pianto a lungo.

L’IMPERFEZIONE DELLA BELLEZZA

Ecco a cosa serve la pioggia di giugno a Roma: a pulirle il viso. Il viso sporco, come a una bambina selvaggia che si rotola nel fango e si sbuccia le ginocchia, senza che le vada mai di farsi un bagno se non d’estate: quando bagnarsi è divertente, perché ci si asciuga con il sole e l’acqua ridà equilibrio, non lo altera come succede in inverno.

Non è la città ideale del tema rinascimentale: pulita, perfetta nella sua vasta piazza in prospettiva lineare centrica; benché permanga nei secoli perfetto il suo patrimonio artistico. Ma più di qualcuno ha affermato che la bellezza stia nell’armonia tra le imperfezioni – e quella di Roma ne rappresenta la sostanza in maniera assoluta. L’assolutismo dell’imperfezione in armonia con il tutto che è la sua cifra, con la quale si presenta al mondo.

IL VOLTO DI ROMA

Ecco cosa penso camminando mentre attraverso Piazza dei Santissimi Apostoli e mi rintoccano sulla fronte quelle parole – come le gocce di pioggia che si fanno via via più insistenti – che si dicono ovunque tra social, tg, bar: “Come ci presentiamo al mondo? Cosa penseranno i turisti di noi?”. E’ vero: Roma è sporca, molto sporca, troppo. Ed è anche incolta: l’erba scavalca i guardrail, i cinghiali invadono i quartieri residenziali, i recinti e i rifiuti si ammassano ad ogni angolo di strada e ovunque, dal centro alla periferia. Dovremmo impegnarci – come chi avrebbe più facoltà di noi cittadini – a mantenerla pulita.

Ma per noi, mica per i turisti. Perché che cosa pensa il resto del mondo, dovremmo già saperlo e bello o brutto che sia, dovremmo imparare a metterlo in secondo piano. Roma vive per chi la visita ma soprattutto per chi l’abita: per chi ne è il tessuto connettivo e vitale; per la sua pelle, per le sue vene ed il suo sangue, per le sue lacrime. Ed infine anche per chi ha il privilegio di potersi meravigliare: per chi siamo felici di accogliere, per incrementarne il turismo, per dare una mano e darci una mano. Ma i pensierini di sdegno sul volto offerto al resto del mondo, quelli, qui a Roma, dimenticateveli… e lasciate fa’.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Estate: Confcommercio. Cresce la voglia di cultura dei vacanzieri italiani

Federico Tremarco

A Roma celebrata la giornata nazionale “giovani e memoria”

Redazione

La Crusca contro l’Università di Bologna: ripristinare corsi in lingua italiana

Francesco Gentile

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.