Per Confartigianato i nuovi prossimi scenari economici volgono al peggio. Per la Confederazione a dare indicazioni sono le precisioni di primavera della Commissione europea che indicano per il 2022 una crescita del PIL dell’Italia del 2,4%, correggendo al ribasso di 1,9 punti il +4,3% stimato lo scorso novembre.
Spettro stagflazione
La revisione è di 1,6 punti per le stime di crescita del PIL reale nell’UE, che è ora prevista al 2,7% per il 2022, rispetto al +4,3% indicato sei mesi fa.
“Lo spettro della stagflazione – una recessione accompagnata da inflazione – è delineato negli scenari alternativi del report della Commissione”, spiega la Confartigianato, “uno avverso con un maggiore aumento dei prezzi delle materie prime energetiche e uno grave, caratterizzato dal taglio dell’approvvigionamento di gas dalla Russia.
In quest’ultimo scenario più severo, il tasso di crescita del PIL nell’Eurozona sarebbe di circa 2,5 punti percentuali al di sotto del valore di base previsto nel 2022, mentre l’inflazione aumenterebbe di 3 punti percentuali al di sopra della proiezione di base”.
La corsa dei prezzi
La Confederazione ricorda come diano ampie le variazioni dei prezzi delle commodities ed energetiche sottostanti le previsioni dei Spring 2022 Economic Forecast: “nel 2022 il gas naturale passa dai 49,49 euro/Mwh delle previsioni di novembre 2021 ai 97,83 euro/Mwh di maggio 2022 (+97,7%), l’elettricità passa dai 130,72 euro/MWh ai 234,31 euro/Mwh (+79,2%) mentre il barile di petrolio passa dai 68,1 euro ai 95 euro (+39,5%)”.
“Queste oscillazioni nelle stime evidenziano l’amplificazione, causata dalla guerra, degli effetti della crisi energetica scoppiata lo scorso anno”, osserva Confartigianato.
Effetti recessivi
Uno dei canali di trasmissione degli effetti recessivi è quello del saldo del commercio estero. “L’esame dei dati pubblicati martedì scorso dall’Istat evidenzia che a marzo 2022 il saldo tra export e import diminuisce di 37,4 miliardi di euro, variazione interamente spiegata dall’interscambio di beni energetici”, prosegue la nota, “Su base annua le importazioni di energia salgono a 77,5 miliardi di euro mentre l’export sale a 17,9 miliardi di euro, determinando una bolletta energetica di 59,6 miliardi di euro, pari al 3,2% del PIL, un valore che non si misurava da otto anni, pur rimanendo (per ora) al di sotto del massimo storico del 4% registrato dieci anni fa (maggio 2021). In soli dodici mesi il saldo import-export di energia peggiora di 37,8 miliardi di euro, quasi due punti di PIL (1,9) in più, l’aumento più ampio su base annua mai registrato”.
Prezzi ai massimi storici
I prezzi all’importazione di petrolio greggio e gas salgono ai massimi storici, segnando a marzo 2022 un aumento tendenziale dell’84,2%, in leggera decelerazione rispetto al +103% di febbraio.
“Sulla dilatazione del deficit del commercio con l’estero di beni energetici”, fa presente la Confartigianato, “contribuisce il forte aumento delle importazioni di energia elettrica, incentivato dall’aumento dei costi di produzione nazionale, su cui pesa l’alta dipendenza dal gas. Negli ultimi dodici mesi il valore dell’import di elettricità sale del 309,4% su base annua, salendo al massimo di 7,5 miliardi di euro (circa tre volte e mezzo i 2,3 miliardi di euro della media del triennio 2018-2020). Va ricordato che, in relazione alla composizione dei paesi fornitori, il 45,4% dell’energia elettrica che importiamo è prodotta da centrali nucleari”.