venerdì, 19 Aprile, 2024
Manica Larga

Netflix ai titoli di coda?

Il vento, prima o poi, cambia. Una regola che tendiamo a perdere di vista. Netflix sembra non fare eccezione. In settimana, molto rumore ha fatto il tonfo in borsa dell’azienda leader nella fornitura di contenuti digitali via streaming che ha perso quasi il 40% del valore di mercato a causa di un forte calo degli abbonati previsti a fine trimestre. Si tratta di due milioni che si sommano ai 200 mila già perduti nel trimestre precedente. Tradotto in dollari fanno 60 miliardi e investitori top come Bill Ackman in fuga.

Le ragioni dello stop

Dal paradiso al purgatorio, parafrasando gli esperti, diverse sono le cause del crollo. In primis, siamo tornati a respirare aria fresca dopo i vari lockdown. A questo si sommano la perdita di oltre 700 mila abbonati in Russia e un’inflazione mai così in alto dal 1982. Infine, la crescente concorrenza di Disney, Paramount e Warner Bros Discovery che hanno speso miliardi per innovare e colmare il divario sul mercato.

Il fattore innovazione

Si tratta di una storia che il co-fondatore di Netflix, Reed Hasting, conosce molto bene. Era il 2000 quando incontrò l’allora numero uno di Blockbuster, John Antioco, per vendergli la sua creatura a un prezzo di 50 milioni di dollari. Hasting navigava in cattive acque e Antioco pensò a uno scherzo. Oggi il solo negozio di video a noleggio di Bend, Oregon, è ciò che resta dell’impero.

In No Rules Rules, libro scritto a quattro mani con la professoressa dell’Insead, Erin Meyer, superstar nell’olimpo delle business school di fama internazionale, Hastings ha rivelato al mondo con dovizia di dettaglio e molto orgoglio la formula magica alla base del successo di Netflix.

Netflix, il messaggio chiave, non somiglia a una sinfonia ma piuttosto al jazz ovvero uno spazio in cui la capacità di creare è molto più importante di quella di standardizzare per scongiurare l’errore. Essere dissonanti suona molto bene per una startup che deve trovare un posto nel mondo, ma rischia l’effetto cacofonico per un colosso che deve vedersela con altrettanti giganti: ogni minimo errore si paga a caro prezzo e innovare significa far fronte a un fallimento 9 volte su 10, stando alla statistica.

Il futuro davanti

Per un’organizzazione che ha fatto della capacità di innovare il proprio marchio di fabbrica si tratta di una brutta battuta d’arresto che suggerisce che la prudenza unita a quello che gli inglesi chiamano humbleness, ovvero restare umili anche quando le cose vanno bene, è sempre cosa saggia.  Sarà quindi molto interessante vedere come il gruppo di talenti dello streaming riuscirà a cambiare le carte in tavola e riguadagnare terreno. Stando ai primi riscontri, dopo l’annuncio di  un giro di vite, una stretta sulle password, un cambio radicale del modello di business con l’ingresso di pubblicità e gaming, la strada appare lunga e non priva di insidie. È il business, bellezza.

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