venerdì, 19 Aprile, 2024
Economia

Catasto, storia di un riforma controversa

L’articolo 6 (quello sul Catasto per intenderci) della delega sulla Riforma fiscale è passato per un solo voto nella Commissione Finanze della Camera dei Deputati.

Come si è arrivati a questo esito che allarma l’85% degli italiani che posseggono un’abitazione?

In data 11/11/2020 viene varata l’indagine conoscitiva sulla riforma dell’“Imposta sul reddito delle persone fisiche e altri aspetti del sistema fiscale”.

Nel gennaio iniziano le audizioni di decine di soggetti tra rappresentanti delle istituzioni, delle Associazioni e di numerosi esperti.

Tra essi la Banca d’Italia che con fermezza sostenne che “l’assenza di tasse sulla prima casa è una anomalia tutta italiana”, allineandosi alle richieste di Bruxelles, cosi come fece la Corte dei Conti con il suo presidente Guido Carlino che sparò “ad alzo zero” contro il patrimonio immobiliare dell”85% dei cittadini italiani che possiede un’abitazione.

Su tutte le audizioni aleggiavano le “Country Recommendations” della Commissione europea all’Italia, che richiedeva la riforma del Catasto, ed incombeva la minaccia non formale ma surrettizia del “Recovery Plan” di condizionare l’erogazione di risorse alla “riforma dei valori catastali non aggiornati” e finché non venisse effettuata “la revisione delle agevolazioni fiscali”.

Nel frattempo nell’estate scorsa il Ministro dell’Economia, Daniele Franco, diramava a tutte le strutture amministrative dello Stato “L’atto d’indirizzo 2022-2024”, con il quale si poneva l’obiettivo di mettere in campo strumenti, procedure che consentano alle Agenzie fiscali di “adattarsi alle esigenze dei cittadini”.

Nonostante tutte queste “pressioni”, le Commissioni Finanze di Camera e Senato riunite votarono nel giugno del 2021, pressoché all’unanimità il documento conclusivo, senza alcun riferimento alla riforma del Catasto, che avrebbe dovuto rappresentare la base della legge delega che poi ha presentato il governo. Ma cosi non è stato perché l’Esecutivo ha inserito l’Art. 6 (la riforma del Catasto) nella legge delega fiscale, andando chiaramente oltre la delega ed i paletti fissati dal Parlamento.

I parlamentari delle due commissioni, dunque, ritennero non fosse praticabile nella situazione attuale una riforma che, di fatto, si sarebbe tramutata in una ennesima, nuova tassa patrimoniale.

La politica, quella seria, si riappropriava così della propria autonomia e della propria capacità di giudizio non solo nei confronti dell’Europa, che continua ad insistere nel voler tassare anche la prima casa, ma anche nei confronti della cosiddetta tecnocrazia.

I parlamentari dimostrarono di essere consapevoli che sugli immobili ci sono già una quantità di tasse e che il contribuente italiano è già gravato da una miriade di patrimoniali palesi e nascoste.

Nel vigente ordinamento, infatti, convivono imposte tipicamente patrimoniali e tributi cosiddetti pseudo patrimoniali. Nella prima categoria rientra l’Imu che colpisce il solo patrimonio immobiliare ed al lordo delle passività gravanti sugli immobili.

Patrimoniale complementare all’Imu è l’Ivie: l’imposta sugli immobili detenuti all’estero.

Tra le patrimoniali nascoste c’è poi l’imposta sulle successioni e donazioni che assoggetta a tassazione gli “arricchimenti senza causa” in quanto conseguiti a titolo gratuito.

Poi ci sono le imposte sui trasferimenti: quelle ipotecarie e catastali, che di fatto sono delle vere e proprie “patrimoniali”.

L’ultima riforma del catasto è datata 1990, tra il 1996 e il 1997 le rendite catastali sono state alzate del 5%. A partire dal 2005, i Comuni possono chiedere all’Agenzia il “riclassamento” di singoli immobili o di intere aree. Poi nel 2012 arrivò la mazzata dell’Imu con il governo Monti che ci costa oltre 22 miliardi.

Non va dimenticato inoltre che nel 2020 la pressione fiscale è cresciuta in Italia ulteriormente dello 0,7%, arrivando al 43 contro una media Ocse del 34%. E se il calcolo viene fatto rapportato solo al gettito dei redditi di coloro che pagano tasse ed imposte, la pressione tributaria italiana supera il 48%.

Da noi le imposte sul patrimonio immobiliare oggi pesano l’1,5% del Pil, mentre negli altri Paesi Ue per l’l,4%.

Il nostro è perciò il Paese a maggiore tassazione a livello mondiale.

Del resto Mario Draghi, proprio in vista di questa riforma fiscale aveva messo dei chiari paletti: a) il sistema fiscale rimarrà “progressivo”; b) non modificare le imposte una alla volta; c) fare presto e presentare un disegno di legge delega che terrà conto del lavoro e delle conclusioni delle Commissioni Finanze di Camera e Senato; d) in questo momento di difficoltà si erogano fondi e non si sottraggono risorse agli italiani.

In questa occasione però il nostro premier è arrivato, addirittura, a minacciare le dimissioni nel caso la riforma non passasse cosi come uscita dai suoi uffici.

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