giovedì, 25 Aprile, 2024
Energia

Nucleare e gas dividono la Ue. I prezzi volano

La tassonomia è la classificazione degli investimenti green. Un elenco funzionale al progetto di transizione energetica che vuol rendere l’Unione Europea neutrale sulle emissioni di anidride carbonica entro il 2050, prima di qualunque altra importante area economica nel mondo. I 27 Paesi dovranno pian piano chiudere le centrali a carbone alzando la dipendenza dalle rinnovabili. Eolico e solare sono però fonti instabili, come si è potuto vedere lo scorso anno con il calo improvviso nella potenza generata dalle turbine.

Il nodo della tassonomia è ambientale, ma anche economico viste le risorse pubbliche e private che dovranno essere investite in questa transizione. Ma è soprattutto politico considerando l’alta dipendenza dell’Europa dalle importazioni di materie prime La maggiore influenza di Mosca è diventata evidente alla fine dello scorso inverno, con l’inizio del calo delle scorte europee.

Durante l’estate, Gazprom ha iniziato a chiudere i rubinetti. Ha così aggravato le carenze causate dalla manutenzione ai giacimenti di petrolio e gas nel Mare del Nord e ha alzato la posta in gioco su Nord Stream 2, il più lungo gasdotto al mondo, che trova contrari gli Stati Uniti. Di conseguenza il prezzo del gas ha preso il volo. E’ arrivato oggi a 96 euro a megawatt ora. Il record storico era stato toccato poco prima di Natale a oltre 180 euro.

Un invio di scorte Usa ha aiutato l’Europa a trascorrere in relativa tranquillità le feste portando il prezzo a 72 euro. Ora la tregua sembra finita. Così come sta accadendo per il petrolio.

Oggi il Brent ha superato gli 80 dollari al barile a 80,02, in aumento dello 0,94%. Il Wti avanza dell’ 0,87% a 76,9. A determinare il rialzo è stata la decisione di Opec+ di confermare anche a febbraio l’aumento dell’offerta di 400 mila barili al giorno.

La Ue non trova una risposta adeguata a questa emergenza. E’ in corso un braccio di ferro tra Commissione e ambientalisti, ma anche tra Commissione e Stati e quattro governi, su come valutare il gas naturale e il nucleare nell’ambito della tassonomia. Il documento pubblicato la notte di San Silvestro ha incontrato l’opposizione esplicita di Germania, Austria, Lussemburgo e Spagna. Favorevole la Francia che dispone del parco nucleare più forte d’Europa. L’Italia tace ma il ministro Cingolani più volte si è espresso a favore dell’atomo di nuova generazione. Difficile, però, che si arrivi alla frattura definitiva. E’ forte il dubbio che dietro tanto ardore ci sia la necessità dei diversi Governi di non rompere con l’elettorato che li esprime. A cominciare dalla Germania che ha appena varato il nuovo esecutivo di cui fanno parte i Verdi. La neo ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, a Parigi, ha confermato la sua contrarietà ma – entrata a pieno titolo nel mondo della diplomazia – ha affermato di aver compreso la necessità di un compromesso con la Francia.

Per respingere la proposta ci vuole il “No” in Consiglio di 20 governi che rappresentino almeno il 65 per cento della popolazione Ue. Anche il Parlamento europeo può bloccare la proposta ma serve la maggioranza assoluta. Due strategie di opposizione difficili da mettere in atto, tanto che gli stessi critici del testo stanno già pensando ad altre mosse, come il ricorso di fronte alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

Nel testo provvisorio scritto in Commissione europea gli impianti nucleari nuovi ed esistenti che soddisfano determinate condizioni sarebbero considerati come “investimenti sostenibili” fino al 2045. Gli impianti a gas farebbero parte della stessa classificazione fino al 2030. Entrambi i tipi di energia sono inclusi nella seconda categoria della tassonomia Ue, quella riservata alle fonti di energia a basse emissioni di carbonio.
Bruxelles ha in programma di includere clausole di scadenza per le centrali elettriche a gas inefficienti e di rendere gli investimenti nel gas meno attraenti rispetto alle rinnovabili. Per quanto riguarda il nucleare, si concentrerà sia sullo sviluppo di nuovi reattori più puliti, sia sull’aggiornamento della sicurezza delle centrali nucleari esistenti. Nessun fondo “green” dovrebbe finanziare invece l’attuale pratica di esportazione di scorie nucleari.

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