mercoledì, 8 Maggio, 2024
Società

I 150 anni dalla nascita di don Luigi Sturzo. La politica come servizio del bene comune

Pubblichiamo l’omelia pronunciata da mons. Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale e Presidente della Commissione storica per la beatificazione del servo di Dio don Luigi, pronunciata ieri nella Chiesa di S. Agostino a Roma.

Nel 150° anniversario della nascita di don Luigi Sturzo dobbiamo rendere grazie al Signore per aver donato all’Italia e alla Chiesa questo servo di Dio, che si è fatto annunciatore e testimone dell’amore di Dio verso gli uomini concependo l’impegno politico come dovere morale e atto d’amore a servizio del bene comune.

Questo anniversario deve essere l’occasione per fare memoria di un’esperienza ancora attuale.

Don Luigi nel suo testamento raccomandava “agli amici dell’Istituto Luigi Sturzo […] l’augurio di tenere sempre la verità come insegna della loro attività di studio e l’amore di Dio e del prossimo come vera vita naturale e soprannaturale”[1].

Il prestigioso Istituto che porta il suo nome deve essere sempre impegnato, come ha fatto oggi, ad approfondire il suo pensiero e continuare il suo impegno culturale e sociale nel campo degli studi storici, sociologici e politici in riferimento alla complessa realtà della nostra società.

Facendo un bilancio della sua vita don Luigi  scrisse: “A guardare un passato che non torna, posso ben dire di aver servito con rettitudine ed ardore una causa non indegna di un sacerdote cattolico, quando all’amore e al servizio per la patria ho unito quell’ideale cristiano ed umano della pace, della elevazione dei lavoratori nella collaborazione fra le classi, delle libertà politiche quali garanzie di bene e di progresso, della ricerca della verità negli studi storici e sociologici, della difesa dei diritti della persona umana di fronte ad uno statalismo che invade anche il campo sacro della coscienza e della religione”.

Il periodo dell’Avvento ci ricorda che l’attesa del Signore è una caratteristica del credente, che non si addormenta nella routine di ogni giorno, ma è sempre attivo e pronto. Don Luigi ha vissuto in attesa della venuta del Signore con una vigilanza operosa che è la risposta al Signore che ci viene incontro continuamente con la sua misericordia.

In una lettera non spedita scrive: “La nostra vita spirituale ci abitua a guardare d’un occhio diverso tutta la vita presente, e le bellezze naturali e la scienza e la storia; perché a tutto dà il senso del fine, e questo fine è una espressione della ragion d’essere di ogni cosa che esiste e di ogni fatto che accade, e tutto si coordina a Dio, e tutto di Dio ci parla, e tutto a Dio ci appella”[2].

“L’idea di Dio, se ci diventa abituale nella nostra giornata, in mezzo alla varietà della vita, come un’idea fondamentale, a cui siamo legati e di cui viviamo; se questa idea ci è destata da ogni cosa che ci tocca e ci fa gioire o addolorare, di quanto ci alletta o ci respinge, allora il nostro spirito è abituato a sentirlo presente, ed è preparato a entrare in più intima comunicazione con lui con la preghiera”[3].

La frequentazione assidua della Parola di Dio ha plasmato la sua vita sacerdotale.

Nella liturgia della Parola odierna possiamo vedere la figura di Dio che imbandisce per tutti il banchetto della vita, viene a guarire la nostra umanità ferita e a saziare il nostro bisogno di salvezza attraverso i gesti di Gesù che guarisce i malati e sfama le folle che lo seguono.

Isaia vede un monte su cui è imbandita una succulenta mensa a cui tutti i popoli sono invitati.  Alla gioia del convito si aggiunge la rimozione del velo di tristezza e di morte che copriva il volto dei popoli. Sorgerà allora nel cuore di tutti i popoli invitati al banchetto della vita la speranza della salvezza, riposta completamente in Dio che si esprime in un grido riconoscente di gioia. I cibi succulenti e le bevande genuine promesse dal profeta sono il segno del grande convito dell’alleanza preparato da Gesù che sazia la fame di ogni vivente.

L’evangelista Matteo tiene a mettere in risalto la speciale attenzione di Gesù verso le sofferenze umane, materiali, fisiche e spirituali delle persone che venivano condotte a lui e deposte ai suoi piedi. Egli compatisce le sofferenze dell’uomo, se ne fa carico e nella sua potenza divina risolve spesso i casi più drammatici operando i prodigi di cui necessitano le persone che si rivolgono a Lui con fede e speranza e provoca lo stupore della gente. Gesù dopo aver predicato presso il mare di Galilea, aver guarito numerosi infermi, nella sua profonda umanità e attenzione alle persone, vede che dopo averlo seguito per tre giorni non hanno da mangiare, ma non vuole rimandarli digiuni.

Egli si fa carico delle necessità di tutta quella moltitudine; ma chiede anche l’aiuto ai suoi discepoli.

Anche oggi Gesù chiede a ciascuno di noi di mettere in gioco ciò che siamo e ciò che abbiamo per poter venire incontro a tanti nostri fratelli e sorelle che mancano del necessario.

Il Dio che Gesù viene a manifestare nel periodo dell’Avvento è il Dio attento ai bisogni materiali e spirituali delle persone, che interviene, non magicamente, ma chiedendo la collaborazione di tutti, per sfamare le tante persone che ancora non hanno trovato il senso della propria vita.

È interessante a questo proposito citare quanto Sturzo scrisse all’amico Giuseppe Stragliati, che attraversava una profonda crisi spirituale: “Perché io mi occupo di politica? Perché trovo che a mezzo di essa potrò fare del bene agli altri e realizzare, per quanto è possibile, un benessere terreno, che deve servire a meglio attuare il benessere spirituale delle anime. Gesù si occupava forse del benessere terreno quando sanava gli infermi e resuscitava i morti o sfamava le turbe nel deserto? Ma bada, ogni benessere terreno passa: la salute o la ricchezza, l’ordine familiare o sociale, tutto cambia, si muove si trasforma, passa; ogni giorno il suo male, ogni epoca le sue crisi. […]. Senza una concezione religiosa dell’aldilà, un Dio creatore e giudice (quale la fede ce lo insegna) noi saremmo i più infelici fra gli esseri e i più indegni di vivere”[4].

Don Luigi Sturzo come seguace di Gesù Cristo, che dopo aver chiamato i dodici li ha inviati ad annunziare la buona novella del Regno di Dio e a liberare le persone da ogni male, da ogni forma di schiavitù e dalle malattie spirituali e corporali, ha concepito tutta la sua vita come risposta ad una vocazione per adempiere la missione di portare la carità nella vita pubblica per una salvezza integrale.

Alla base della concezione teologica di Sturzo una concezione del mistero di Cristo vero Dio e vero uomo che, porta ad escludere sia la confusione integrista tra fede  e politica, sia  la separazione laicista fra vita cristiana animata dalla carità e l’impegno politico. Quest’impostazione del rapporto fra grazia e natura si ritroverà sia nell’elaborazione del progetto di un partito laico di ispirazione cristiana, sia nella sua sociologia storicista che è stata definita “cristiana nella radice anche se laica nelle foglie”  sia nella sua opera “La vera vita. Sociologia del soprannaturale”[5].

Nel 1947  don Luigi Sturzo così si esprimeva in un articolo:

“il finalismo unico e inderogabile per tutti è il regno di Dio e la sua giustizia, che si ricapitola in Cristo Uomo-Dio. La realtà vera non è la natura ma il binomio: natura-soprannatura, del quale l’unione ipostatica in Cristo è il sublime ed infinito prototipo. Ogni separazione in Cristo dell’uomo da Dio, come ogni separazione nell’uomo della natura dalla soprannatura, ci fa cadere nell’irreale; perché non esiste un Cristo solo uomo, come non esiste l’uomo solo natura. L’umanità di Cristo è assunta dalla divinità, la natura dell’uomo è elevata dalla grazia (…). L’umanità fin dal primo inizio dell’elevazione alla grazia con Adamo, vive nell’atmosfera del soprannaturale”[6]. Nello stesso articolo Sturzo rileva la riduzione del cristianesimo a naturalismo e ”l’affannarsi di apologeti maldestri e di cristianelli annacquati a dimostrare che, nel campo naturale, individuale e sociale, il benessere viene con Cristo e per Cristo, mentre egli non promise tale benessere né come finalità della fede, né come concomitanza dell’agire cristiano; anzi chiamò beati i poveri in spirito, coloro che piangono, coloro che soffrono persecuzioni per la giustizia; comandò di prendere la croce a segnale; disse che mandava i suoi  come agnelli in mezzo ai lupi; affermò che sarebbero stati odiati come odiato era stato lui stesso. E nel campo delle previsioni politico-sociali, previde guerre, rivolte, disastri e la lotta finale dell’anticristo”[7].

Papa Francesco in un messaggio del 13 giugno 2019 nel centenario della fondazione del partito Popolare Italiano ha scritto: “Luigi Sturzo, prima che statista, politico, sociologo e poliedrico letterato, era un sacerdote obbediente alla Chiesa, un uomo di Dio che ha lottato strenuamente per difendere e incarnare gli insegnamenti evangelici, nella sua terra di Sicilia, nei lunghi anni di esilio in Inghilterra e negli Stati Uniti e negli ultimi anni della sua vita a Roma”[8].

In questa celebrazione eucaristica, vogliamo chiedere al Signore che ci conceda, per intercessione del servo di Dio don Luigi Sturzo, di essere promotori di una cultura ispirata dalla fede cristiana, operatori di giustizia e di pace, impegnati a coltivare un’autentica spiritualità ispirata dall’amore verso Dio e verso il prossimo.

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