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Israele attacca l’Iran: motivazioni strategiche e politica interna
ROMA (LaDiscussione) – Israele ha lanciato un attacco preventivo contro l’Iran, motivato dalla percezione di una minaccia imminente, ma anche da dinamiche politiche interne. Marco Minniti, presidente della Fondazione Med-Or, ha analizzato la situazione in un’intervista con Claudio Brachino per l’Agenzia Italpress.
Le ragioni dell’attacco: sicurezza e consenso politico
Secondo Minniti, l’attacco è stato influenzato dalla guerra in corso contro Hamas, iniziata dopo l’aggressione del 7 ottobre 2023, e dalla pressione sull’amministrazione Netanyahu, accusata di non aver protetto adeguatamente il popolo israeliano. Un’azione militare avrebbe potuto rafforzare la leadership, soprattutto considerando l’aumento del consenso per Netanyahu nei recenti sondaggi.
Un altro obiettivo era spostare l’attenzione dalla crisi di Gaza, che ha isolato Israele a livello internazionale e diviso l’opinione pubblica. Molti cittadini chiedevano un accordo per la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas.
Il ruolo degli Stati Uniti e la tregua
Minniti ha sottolineato che un cambio di regime in Iran era “difficilmente pensabile”. Donald Trump, pur avendo criticato in passato le politiche di regime change, ha recentemente favorito una tregua tra Israele e Iran, dichiarando che gli USA non perseguono tale obiettivo. Tuttavia, le sue dichiarazioni contraddittorie, incluso l’annuncio di un improvviso accordo con l’Iran, suggeriscono un quadro instabile.
Il programma nucleare iraniano e le ispezioni
Sul tema del nucleare, Trump ha affermato che il sistema iraniano è stato distrutto, mentre un report del New York Times indica solo un ritardo nel programma. La tregua potrebbe permettere all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica di condurre ispezioni per verificare lo stato effettivo, incluso il misterioso trasferimento di uranio. Minniti ha ribadito che la questione richiede un’analisi scientifica, non politica.
La missione della Fondazione Med-Or
Minniti ha spiegato che Med-Or, acronimo di Mediterraneo e Oriente, è nata quattro anni fa per promuovere il soft power attraverso formazione, dialogo e relazioni internazionali. Oggi la fondazione opera in un’area cruciale per gli equilibri globali, estendendo la sua rete fino a Vietnam, India e Sud America, dove ha recentemente aperto un osservatorio.
è che in questo momento senza il Sud del mondo non si può costruire un nuovo ordine mondiale – sottolinea Minniti -. Il Sud del mondo vuole contare e vari Paesi, che hanno posizioni a volte molto distanti, sono tenuti insieme da questo dato e ritengono di avere la forza per essere protagonisti e mi sembra una scelta molto saggia”. “La mia convinzione è che nei prossimi 20 anni il futuro dell’Europa si giocherà in Africa – prosegue l’ex ministro dell’Interno -. I destini dei due continenti sono fortemente intrecciati per tre grandi questioni, la prima riguarda gli squilibri demografici, l’Africa cresce molto dal punto di vista demografico e l’Europa è in recessione demografica; quindi – afferma Minniti in riferimento al Piano Mattei -, per affrontare il tema dei flussi migratori bisogna farlo necessariamente con l’Africa perchè i flussi migratori vanno governati anzichè costruire muri. L’Africa è cruciale perchè non è un continente povero ma potenzialmente ricchissimo, soprattutto dei metalli delle terre rare. La terza questione riguarda la sicurezza perchè in questo momento alcuni Paesi sono il principale incubatore di terrorismo internazionale insieme all’Afghanistan. Alla luce di quanto sta accadendo in Medio Oriente il tema dell’azione di prevenzione del contrasto al terrorismo torna drammaticamente di attualità”. “Noi siamo un Paese che, quando è stato necessario, si è assunto le proprie responsabilità, ma ha sempre considerato il dialogo come un elemento molto importante. In questo momento l’Italia, per la sua collocazione geostrategica, è il punto di congiungimento tra l’Occidente e il Sud del mondo. Questo è anche il senso profondo del Piano Mattei, che è un’idea strategica giusta dell’Italia, dobbiamo fare di tutto affinchè diventi un progetto europeo”, conclude. –
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