sabato, 24 Maggio, 2025
Attualità

Omicidi tra minori in forte aumento: allarme psichiatria infantile

In un anno i delitti commessi da adolescenti sono più che raddoppiati. Gli psichiatri denunciano: “Servono risposte su disagio mentale, uso di sostanze e inclusione dei giovani migranti”

Nel cuore dell’Italia che si interroga sulla sicurezza, sull’educazione e sulla tenuta sociale del proprio tessuto civile, esplode un dato che non può essere ignorato: nel giro di appena dodici mesi gli omicidi commessi da minorenni sono più che raddoppiati. Una triste ‘fotografia’, questa, ‘scattata’ dalla Criminalpol e rilanciati dalla Società italiana di psichiatria e psicopatologia forense.

Nel 2023 i minori coinvolti in omicidi rappresentavano il 4% del totale nazionale. Nel 2024 la percentuale è balzata all’11,8%. In numeri assoluti, significa che si è passati da 14 a circa 35 casi in un solo anno, a fronte di un calo complessivo degli omicidi (da 340 a 319). Un paradosso crudele: mentre in generale si uccide di meno, i più giovani uccidono di più. E spesso, uccidono altri giovani. Anche le vittime minorenni aumentano: dal 4% al 7%. Una dinamica inquietante, che interroga famiglie, scuole, istituzioni sanitarie e la politica.

Una crisi che colpisce i più fragili

La Sippf non parla di emergenza passeggera, ma di un fenomeno che è solo la punta visibile di un iceberg. Dietro ai numeri, c’è una crisi sistemica, fatta di disagio psicologico, uso di sostanze, contesti familiari disgregati, dispersione scolastica, emarginazione sociale. “Ci troviamo davanti a una vera e propria esplosione del disagio psichico tra i minori, che però il nostro sistema non è attrezzato a contenere”, spiegano i Presidenti della Sippf, Liliana Lorettu ed Eugenio Aguglia, in apertura del secondo congresso nazionale dell’associazione. “La neuropsichiatria infantile è cronicamente sotto finanziata, mentre la psichiatria per adulti non ha competenze né strumenti per occuparsi dei più giovani. A questo si aggiunge la frammentazione dei Dipartimenti di Salute Mentale, che agiscono in ordine sparso, senza un piano comune”.

Uno dei temi più critici è quello della cosiddetta ‘doppia diagnosi’: la compresenza di un disturbo mentale e di un consumo problematico di droghe o alcol. Un binomio che, secondo una revisione su 48 studi internazionali, riguarda fino all’80% degli adolescenti che fanno uso di sostanze. Eppure, meno del 10% della letteratura scientifica si concentra davvero su questa fascia d’età. E ancora meno, nel concreto, sono i servizi capaci di affrontarla.

Mancano i riferimenti

“Oggi non esistono percorsi di cura integrati tra Sert e servizi psichiatrici per minori”, tuona Lorettu. “Ognuno lavora per conto suo, i ragazzi vengono rimbalzati da una struttura all’altra, senza un punto fermo, senza un riferimento, senza un luogo dove sentirsi davvero ascoltati. I genitori sono lasciati soli, gli insegnanti impreparati, i medici senza strumenti. È una deriva che ha conseguenze devastanti, come dimostrano gli episodi di cronaca più recenti”. Per i ragazzi con doppia diagnosi, oggi non esistono protocolli nazionali condivisi, né strutture dedicate, né équipe multidisciplinari stabili. La frammentazione istituzionale si traduce in abbandono clinico. Il rischio, avvertono gli esperti, è che i minori finiscano per ricevere trattamenti parziali, tardivi, inefficaci. O, peggio, nessun trattamento.

Accanto a questi scenari, c’è una componente ancora più fragile e invisibile: quella dei giovani migranti, spesso non accompagnati, che arrivano in Italia privi di reti, prospettive e tutele. “Una percentuale crescente di adolescenti stranieri”, ha spiegato Aguglia, “entra subito in contatto con ambienti legati allo spaccio o alla criminalità di strada. Sono ragazzi che spesso non parlano bene l’italiano, non conoscono le regole del nostro sistema educativo, e si ritrovano intrappolati in percorsi segnati da esclusione e stigmatizzazione”.

Non è solo un problema sociale, ma anche clinico. “Quando questi giovani sviluppano disturbi mentali”, ha proseguito, “le strutture pubbliche non sono in grado di offrire risposte adeguate. Mancano mediatori culturali, mancano psichiatri formati per affrontare il trauma migratorio, mancano spazi protetti. E così, troppo spesso, la sofferenza psicologica si trasforma in devianza. E la devianza in recidiva”.

L’appello

“La situazione è insostenibile”, hanno infine detto Lorettu e Aguglia, “e serve un piano strategico per la salute mentale dei minori, con fondi dedicati, personale formato, servizi integrati, e soprattutto una visione a lungo termine. I numeri parlano da soli: non è più il tempo di rimandare”.

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