lunedì, 16 Dicembre, 2024
Esteri

Non cala la tensione in Medio Oriente. Israele prepara attacco a Rafah

Trovati altri 210 corpi in una fossa comune a Khan Yunis

La tensione in Medio Oriente non accenna a scemare. Dopo le reciproche rappresaglie tra Iran e Israele ora si registrano esplosioni nella base irachena delle Forze di Mobilitazione Popolare (Pmf), milizie sciite legate all’Iran. E dal nord dell’Iraq sono stati lanciati diversi razzi verso la base di Kharab al-Jir della coalizione internazionale anti-jihadista a guida Usa in Siria. Non è la prima volta che vengono attaccate basi americane nell’area; l’ultima volta è stato il 28 gennaio scorso, quando la base americana Burj 22, in territorio giordano, era stata presa di mira da droni che uccisero tre soldati statunitensi. Il Presidente francese, Emmanuel Macron, ed il suo omologo egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, hanno messo in guardia dal pericolo che la regione scivoli “in uno stato di instabilità diffusa”. Mentre il Presidente americano Joe Biden facendo gli auguri per la Pasqua ebraica, ha ricordato il dolore dei famigliari degli ostaggi e l’impegno “ferreo” preso “per la sicurezza del popolo ebraico, la sicurezza di Israele e il suo diritto a esistere come stato ebraico indipendente”. Biden ha anche detto che l’ondata di antisemitismo nelle università americane “è riprovevole e pericoloso”.

Scongiurare l’attacco a Rafah

Tra le dichiarazioni anche quella del Segretario di Stato americano, Antony Blinken che ha parlato con i membri del gabinetto di guerra israeliano Benny Gantz e Yoav Gallant sottolineando nuovamente “l’impegno degli Stati Uniti e gli sforzi per la sicurezza di Israele e ha discusso le misure per aumentare gli aiuti umanitari salvavita ai civili palestinesi a Gaza, la necessità di un cessate il fuoco immediato che assicuri il rilascio degli ostaggi e ulteriori misure per ridurre al minimo i danni ai civili”. I tre, si legge in una nota, “hanno anche parlato degli sforzi per garantire che il conflitto non si estenda” e della “importanza delle misure per allentare le tensioni nella regione”. Così come l’Alto rappresentante della Politica Estera europea, Josep Borrell, che prima del vertice dei ministri degli Esteri e della Difesa, ha sottolineato che “a Rafah c’è oltre un milione di persone e uscirebbe massacrata da un’operazione militare, chiedo nuovamente a Israele di non attaccare”.

La diplomazia è l’unica strada

Che le pressioni internazionali, e soprattutto quella dagli Stati Uniti, abbiano avuto l’effetto di scongiurare, almeno finora, l’attacco a Rafah è un dato di fatto. Il premier israeliano Netanyahu aveva indicato la data del 10 marzo, l’inizio del Ramadan, che è ormai trascorso. Dunque la diplomazia fa fare passi avanti. Segnali di incertezza da Israele arrivano anche con le dimissioni del generale Ahron Haliva, capo dell’Intelligence militare, che ha fallito per non essere riuscito a prevenire l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso. Haliva aveva già indicato che si sarebbe dimesso una volta conclusa la guerra. Secondo fonti giornalistiche, però, la guerra non è finita. Israele si starebbe preparando a un intervento a Rafah fra tre settimane dopo l’evacuazione dei civili. Poi l’attacco e la caccia ai miliziani di Hamas durerà almeno altre sei settimane.

Fosse comuni

Sono 210 i corpi ritrovati a Gaza da venerdì in un’area di sepoltura temporanea all’interno dell’ospedale Nasser di Khan Younis, nel sud della Striscia, che era stata costruita mentre la struttura il mese scorso era sotto assedio da parte delle forze israeliane. Lo riferisce la protezione civile palestinese, spiegando che durante l’assedio la gente non era in grado di seppellire i morti in un cimitero e ha scavato tombe nel cortile dell’ospedale. Secondo quanto riferito dal dipartimento di protezione civile, alcuni dei corpi sono di persone uccise durante l’assedio dell’ospedale, mentre altre sono state uccise in un’irruzione delle forze israeliane nella struttura sempre il mese scorso. Dopo il ritiro dell’esercito da Khan Younis all’inizio di aprile, i residenti sono tornati sul posto alla ricerca dei corpi dei loro cari con l’obiettivo di seppellirli altrove in tombe definitive. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha fornito alla protezione civile 1.500 sacchi per i cadaveri e attrezzature per aiutare a scavare e spostare i corpi.

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