domenica, 17 Novembre, 2024
Società

Bancari e medici, niente svolta contratti e aumenti al palo

Fabi chiede ai banchieri risposte immediate. Ultimatum di Anaao Assomed: ad ottobre stop trattative. Giovani medici lunedì in piazza

La crisi profonda di due professioni quella del medico e del bancario. Le più ambite nel passato per ruolo sociale e per stipendio ma, oggi entrambe le categorie. sono alle prese con i nodi, sempre più intrecciati e penalizzanti, di contratti e di aumenti negati. Scesi dall’Olimpo delle élite professionali medici e bancari sono intrappolati alla pari di altri 5 milioni di lavoratori dei settori commercio, metalmeccanica, sicurezza e assistenza, nel girone del mancato rinnovo dei contratti scaduti. Ci sono le difficoltà di carriera, di turni di lavoro più duri, di ridotti riconoscimenti professionali, e infine, di pensioni non più d’oro.

Bancari, lo stop inaspettato

A primavera sembrava tutto in discesa per il rinnovo dei 70 mila bancari, del contratto scaduto 2019-2021, e con una richiesta economica che per la Federazione autonoma bancari italiani, in tutto 435 euro al mese (per il livello medio di riferimento) richiesta più che congrua dopo la ricca incetta di profitti incassati dagli istituti di credito. L’Associazione bancaria italiana, dopo aver mostrato attenzione, quasi ad un passo dalla firma ha posto dubbi e rinvii. Una situazione che allarma i sindacati che per i due prossimi incontri fissati per l’11 e il 12 ottobre, chiedono risposte secche e non più ipotesi sulle quali discutere.
“Dall’Abi ci aspettiamo risposte puntuali, non superficiali, ma di contenuto, e politicamente dettagliate, su ogni singolo argomento della
piattaforma rivendicativa approvata dalle lavoratrici e dai lavoratori bancari”, puntualizza Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, “Quello che dobbiamo negoziare è un contratto fondamentale per la tenuta dell’industria bancaria, per la sua trasformazione e per la sua sostenibilità nel tempo”.

Sindacati in allarme

Per i sindacati dei bancari si assiste ad un paradosso, gli utili miliardari vengono divisi, mentre quando si tratta di aumenti di stipendio dei lavoratori, si pongono riflessioni e si temporeggia. Stufi di attendere le organizzazioni puntano i piedi. “Se non ci saranno ripercussioni della tassa sui dividendi allora non potranno essercene nemmeno sugli aumenti ai lavoratori bancari per il rinnovo del contratto”, puntualizza il segretario della Fabi e con lui gli altri segretari generali, da Riccardo Colombani della First Cisl, a Susy Esposito della Fisac Cgil, Fulvio Furlan della Uilca ed Emilio Contrasto di Unisin.
“Le banche”, osserva Colombani della First Cisl, “non possono continuare a distribuire dividendi e a fare operazioni di buy back senza riconoscere ai lavoratori un adeguamento strutturale delle retribuzioni, in grado di tutelare il potere d’acquisto e di redistribuire i risultati della produttività”.

Assunzioni e aumenti mancati

Se il contratto si è arenato, nelle secche sono finite anche le assunzioni promesse. La Fabi ricorda che mancano all’appello ancora 3.500 assunzioni previste dagli accordi sindacali siglati nei singoli gruppi. La federazione sollecita chiarezza e tempi certi. “Pertanto, chiediamo all’Abi la posizione ufficiale e cosa intendono fare le banche e i gruppi di fronte a un problema che riguarda 70 mila lavoratrici e lavoratori”.

Medici, la svolta che non c’è

Sconcertati e disorientati da superlavoro e rinvii anche i 170 mila medici del Servizio sanitario nazionale. In corso c’è una difficile  trattativa tra sindacati e l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, poi ci sono le posizioni da far collimare con il Governo, con i Ministeri per la Salute e quello per l’Università, infine le Regioni che rappresentano per la trattativa più un ostacolo che una spinta. Il rinnovo del contratto  procede a rilento esasperante, mentre per l’Anaao-Assomed, “serve un passo coraggioso rispetto all’orario di lavoro eccedente e quel passo ancora non c’è stato”.
Le difficoltà dei medici sono note. “Il tema è sempre lo stesso: l’orario di lavoro eccedente che non possiamo permettere sia regalato, è una delle cause di burnout dei colleghi. Questo principio è stato compreso ma il nodo economico resta e nella sostanza l’accordo non c’è”, evidenzia il segretario dell’Anaao Assomed Pierino di Silverio.

Le Regioni e gli straordinari

Le indicazioni dei sindacati sono chiare, nel contempo il leader sindacale spiega il paradosso in cui si trovano il Sistema nazionale e le Regioni che con le Asl amministrano la sanità nei territori. “Le Regioni hanno un problema che comprendo benissimo”, osserva di Silverio, “se chiedo quello che mi spetta vanno in crisi anche loro, perché con la carenza di personale passare dall’avere 300 ore per dipendente in maniera gratuita al non disporne più e con il tetto di spesa sulle assunzioni, devono capire come fare. Mentre la legge dice che effettivamente posso dare delle ore in più rispetto all’ordinario per raggiungere il risultato, noi vogliamo stabilire un tetto a questo ‘extra’ : dopodiché tutto quello che c’è in più dev’essere pagato. Il punto è capire se le Regioni sono disponibili a pagarci in prestazione libera aggiuntiva tutto quello che eccede, oppure no”.

L’Ultimatum dei medici

Per l’Anaao-Assomed anche le Regioni sono in crisi dopo le spese per il Covid. “D’altro canto i presidenti devono capire che se loro non hanno più soldi, noi non abbiamo più il tempo di aspettare”, osserva ancora Pierino di Silverio che lancia un ultimatum sulla trattativa, “Se una volta arrivati alla prossima settimana non ne saranno stati fatti di adeguati, è inutile continuare a parlarsi. Non andremo oltre ottobre”.

Specializzandi in piazza

Infine i giovani medici scenderanno in piazza a Roma lunedì 25 settembre alle ore 11 in Piazza Bernardino da Feltre, a due passi dal Ministero dell’Università.
La manifestazione, organizzata dalle tre realtà maggiormente rappresentative dei medici, da  Als (Associazione Liberi Specializzandi) e Gmi (Giovani Medici d’Italia). Quella di lunedì è la prima di una serie di iniziative volte a sensibilizzare il mondo politico, accademico e civile sulle tante criticità di un’intera generazione di giovani medici e proporre soluzioni adeguate a un tema, quello della formazione degli specialisti del domani e la conseguente erogazione delle cure, che coinvolge 60 milioni di italiani. “I giovani medici chiedono”, spiegano in una nota, “di aprire una fase riformatrice che archivi l’attuale inquadramento del medico specializzando, fermo al 1999 e lontano anni luce da tutti i suoi colleghi europei, di inquadrare il medico specializzando come un professionista che si forma anche e soprattutto nei cosiddetti Learning Hospital (Ospedali d’insegnamento non universitari e non solo ammassati in pochi reparti universitari con rapporto giovani medici posti letto 10:1), con la certificazione delle loro competenze come avviene per i dirigenti medici e non attraverso un esame di passaggio annuo”.

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