venerdì, 3 Maggio, 2024
Società

Il dramma dei padri separati, dagli agi alle mense dei poveri

“Negli ultimi anni il fenomeno dell’impoverimento dei padri separati è aumentato in maniera esponenziale”.
Tiziana Franchi, presidente dell’Associazione Padri Separati, la cui sede nazionale è a Bologna, conosce il dramma di tantissimi ex mariti che si sono ritrovati senza casa, né futuro dopo la separazione.

Presidente, come è possibile che un papà lavoratore sia costretto a dormire in macchina dopo la separazione?
“Purtroppo accade. Un padre che lavora e percepisce uno stipendio dai 1200 ai 1500 euro al mese incontra moltissime difficoltà ad andare avanti in caso di separazione. Innanzi tutto perché deve lasciare la casa coniugale, anche se è di sua proprietà e non può esimersi dal pagare il mutuo. Tutto questo, però, non viene conteggiato dal giudice, così come non vengono prese in considerazione le spese per il mobilio pagato a rate o altri esborsi affrontati per la famiglia. Si guarda solo alla retribuzione. Ma non finisce qui…”.

In che senso?
“In mancanza di familiari disposti ad ospitarlo, il papà separato dovrà trovare una sistemazione alternativa, caricando sulle proprie spalle il peso di un affitto e delle bollette. Senza contare le spese per l’auto che utilizza per il lavoro. Insomma al netto dell’assegno da versare per i figli e, eventualmente, alla moglie, non è che gli resta molto per vivere. Una famiglia normale fa fatica, figuriamoci una coppia separata. La separazione moltiplica le difficoltà, a cominciare da quelle economiche che poi non aiutano nemmeno la gestione dei figli e fanno aumentare la conflittualità tra gli ex coniugi”.

Come e quando si rivolgono alla vostra organizzazione?
“Molti entrano in contatto con noi attraverso il sito istituzionale dell’associazione (www.padri.it). Spesso la interlocuzione inizia quando già è intervenuto un provvedimento. In questo caso, come si può agevolmente intuire, iniziamo un percorso in salita, perché si fa fatica ad ottenere una modifica delle decisioni già assunte. I nostri associati vengono affiancati da professionisti in grado di tutelare i loro diritti. L’associazione garantisce, inoltre, assistenza su quelli che possono essere i risvolti psicologici di una separazione”.

Cosa si può fare in concreto per arginare questo squilibrio?
“Bisognerebbe puntare sulla mediazione familiare per aiutare la coppia prima che venga raggiunto il punto di non ritorno. Ciò non accade perché si ritiene che rappresenti un modo per cercare di rimettersi insieme. Invece si tratta di uno strumento utile per stabilire delle linee per l’impostazione della gestione dei figli nel dopo. Questo dovrebbe essere l’elemento più importante. Ma passa in secondo piano. Così come nessuno dice che si è alzato il tasso di violenza e che tra le vittime ci sono numerosi uomini. Tanti ex mariti, sfiduciati, rinunciano persino a difendersi. So di persone a cui sono state spezzate le dita e che hanno preferito non denunciare i fatti alle autorità”.

In questo periodo cosa fanno i vostri operatori?
“Lavorano più del solito. Le posso assicurare che nel mese di agosto i nostri telefoni sono infuocati. Tanti si rivolgono a noi, perché avendo avuto dal giudice il permesso di trascorrere un periodo di vacanza con i figli, si vedono negato questo diritto. In questo caso bisogna presentare ricorso, ma con i tempi lunghi della giustizia la decisione non è immediata. In questo modo sfuma un’occasione per raggiungere un equilibrio con gravi ripercussioni sulla psicologia dei minori”.

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