venerdì, 26 Aprile, 2024
Società

Gestire le crisi familiari

Matteo Villanova
Matteo Villanova

Per gestire le crisi familiari servono professionisti adeguatamente preparati e disposti all’aggiornamento continuo. Il professore Matteo Villanova, neuropsichiatra e sessuologo clinico e forense, Direttore Osservatorio Laboratorio Tutela Rispetto Emozionale Età Evolutiva (O. L. T. R. E. E. E.) e del “Master clinico, forense e criminologico in Educazione affettiva e sessuale per l’infanzia, l’adolescenza e la genitorialità” dell’Università di Roma Tre non ha dubbi in merito.

I padri separati rientrano ormai a pieno titolo nella categoria dei “nuovi poveri”. Di chi la responsabilità di tutto questo?
“Fino a non molto tempo fa in alcuni Tribunali era ancora possibile reperire un modulo prestampato (preparato per comodità da qualcuno animato da buoni propositi di “praticità”) e nel quale già figurava la madre come affidataria prevalente nonché domiciliataria della prole nei casi di separazione dei coniugi”.

E quindi?
“L’idea che la donna in quanto madre sia da tutelare maggiormente (anche patrimonialmente attraverso l’assegnazione degli “alimenti” e della “abitazione coniugale”) rispetto al padre è stata per lungo tempo una consuetudine dell’applicazione di norme giuridiche non scritte ma tradizionalmente applicate. Si intendeva infatti per motivi di carattere storico la “separazione” come evento portatore di maggiore fragilità e vulnerabilità materna anziché paterna (partendo dalla condizione più diffusa ove l’unica risorsa lavorativa e quindi spesso finanziaria della famiglia fosse quella paterna) e su questo timore generazioni di avvocati “patrimonialisti” hanno basato le proprie strategie processuali…

Poi cosa è successo?
“Alle trasformazioni sociali caratterizzate dalla giusta e sempre maggiore autonomia lavorativa ed economica della donna verso una reale parità fra i sessi non è però in molti casi corrisposta una maggiore comprensibile della necessità di tutela anche del paterno genitoriale come persona e come risorsa indispensabile nella dinamica di maturazione emozionale ed affettiva della prole. La convinzione che la figura materna sia maggiormente necessaria durante lo sviluppo affettivo della prole ancora porta alla realizzazione di dinamiche totalizzanti che talvolta ne vedono ancora l’espulsione dalla possibilità di reale frequentazione da parte dei figli e spesso si assiste alla permanenza di quella dinamica che si chiamava “Sindrome da Alienazione Parentale (PAS)” e che oggi si definisce più propriamente nel DSM V “Problema relazionale genitore-bambino”. Con l’azione facilitante di legali e Consulenti orientati alla difesa di un “Bene tutelato” che spesso è diverso dalla salute emozionale ed affettiva del minore nel tempo si è assistito e purtroppo accade ancora spesso a dinamiche espulsive del paterno genitoriale rispetto alle dinamiche di effettiva interazione relazionale della famiglia, riducendo il ruolo paterno alle necessità di contribuzione abitativa (casa coniugale spesso assegnata alla madre, collocataria della prole) e di mantenimento (i famosi “alimenti”). Si assiste talvolta a scenari estremi ove il paterno è di fatto allontanato e posto nella impossibilità di sopravvivenza sia pure con le migliori intenzioni di intervento. C’è da dire però che casi estremi si incontrano talvolta anche all’incontrario…

Vale a dire?
“In questi casi la dinamica espulsiva e di allontanamento dalla relazione con la prole riguarda la figura materna: sono molti di meno ma molto più difficili da riconoscere e da aiutare. Purtroppo il fenomeno in crescita della “Manipolazione traumatica” dovuto a scadente formazione non solo professionale ma talvolta umana dei professionisti impegnati nell’affiancamento della parabola di sviluppo evolutivo dei minori durante i Procedimenti per la famiglia (legali, Consulenti di ufficio e di fiducia, assistenti sociali, Associazioni di aiuto e volontariato) sempre più spesso e con deliberazione può configurare l’inquietante scenario della “Professional mismanagement”.

La condizione dei padri separati è anche paradigmatica del disfacimento della famiglia. Si tratta, a suo giudizio, di un processo irreversibile?
“L’andamento di questi fenomeni e la sua regressione sono direttamente legati alla qualità di reclutamento dei Professionisti che incidono nella parabola di sviluppo dei minori nei Procedimenti per la famiglia ed alla necessità di formazione continua (Long Life Learning) per aggiornamento, di monitoraggio e supervisione del loro operato da parte di organi accademici competenti. Spesso e soprattutto a causa della crisi economica del settore (le Consulenze tecniche di ufficio vengono pagate poco rispetto al tipo di impegno e di conoscenze che richiedono, sovente sono in “gratuito patrocinio” e talvolta non pagate affatto) e perciò si assiste alla immissione nelle responsabilità lavorative di Professionisti dotati di strumenti conoscitivi limitati rispetto alle necessità di conoscenze mediche ed educazionali ed alla necessità di una visione più ampia nel tempo richieste dal compito assegnato”.

Quali misure si possono adottare per limitare la conflittualità e porre fine allo squilibrio tra gli ex coniugi?
“Ribadendo che alla base la soluzione del problema risiede nella formazione, intesa come processo educativo valoriale permanente che consenta di identificarsi in validi Modelli affettivi (Corsi di preparazione remota alla Genitorialità) e quindi non solo sulla base di una grande piattaforma conoscitiva, culturale, umana e valoriale dei Professionisti a cui sin dall’inizio si affidano bambini, adolescenti, genitori ed anche nonni nelle situazione di affiancamento per la famiglia, c’è da dire che sempre più i legali accettano e consigliano la Cultura della Mediazione come approccio di prevenzione o abbattimento del conflitto e spesso di recupero delle relazioni inter-genitoriali ed intra-famigliari, la possibilità di affiancamento efficace attraverso Percorsi di maturazione emozionale ed affettiva per lo sviluppo ed il sostegno della genitorialità, nonché la possibilità di creare valide figure attive verso lo sviluppo e l’ottimizzazione delle risorse genitoriali, come il “Potenziatore genitoriale”, da reclutare fra Professionisti già esistenti e motivati attraverso una ulteriore specifica e profonda preparazione a fornire un efficace apporto maturativo alle famiglie che ricorrono alla dimensione istituzionale. La consapevolezza della fragilità della Persona che appunto si rivolge allo Stato per essere aiutato a compensare la propria difettualità emozionale ed affettiva e la irripetibilità emotiva dei momenti che il minore passa nella interazione con le figure professionali comunque istituzionalmente preposte al suo affiancamento deve essere il principio fondante per ogni investimento formativo e di reclutamento professionale sul territorio”.

Lei, dunque, immagina anche un impegno scientifico-didattico-formativo-assistenziale a carico delle Istituzioni accademiche pubbliche e di quelle giudiziario-territoriali?
“Sorretto per tutti gli Operatori dal giuramento ippocratico estensibile per “mission” condivisa a tutte le Professioni di aiuto. Questo diventa l’obbiettivo da perseguire con passione ed entusiasmo verso la costruzione di una reale coscienza civica rivolta ad una vera cittadinanza proattiva che utilizzi le risorse esistenti e ne sviluppi di nuove sempre nella direzione della  globale tutela emozionale ed affettiva dell’età evolutiva e della genitorialità”.

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