Per la prima volta negli ultimi 4 anni, calano i numeri della povertà assoluta in Italia.
Il Report annuale dell’Istat conferma questo andamento: un’incidenza passata dal 7,0% nel 2018 al 6,4% nel 2019. Una flessione positiva che attesta in ogni caso un livello di povertà assoluta decisamente elevato rispetto al periodo precedente al 2008-2009. Cifre significative se consideriamo che queste percentuali indicano che sono circa 1,7 milioni le famiglie povere nel nostro Paese, per totale pari circa a 4,6 milioni di individui.
Resta stabile, invece, il numero di famiglie che versa in condizioni di povertà relativa: nel 2019 sono poco meno di 3 milioni (11,4%) cui corrispondono 8,8 milioni di persone (14,7% del totale).
In particolare nel Mezzogiorno la povertà familiare scende dal 10% all’8,6% e quella individuale passa dall’11,4% al 10,1%. Anche nel Centro la povertà degli individui residenti riporta una riduzione significativa, dal 6,6% del 2018 al 5,6%.
I cittadini stranieri in povertà assoluta sono quasi un milione e 400 mila, con una incidenza pari al 26,9%, contro il 5,9% dei cittadini italiani. Le famiglie in povertà assoluta sono composte nel 69,6% dei casi da famiglie di soli italiani (un milione e 164mila) e per il restante 30,4% da famiglie con stranieri (circa 510mila), anche se rappresentano solo l’8,9% del totale delle famiglie.
L’Unione europea delle cooperative (Uecoop), in base agli ultimi aggiornamenti Istat, riferisce che sono circa 51mila i più poveri, gli invisibili che vivono in Italia: più di 8 senzatetto su 10 sono maschi e in oltre la metà dei casi si tratta di stranieri. Una situazione di disagio di cui il Coronavirus ha favorito l’incremento.
Analizzando i dati della povertà da un punto di vista territoriale emerge che, nonostante le famiglie del Nord siano di più rispetto a quelle del Mezzogiorno, essendo la percentuale di povertà assoluta più alta al Sud (8,5% nel Sud e 8,7% nelle Isole), il numero di famiglie povere nelle due ripartizioni è pressappoco uguale (43,4% al Nord e 42,2% nel Mezzogiorno).
Anche riguardo alla popolazione straniera il dato più significativo si evidenzia al Sud: la quota di famiglie povere è circa quattro volte superiore a quella delle famiglie di soli italiani (rispettivamente 32,1% e 7,4%). Nel Nord le famiglie di soli stranieri registrano valori dell’incidenza pari a quelli della media nazionale (24,6%).
Rispetto allo scorso anno, un miglioramento c’è stato: da 23,0% a 15,7% per le famiglie di soli stranieri nel Centro, da 8,9% a 7,4% per le famiglie di soli italiani nel Mezzogiorno.
Incidono fortemente anche la composizione e l’età dei nuclei familiari e nel 2019 si conferma un tasso di povertà assoluta più elevato per le famiglie con un maggior numero di componenti: 9,6% tra quelle con quattro componenti e 16,2% tra quelle con cinque e più. Nelle famiglie con almeno un anziano l’incidenza di povertà si abbassa al 5,1% e sfiora il 3,1% per le coppie in cui l’età della persona di riferimento della famiglia è superiore a 64 anni.
In sostanza i dati dimostrano che la povertà riguarda le famiglie più numerose e giovani, in cui le persone di riferimento hanno un’età compresa tra i 18 e i 34 anni. Famiglie che hanno, in tutta evidenza, minore capacità di spesa a causa di redditi più bassi ed assenza di beni accumulati nel tempo od ereditati.
Relativamente ai livelli di istruzione, la diffusione della povertà diminuisce al crescere del titolo di studio. Se la persona di riferimento ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore l’incidenza è pari al 3,4%, mentre sale all’8,6% se ha al massimo la licenza di scuola media (9,8% nel 2018). Di riflesso, diminuisce il rischio di povertà assoluta per le famiglie in cui la persona di riferimento è dirigente, quadro o impiegato (1,7%); se la persona di riferimento è operaio o assimilato, le famiglie sono più esposte alla povertà (il 10,2% contro il 12,3% del 2018). La situazione migliora anche per i lavoratori dipendenti (6,0% nel 2019 dal 6,9%) e le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (19,7% dal 27,6% del 2018).
Il Rapporto sui Sustainable Development Goals (SDGs) 2020 porta alla luce che seppure la situazione reddituale delle famiglie italiane sia migliorata (+2,6%) il 20,3% è a rischio povertà o esclusione sociale e lo stesso divario reddituale non accenna a ridursi: il reddito delle famiglie più abbienti continua ad essere sei volte superiore a quello percepito dalle famiglie più povere.
La pandemia non ha certamente favorito un cambio di rotta e fa apparire il Rapporto Istat in qualche modo già superato: Coldiretti stima un milione di nuovi poveri nel 2020, causati della crisi economica e sociale provocata dall’emergenza e dalla conseguente perdita di opportunità lavorative.