Sta davanti ai miei occhi l’immagine del Papa Giovanni Paolo II sulla cima del Monte Nebo. Non so, perché mi è venuta in mente quest’immagine, mentre stavo pensando a Lui e al significato del suo pontificato. Forse perché lì, sulla cima del monte Nebo, mi sembrava come Mosé che fu chiamato a guidare il Popolo di Dio fino ai confini di quella terra benedetta e ardentemente sperata. Stava lì, guardando l’infinito orizzonte, alla soglia del nuovo millennio. È riuscito, malgrado tutte le difficoltà e avversità, a portare la Chiesa fin qui. Stava lì, ormai debole e stanco, ma sembrava proteso verso quell’infinità dell’orizzonte che si apriva in fondo alla Terra Santa, terra testimone di Cristo e della sua opera di redenzione. E noi, suoi collaboratori certamente privilegiati, in quell’istante potevamo solo ringraziare il Signore che ci aveva permesso di arrivare, con il Papa, fin su quel monte.
Da questo ricordo mi è venuta idea di tornare con la memoria ai tre viaggi che ho potuto compiere insieme a Giovanni Paolo II negli ultimi anni del suo pontificato, perché mi sembra che in essi si rispecchi la sua spiritualità, la visione profetica e il testamento spirituale per noi.
La Terra Santa
Vi sono due episodi di questo viaggio in Terra Santa nell’Anno Giubilare 2000, che rimarranno nel mio cuore per sempre. Sono intimamente legati alla storia salvifica di Gesù Cristo.
Entrammo nel Cenacolo. Già il pensiero che dal tredicesimo secolo non sono state celebrate le Messe in questo luogo, in cui è stata istituita l’Eucaristia lasciava in tutti noi un’impressione che non potremmo mai più dimenticare. Questa Messa, anche se aveva carattere privato, era una circostanza speciale, in cui il Santo Padre ricordò a tutti quale è il significato del Cenacolo nella vita di un cristiano e della Chiesa. All’inizio della celebrazione confessò: «Desiderio desideravi... Ho desiderato ardentemente visitare come pellegrino questo luogo sacro…». E in seguito, nell’omelia, in questo luogo, nel Cenacolo, dove Cristo ha istituito il sacramento del Suo Corpo e del Suo Sangue e ha lasciato questo ministero agli Apostoli, e dove, dopo la Pentecoste, è nata la Chiesa una, santa e apostolica, ha ricordato che noi siamo chiamati a vivere sempre questo mistero che si attua sempre là dove si celebra la Santa Messa. Dopo la liturgia il Papa firmò la Lettera ai Sacerdoti, nella quale voleva condividere con tutti i pastori della Chiesa quel memorabile momento.
E l’altro evento che caratterizza la spiritualità di Giovanni Paolo II. Celebrammo la S. Messa presso la Tomba di Gesù. Il Santo Padre ebbe possibilità di rimanere un po’ più a lungo nella grotta della tomba. Però, accadde così che le circostanze della visita non gli permisero di visitare il luogo della crocifissione di Gesù. Durante il pranzo era in pensiero. Alla fine disse a Mons. Dziwisz: “Vorrei tornare alla Basilica del Santo Sepolcro! Io non posso lasciare la Terra Santa senza poter sostare al Golgota”. E fu così che, infatti, grazie all’impegno dei servizi di sicurezza, il Papa potè salire al Golgota, In questi pochi ma intesi minuti di preghiera il volto del Papa sembrava riflettere la sua volontà di unirsi con tutto il suo essere all’offerta di Gesù.
Il Santuario della Divina Misericordia a Łagiewniki
Più di due anni dopo, nell’agosto del 2002, fu l’ultimo viaggio in Polonia. È significativo non perché si trattava della sua patria, ma perché lì, nel Santuario di Łagiewniki, Giovanni Paolo II ha voluto compiere l’ultimo atto voluto da Gesù Misericordioso rivelatosi a Suor Faustina: la consacrazione del mondo alla Divina Misericordia.
Prima di farlo, durante la consacrazione del nuovo santuario di Łagiewniki, il 17 agosto 2002, il Santo Padre ha fatto un’analisi della situazione nel mondo contemporaneo. Costatava: “Quanto bisogno della misericordia di Dio ha il mondo di oggi! In tutti i continenti, dal profondo della sofferenza umana, sembra alzarsi l’invocazione della misericordia. Dove dominano l’odio e la sete di vendetta, dove la guerra porta il dolore e la morte degli innocenti, occorre la grazia della misericordia a placare le menti e i cuori, e a far scaturire la pace. Dove viene meno il rispetto per la vita e la dignità dell’uomo, occorre l’amore misericordioso di Dio, alla cui luce si manifesta l’inesprimibile valore di ogni essere umano. Occorre la misericordia per far sì che ogni ingiustizia nel mondo trovi il suo termine nello splendore della verità”.
E poi aggiungeva: “Perciò oggi, in questo Santuario, voglio solennemente affidare il mondo alla Divina Misericordia. Lo faccio con il desiderio ardente che il messaggio dell’amore misericordioso di Dio, qui proclamato mediante Santa Faustina, giunga a tutti gli abitanti della terra e ne riempia i cuori di speranza. Tale messaggio si diffonda da questo luogo nell’intera nostra amata Patria e nel mondo”.
Il Santuario della Madonna a Lourdes
E in fine voglio ricordare l’ultimo viaggio di Giovanni Paolo II, quello a Lourdes, che ci porta ad altri due aspetti della sua spiritualità: la sofferenza e il totale affidamento a Maria.
Quando è giunta la notizia che il Santo Padre avrebbe voluto recarsi in quel Santuario, i media subito hanno coniato il detto: “Il Papa malato in mezzo ai malati a Lourdes”. E’ vero e illustra bene la personale dimensione di questo viaggio. Giovani Paolo II voleva dare il segno di solidarietà con i sofferenti che sempre numerosi venivano a questo Santuario nei Pirenei. Voleva dare testimonianza sulla dignità dei malati e sul creativo valore della sofferenza. Infatti, il Santo Padre, accompagnato dal Suo seguito, si recò poi a Accueil Notre-Dame, un ospizio per i malati che vengono a Lourdes. Voleva passare lì gli attimi del riposo e della preghiera, tra i malati. Egli voleva essere un pellegrino proprio come gli altri.
Però, contemporaneamente, svelò il significato più profondo di questo viaggio, confessando: „Ho desiderato vivamente di compiere questo pellegrinaggio a Lourdes per ricordare un evento che continua a rendere gloria alla Trinità una e indivisa. La concezione immacolata di Maria è il segno dell’amore gratuito del Padre, l’espressione perfetta della redenzione operata dal Figlio, l’inizio di una vita totalmente disponibile all’azione dello Spirito”. In queste parole il Papa ha indicato univocamente lo scopo del suo viaggio. Non venne, come migliaia di pellegrini affetti di una malattia, a chiedere la guarigione. Lasciando questa dimensione della sua vita e del suo ministero alla sorte di Dio venne, invece, per rendere gloria all’amore di Dio trino ed unico, attraverso l’intercessione di Maria. Fu questo – e pochi se ne accorsero – il pellegrinaggio di un mistico, di un Papa mistico, del quale unico desiderio era perseverare nell’amore di Dio, nell’affidamento alla Sua Madre e sostenere nella fede, nell’amore e nella speranza i fratelli e le sorelle che si aspettavano questo aiuto.
Alla sera il Santo Padre iniziò la recita del rosario. L’attenzione dei commentatori fu concentrata sulla frase: „di fronte alla grotta di Massabielle con la commozione sento che ho raggiunto il fine del mio pellegrinaggio”. Alcuni vorrebbero leggere in queste parole il senso che il suo pontificato era giunto alla fine, ma la sera stessa e il giorno successivo mostrarono che il Papa non aveva alcuna intenzione di finire il suo ministero a Lourdes. Invece ricordò che davanti a questa grotta, insieme a Maria Bernadette pregò il rosario, contemplando con amore il volto di Cristo. E chiese a tutti i presenti che pregassero particolarmente per le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa per la causa del Regno di Dio.
Tre viaggi che svelano le basi della spiritualità di San Giovanni Paolo II. In Terra Santa si è ulteriormente rivelata la sua intima unione con Cristo nell’opera salvifica della sua vita, della croce e risurrezione, la quale si attua nell’Eucaristia che è il centro e il culmine della vita della Chiesa. In Polonia ha dato la testimonianza della sua adesione a Cristo misericordioso, e della ferma convinzione che la misericordia di Dio alla fine si rivelerà più forte della debolezza dell’umanità in ogni sua espressione. E a Lourdes, ha confermato il suo Totu Tuus, quell’affidamento a Maria – Colei che in ogni situazione della vita, e soprattutto nella sofferenza, ci conduce al Figlio, unico Salvatore.
Mons. Pawel Ptasznik
Segreteria di Stato Vaticano