lunedì, 8 Luglio, 2024
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L’esercizio del diritto di voto tra silenzio elettorale e astensionismo 

A votare per i 76 italiani, rappresentanti del X Parlamento europeo, non si è recato alle urne circa il 50% degli elettori. Come mai?

La nostra Carta costituzionale, al titolo IV – Rapporti politici – l’articolo 48 afferma che: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.”

Le modalità per l’esercizio di tale diritto sono indicate nelle specifiche leggi elettorali vigenti all’atto delle varie competizioni nazionale, regionali, comunali ed europee.

Il concreto esercizio del diritto-dovere di tale adempimento nella nostra Italia – Repubblica democratica di tipo parlamentare rappresentativa – avviene mediante delega ai cittadini secondo il principio di cui al successivo articolo 49 il quale così recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Tempi, modalità e procedure sono indicate nelle specifiche leggi elettorali e nelle istruzioni diramate dalla Direzione Centrale per i servizi elettorali del Ministero dell’Interno, queste ultime distribuite insieme alle schede elettorali e alla modulistica per la redazione dei relativi verbali, a ciascun presidente di seggio elettorale.

Nelle singole leggi elettorali (elezioni o referendum) è indicato che nel giorno precedente l’inizio delle votazioni sia osservato il così detto silenzio elettorale. Altro non è che l’interruzione della campagna elettorale per permettere una riflessione sul voto da esprimere.

Le disposizioni basilari sono indicate nella legge 4 aprile 1956, n. 212 e successive modificazioni. In particolare, il silenzio elettorale è contemplato nell’articolo 9, così come modifico dalla legge n. 130/1975.

Nel giorno precedente e in quelli stabiliti per le votazioni sono vietati, tra l’altro, comizi, riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta in luoghi pubblici o aperti al pubblico ed anche affissioni di stampati, giornali murali o altri manifesti di propaganda entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali. Leggi successive hanno esteso il divieto di propaganda anche tramite le emittenti radiotelevisive private.

Le finalità di tali divieti miravano a salvaguardare il cittadino da una martellante campagna elettorale, senza poter avere almeno un giorno per riflettere in tranquillità e decidere a chi consegnare il voto che sta per esprimere nel segreto dell’urna. “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.” (Art.48, 2co. Cost.)

Per chi violava il silenzio elettorale la precedente legge n. 212 prevedeva la reclusione fino a un anno e una multa; nel 1993, la legge n. 515 ha derubricato il reato a semplice sanzione amministrativa tra euro 103 e 1.032. In base alla legislazione vigente col pagamento del doppio del minimo – nel caso di contestazione della norma violata – il responsabile estingue la sanzione.

Probabilmente, considerati tutti i sistemi di comunicazione e di informazione, oggi sarebbe piuttosto opportuno, se non necessario, rivedere tale metodo di protezione a favore del cittadino elettore, il quale – piuttosto andrebbe sollecitato, invogliato, stimolato a recarsi alle urne per adempiere tale ‘dovere civico’, in mancanza di alcuna sanzione

L’astensionismo e il suo aumento percentuale hanno molteplici cause, tra cui principalmente la poca fiducia nella politica, nella perdita di capacità a saper intercettare i bisogni della gente e di proporre soluzioni concrete e in tempi ragionevoli. La personalizzazione dei partiti crea più facilmente forme clientelari a danno delle ideologie, benché ogni partito stia iniziando a fare formazione politica per una classe dirigente all’altezza delle nuove esigenze con uno sguardo, sopratutto alle poliedriche visioni geopolitiche nazionale e internazionali.

Sicuramente è ormai obsoleta la classica cabina elettorale installata presso le scuole di ogni ordine e grado, pure con grave nocumento alle attività didattiche. È da tempo, infatti, che si chiede con insistenza, la sostituzione con metodi moderni, quelli elettronici, in uso quotidiano per moltissime nostre attività riservate e delicatissime, quali l’accesso a documenti personali, all’anagrafe tributaria e anche ai nostri risparmi presso istituti di credito e uffici postali. Le operazioni con carte elettroniche rientra nella consuetudine anche di persone avanzate negli anni, così dette della terza età. Proprio quella categoria ne avrebbe maggiore bisogno di esercitare il dovere civico del voto da casa, non violando di certo la segretezza del voto, l’aiutino dei propri congiunti.

Ma del voto elettronico ne potrebbero fruire proprio quelli che oggi costituiscono sicuramente la percentuale maggiore di astensionisti e per molteplici ragioni, tra le quali quelle di trovarsi nella impossibilità fisica di recarsi alle urne presso il Comune di residenza anagrafica, distante in quel momento, parecchie migliaia di kilometri. Con un semplice click dal proprio tablet o telefonino – divenuti ormai fedeli compagni inseparabili di vita – da qualsiasi località, per ragioni di lavoro occasionale, per studio, ovvero per motivi di salute o in vacanze irrinunciabili programmate anzitempo, si può assolvere tale civico dovere, svolgendo un ruolo sociale importante costituzionalmente previsto, ma non facilmente esercitabile.

Si spera che sia uno dei primi provvedimenti legislativi teso a sanare la piaga dell’astensionismo di ogni fascia di età per una sana democrazia.

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