venerdì, 3 Maggio, 2024
Giovani

Se l’intolleranza occupa gli atenei

E’ sconcertante la facilità con cui i rettorati delle università vengono occupati da gruppi di studenti con le idee confuse ma con una chiara strategia dell’intolleranza. Ed è assurdo che questi eventi continuino a verificarsi senza che ci sia una doppia reazione: quella di chi deve garantire che l’università sia un luogo di studio, dibattito e non di sopraffazione e quella di chi rimane in silenzio di fronte al baccano di una protesta sconsiderata. Se gli studenti vogliono manifestare la loro solidarietà al popolo palestinese fanno bene, ma avrebbero dovuto fare altrettanto quando il popolo di Israele è stato barbaramente colpito a freddo dai terroristi di Hamas. Queste proteste usano due pesi e due misure e ciò fa nascere il sospetto che esse siano in qualche modo manipolate e strumentalizzate da componenti politiche e ideologiche di una vecchissima sinistra estremista con venature di antisionismo e di antisemitismo.

Gli studenti fanno bene a denunciare gli errori compiuti dal governo israeliano e dalla sua conduzione esasperata dell’offensiva contro Hamas che ha coinvolto la popolazione civile. Ma dimenticano che né l’Unione europea né gli Stati Uniti hanno condiviso la linea di Netanyahu.

E poi, cosa c’entra questo tema con la pretesa di interrompere le relazioni accademiche delle università italiane con Israele?

La libertà degli studi e della ricerca è una base irrinunciabile delle nostre democrazie e non può essere consentito a nessuno di minacciarla o, peggio, di agire con violenza per impedirla.

A queste forme di sopraffazione occorre reagire con fermezza. Chi occupa indebitamente i rettorati, chi impedisce la didattica deve essere perseguito con rapidità e con punizioni esemplari. Non dobbiamo tornare agli anni in cui l’Università era ostaggio di gruppi aggressivi che facevano il bello e il cattivo tempo. Ma non basta. Occorre anche reagire a questa dilagante disinformazione e fare di tutto perché di questi argomenti si possa parlare anche nelle università mettendo a confronto opinioni diverse ma impedendo che urla, slogan, aggressioni verbali e fisiche decidano chi ha diritto di parola e chi no.

L’Università non può diventare il luogo dell’intolleranza.

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