giovedì, 2 Maggio, 2024
Società

Cattolici e Vaticano di fronte al delitto Matteotti

Il 10 giugno prossimo ricorre il centenario della morte di Giacomo Matteotti, ucciso in quel tragico giorno del 1924 da una squadra di ex arditi aderenti al fascismo.

La figura del segretario del Partito socialista unitario è stata studiata ampiamente in tutti i suoi molteplici aspetti: in ombra è rimasta la valutazione dei cattolici e del Vaticano di fronte al «delitto Matteotti» e ai sicari coinvolti nell’entourage del capo del governo. Se i clerico fascisti scelsero di sostenere l’esecutivo guidato da Benito Mussolini dopo la Marcia su Roma (ottobre 1922), diverso fu l’atteggiamento del Partito popolare e del segretario Luigi Sturzo.

In un articolo uscito il 26 giugno 1924 il sacerdote siciliano denunciò la politica di Mussolini, volta ad «isolare il delitto dell’on. Matteotti dal regime fascista» e ad ignorare la «mano nera» presente negli organi di polizia. In un articolo dell’11 luglio Sturzo considerò «la tragedia di Matteotti» come l’episodio che «ha rotto l’incanto, ha svelato la turpitudine del retroscena ministeriale, ha fatto venire a galla elementi ignoti alla maggior parte del Paese, ha fatto rivalutare tanti delitti impuniti, ha creato così l’ambiente morale per una espiazione e per una purificazione». La protesta dell’Aventino, già formalizzata il 27 giugno tra i partiti politici democratici in un’aula di Montecitorio, indusse Sturzo ad un’aspra critica dei clerico fascisti responsabili di appoggiare il governo fascista e la «truffa» delle ultime elezioni.

Le riflessioni di Sturzo e la partecipazione dei popolari non furono ben accolte dal Vaticano in attesa di un chiarimento politico. Sulla vexata quaestio intervenne più volte «L’Osservatore Romano», organo della Santa Sede, a cui si unirono altri giornali della stampa cattolica come «Il Domani d’Italia» e «Il Popolo». Se l’organo del Vaticano dimostrò una linea attendista e fedele alle notizie divulgate dall’Agenzia Stefani, gli altri due giornali assunsero una posizione decisamente ferma e rivolta a considerare l’omicidio del deputato socialista come un delitto politico. Tuttavia il giornale del Vaticano deprecò il linguaggio violento dei fascisti, denunciando il ritardo nelle indagini giudiziarie e persino i legami perversi tra interessi affaristici e mondo politico.

Pur assolvendo le responsabilità di Mussolini, l’accento venne posto sulla fraseologia aggressiva e su una istigazione verbale che rinsaldò la volontà degli esecutori materiali del delitto. Diverso l’atteggiamento del giornale «Il Popolo», l’organo del Partito popolare che invocò il «ripristino integrale della legalità» per accettare «le responsabilità politiche del delitto Matteotti». Il 17 agosto, il giorno dopo il reperimento del cadavere di Matteotti nel bosco della Quartarella, fu celebrata nella chiesa di Santa Maria del Popolo una messa di requiem, di cui resta una commovente testimonianza della moglie, che, alzando le braccia verso il cielo, gridò: «Vendetta no: dite che la moglie di Matteotti prega, e si è inginocchiata piangendo sulla piazza», La vedova fu ricevuta in Vaticano dal cardinale segretario di Stato, che le assicurò la vicinanza spirituale del pontefice.

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